“Caro Matteo, ti offriamo un patto cambia l’Italia insieme agli operai”

“Caro Matteo, ti offriamo un patto cambia l’Italia insieme agli operai”

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SIGNOR presidente del Consiglio, come testimoniano tutti i dati e come lei ben sa il nostro Paese conosce un’emergenza occupazionale e una crisi sociale che trascina centinaia di migliaia di persone nell’insicurezza e nella paura di non poter garantire un futuro a se stessi e ai propri figli.
È A partire da questa situazione che Lei ha più volte sottolineato la necessità di una svolta politica, indicando nell’urgenza la principale delle motivazioni che l’hanno spinta ad accettare l’incarico di formare un nuovo Governo, rinunciando persino a fondarlo sulla legittimazione elettorale, come sarebbe più opportuno fare.
Nel nome della stessa urgenza abbiamo ascoltato da parte sua l’annuncio di un calendario d’interventi che ha messo il lavoro ai primi posti dell’agenda del nuovo esecutivo.
Noi che nel mondo del lavoro cerchiamo di rappresentare i bisogni e gli interessi di milioni di donne e uomini vogliamo portare il nostro contributo per affrontare la drammaticità della situazione sociale che segna oggi grande parte del Paese.
La democrazia è a rischio nel nostro Paese se non si combatte la disoccupazione e la precarietà.
E quando si è poveri anche lavorando, vuol dire che è il momento della giustizia sociale e che bisogna redistribuire ricchezza verso i redditi più bassi e verso le fasce più deboli della società.
ALTOLÀ ALL’EUROPA
Crediamo che oltre a rivedere e rinegoziare i vincoli europei per uscire dalla logica dell’austerità, per il lavoro sia prioritario partire dalla difesa e dalla valorizzazione dell’occupazione che già c’è per arrivare a crearne di nuova. Per puntare a questi obiettivi sono essenziali politiche attive del lavoro a iniziare da un piano straordinario di investimenti pubblici e privati, da una politica industriale che individui e intervenga sui settori strategici del Paese, che non disperda ma anzi valorizzi il nostro patrimonio di conoscenze e professionalità, sapendo che particolare attenzione debba essere riservata a quei settori e quei territori — la manifattura e il Mezzogiorno — che hanno pagato il prezzo più alto della crisi, ma che possono essere il cuore di una ripartenza comune.
E’ con questo spirito che, a partire dalla nostra esperienza e dalle nostre conoscenze,
Le proponiamo una serie di indirizzi per uscire dalla crisi e dal ristagno. Si tratta di scelte e interventi tesi a innovare la produzione industriale e l’economia del Paese, riprogettare gli stessi prodotti e i loro cicli di vita indirizzandoci verso un’economia di beni durevoli e ambientalmente sostenibili, con un’opportunità di sviluppo qualificato dell’occupazione, di sicurezza sul lavoro (sono ancora più di 1000 i morti ogni anno nei luoghi di lavoro) e di miglioramento della qualità della vita di tutti.
PIENA OCCUPAZIONE
Anche per quanto riguarda le politiche sociali del lavoro crediamo sia necessaria una svolta rispetto alle scelte degli ultimi anni, riproponendo gli obiettivi della piena occupazione e del diritto a redditi dignitosi. E anche su questo — in attesa di conoscere meglio le indicazioni contentate nel vostro Jobs Act — ci permettiamo di sottoporLe sinteticamente il nostro punto di vista, le nostre indicazioni, un nostro “piano per il lavoro”.
Secondo noi, sono da evitare interventi a pioggia. Bisogna individuare delle priorità. Ad esempio, ogni euro pubblico
a favore delle imprese deve essere vincolato a quanti posti di lavoro si difendono e si creano. Vanno resi possibili forme di credito e di finanziamento agli investimenti a tassi agevolati per le piccole e medie imprese, incentivando la costituzione di reti d’impresa. Non serve a nulla una riduzione generalizzata e non selettiva del cuneo fiscale. Per una ripresa dei consumi la tassazione va ridotta a partire da una riduzione dell’Irpef sui redditi da lavoro più bassi e ripristinando una vera tassazione progressiva. In particolare sarebbe necessario: incentivare la riduzione e la redistribuzione degli orari di lavoro; ridurre l’età pensionabile e ripristinare le pensioni
di anzianità (perché i lavori non sono tutti uguali e vanno tutelate maggiormente le mansioni più disagiate); riformare gli ammortizzatori sociali per estendere la cassa integrazione ordinaria e straordinaria a tutti i lavoratori e a tutte le imprese di ogni settore e dimensione; disoccupazione, precarietà, abbandono universitario e scolastico richiedono di introdurre anche in Italia forme di un reddito minimo universale; ridurre il numero oggi decisamente eccessivo delle tipologie contrattuali; cancellare l’articolo 8 della legge 148 del 2011, con cui si è permesso di derogare ai contratti nazionali. Varare una legge sulla rappresentanza coerente con la recente sentenza della Corte costituzionale, per certificare il peso reale di ogni organizzazione sindacale, garantendo il diritto alle lavoratrici ed ai lavoratori di scegliere e votare il sindacato che vogliono e approvare sempre le piattaforme e gli accordi che li riguardano tramite referendum.
TASSARE LE RENDITE
Per finanziare questi piani straordinari e questi interventi legislativi è naturalmente necessario un consistente recu-
pero di risorse che può essere raggiunto con misure straordinarie, in sintonia con la gravità della situazione: dal rientro dei capitali all’estero alla lotta all’evasione fiscale, dalla tassazione delle rendite finanziarie all’istituzione di una patrimoniale, dal privilegiare la riduzione del peso fiscale per chi investe in Italia e reinveste gli utili anziché distribuirli agli azionisti, al rendere possibile per i fondi pensione dei lavoratori dipendenti un accordo con lo stato che garantendo il loro rendimento, permetta di usare parte di quelle risorse a sostegno di una politica d’investimenti per la ricerca, l’innovazione e l’ammodernamento del nostro sistema industriale ed infrastrutturale piuttosto che, come avviene oggi, nella finanza internazionale.
Ci permettiamo di indicare la necessità di un vero coordinamento della Presidenza del Consiglio nell’azione del Governo e quindi tra i vari Ministeri, che fino ad ora troppe volte non abbiamo registrato.
BASTA ASPETTARE
Siamo coscienti, signor Presidente, quanto impegnativo e ambizioso sia l’insieme delle scelte che qui Le abbiamo sommariamente esposto, consapevoli che ci sono una serie di emergenze in corso a cui dare risposte (cassa in deroga ed esodati); ma è a partire dalla realtà che ogni giorno tocchiamo con mano che siamo convinti della loro necessità e di una strategia che renda coerente i singoli provvedimenti e ricrei una fiducia che oggi non c’è. E, se lo riterrà utile, siamo pronti a chiarirne il senso e la realizzabilità direttamente con Lei e con i Ministri competenti. Il 21 marzo organizzeremo a Roma una grande assemblea di delegate e delegati metalmeccanici per discutere e valutare l’evoluzione della situazione e decidere tutte le iniziative necessarie.
Non possiamo più aspettare, questo Paese va cambiato ed il lavoro é l’unico vero motore di un cambiamento che estenda la giustizia sociale e la democrazia, intesa come partecipazione e dignità.


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