F-35, ancora guai: il software non va

F-35, ancora guai: il software non va

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No, non c’è modo di aggiustarlo. Il software dell’F-35, l’aereo più costoso di tutti i tempi, continua a non funzionare. E mette a rischio i piani per l’entrata in servizio del cacciabombardiere. Perché il software è il cervello che trasforma il jet in una macchina da guerra: senza di quello, gli aeroplani sono praticamente privi di capacità operative. Possono volare, ma non combattere. Un problema che riguarda tutti i velivoli attualmente in produzione, inclusi i primi sei acquistati dall’Italia. E che potrebbe fornire una potente argomentazione tecnica al governo Renzi per rinviare i contratti dell’F-35 e ottenere subito risparmi a nove cifre.

Le ultime critiche al super-caccia vengono dal Us Government Accountability Office, l’organismo governativo americano che vigila sulla spesa pubblica. In un dossier inviato pochi giorni fa al Parlamento di Washington gli ispettori scrivono: “I problemi che continuano a manifestarsi nel software hanno rallentato i progressi nelle prove in volo dei sistemi di missione, una situazione critica per sviluppare le capacità di combattimento dell’aereo. Questi continui ritardi mettono a rischio la tempistica e i costi del programma”.

Le preoccupazioni maggiori riguardano la versione a decollo verticale F-35 B, ordinata in 30 esemplari anche dall’Italia dalla Marina e dall’Aeronautica per l’impiego sulle portaerei e sulle basi avanzate. Secondo il reparto statunitense incaricato dei test, le difficoltà del software potrebbero ritardare lo schieramento dei caccia di altri tredici mesi. Un guaio. La flotta americana contava di avere pronti gli F-35 B, seppur con una versione non definitiva del sistema cibernetico, nel luglio 2015 e disporre di un apparato “maturo” entro febbraio 2019. Adesso questa pianificazione rischia di slittare ancora: c’è il rischio che la Us Navy e i Marines si ritrovino senza stormi in grado di andare in missione.

Le conclusioni degli ispettori americani sono chiare: “Se i test sul software continueranno a subire ritardi, se i fondi disponibili non basteranno per raggiungere i risultati o se non si riuscirà a ridurre il costo di ogni aereo fino ai prezzi stabiliti, il Dipartimento della Difesa dovrà decidere se andare avanti producendo aerei con minori capacità operative oppure rivedere il numero di F-35 da costruire anno per anno”.
È la stessa questione di cui si sta discutendo nei palazzi del governo di Roma. Il dossier ufficiale americano offre all’esecutivo Renzi l’occasione per tirare il freno. E non ordinare esemplari che sono, di fatto, poco più che prototipi ma costano intorno ai 160 milioni di euro. Il ministero della Difesa stava già studiando un rallentamento dei contratti, in modo da risparmiare subito centinaia di milioni di euro. Fondi che verrebbero destinati ad altri settori dell’economia. Mentre anche tra i generali cresce la preoccupazione per il rischio di comprare a carissimo prezzo velivoli che non funzionano. Aggiornare gli aerei nel corso del tempo richiede sempre investimenti elevati e spesso diventa impossibile o troppo costoso. L’Italia ha rinunciato a rendere operativi ben 69 cacciabombardieri Amx, radiati perché il preventivo per renderli “combat ready” era troppo alto. E per gli stessi motivi l’Aeronautica sarebbe disposta persino a disfarsi di una ventina degli intercettori Eurofighter della prima serie, acquistati a peso d’oro pochi anni fa.


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