Kasab, il nuovo fronte della guerra

by redazione | 27 Marzo 2014 9:48

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La Lega araba ha con­cluso il suo ver­tice in Kuwait dedi­cato in buona parte alla guerra civile siriana, appel­lan­dosi da un lato all’intervento del Con­si­glio di Sicu­rezza per fer­mare il con­flitto e dall’altro invo­cando, per bocca del prin­cipe ere­di­ta­rio sau­dita Sal­man, l’invio di rifor­ni­menti di armi alle mili­zie — siriane e jiha­di­ste stra­niere -, «per alte­rare la situa­zione sul campo» che nell’ultimo anno ha visto le forze gover­na­tive recu­pe­rare il con­trollo di una parte del ter­reno per­duto tra il 2011 e il 2012. Dopo aver subito scon­fitte deva­stanti a Qusair, nel 2013, e a Yabroud, pochi giorni fa, e la per­dita del con­trollo della fron­tiera con il Libano – da dove arri­va­vano inte­gra­li­sti sun­niti e armi -, l’opposizione ha lan­ciato venerdì scorso un’offensiva a Kasab, un valico sulla fron­tiera tra Siria e Libano, che ha colto di sor­presa l’Esercito siriano nella pro­vin­cia di Lata­kiya. L’attacco ha un forte signi­fi­cato sim­bo­lico per­chè avviene nella roc­ca­forte degli ala­witi e della fami­glia Assad.

E’ in corso una bat­ta­glia feroce, che ha già fatto cen­ti­naia di morti, di ecce­zio­nale impor­tanza per le mili­zie del Fronte al Nusra (ala siriana di al Qaeda) e dell’Esercito libero siriano (il brac­cio armato della Coa­li­zione Nazio­nale dell’opposizione). Tra i caduti ci sono anche tre parenti del pre­si­dente Bashar Assad, tra cui il cugino, Hilal al Assad, capo della Difesa Civile, la forza para­mi­li­tare che si è rive­lata fon­da­men­tale nell’ultimo anno per man­te­nere il con­trollo di ter­ri­tori strap­pati dall’Esercito e Hez­bol­lah alle mili­zie ribelli. Obiet­tivo dell’offensiva, pia­ni­fi­cata da lungo tempo, è quello di creare una testa di ponte in una zona stra­te­gica, in grado di for­nire all’opposizione un pas­sag­gio sta­bile per i rifor­ni­menti di armi ed equi­pag­gia­menti e di com­pen­sare la per­dita del con­trollo della fron­tiera tra Libano e Siria. Essen­ziale è il soste­gno di Ankara, che ha fatto capire le sue inten­zioni qual­che giorno fa abbat­tendo un Mig siriano sul con­fine. Il pre­mier turco Erdo­gan, anche per ragioni elet­to­rali, ha deciso di inter­ve­nire diret­ta­mente nel con­flitto, per ora con un forte appog­gio dalle retro­vie, dopo aver capito che Assad non è così debole e iso­lato come cre­deva sino ad un anno fa. Lo ha fatto rom­pendo l’accordo non dichia­rato di non tra­sfor­mare la Tur­chia in una base di lan­cio base per l’opposizione armata. Assad ha avuto il torto di sot­to­va­lu­tare le mosse di uno dei suoi più acca­niti nemici.

Al Nusra e l’Esl stanno facendo pro­gressi, anche se limi­tati, e hanno costretto l’Esercito gover­na­tivo ad inviare a Kasab truppe fre­sche e ben adde­strate per respin­gere l’assalto. E’ que­sto il secondo obiet­tivo dell’offensiva: obbli­gare Dama­sco a con­cen­trare parte delle sue forze nella pro­vin­cia di Lata­kiya. Così l’Esercito gover­na­tivo avrà meno uomini da impie­gare nel sud del Paese dove al Nusra, l’Esl e una cin­quan­tina di gruppi isla­mi­sti si sono uniti in una nuova alleanza mili­tare e, gra­zie alle armi e muni­zioni (pagate dai sau­diti) che entrano dalla Gior­da­nia, stanno per lan­ciare un attacco mas­sic­cio verso Dama­sco, che dista poche decine di chi­lo­me­tri. Hanno già preso il con­trollo di Qunei­tra e di altre loca­lità a ridosso delle alture del Golan occu­pate da Israele. Non è noto se alla bat­ta­glia di Kasab stiano par­te­ci­pando, dalla parte di Dama­sco, anche com­bat­tenti sciiti di Hez­bol­lah e dalla bri­gata Abbas, che hanno gio­cato un ruolo fon­da­men­tale nelle bat­ta­glie di Quseir e Yabroud e per il con­trollo del monte Qala­moun. E’ pre­ve­di­bile che saranno impie­gati solo se le cose vol­ge­ranno al peg­gio per­chè ora ser­vono sul fronte meri­dio­nale e lungo la fron­tiera con il Libano.

L’opposizione e suoi nume­rosi spon­sor regio­nali e occi­den­tali punta a sfian­care l’Esercito gover­na­tivo che ha retto all’urto delle forze ribelli ma ha per­duto sino ad oggi 30 mila sol­dati (altre migliaia sono rima­sti feriti gra­ve­mente) . Per­dite che l’Esercito pensa di col­mare con la leva di 20mila gio­vani (ora ancora nelle scuole) nei pros­simi tre anni. Un costo sociale ele­vato per una popo­la­zione sfi­nita da tre anni di com­bat­ti­menti, atten­tati jiha­di­sti, stragi a sfondo reli­gioso, bom­bar­da­menti. Un bagno di san­gue che ha fatto oltre 140mila morti e costretto milioni di siriani ad abban­do­nare le loro case. Senza dimen­ti­care l’economia ferma e l’inflazione alle stelle. Su que­sta fra­gi­lità gio­cano gli Stati Uniti e l’Arabia sau­dita – a fine set­ti­mana è pre­vi­sto un sum­mit tra Barack Obama e re Abdal­lah – per far crol­lare Bashar Assad desti­nato ad essere sem­pre più dipen­dente dall’aiuto eco­no­mico e mili­tare dell’Iran e della Russia.

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