Kiev decreta l’evacuazione della Crimea

Kiev decreta l’evacuazione della Crimea

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Sebastopoli — Le bandiere ammainate parlano più degli uomini. I cancelli divelti spiegano meglio dei comunicati. Per occupare la Penisola non ci sono voluti i carri armati, per prenderne le caserme bastano soldi e qualche spintone. La Crimea 2014 non è l’Ungheria ’56, Praga ’68 o l’Afghanistan ’79, e la resa è uguale all’invasione. Senza spari, senza sangue. Prego, accomodarsi: s’apre con delicatezza una porta d’alluminio anodizzato, la portineria della Marina ucraina, e il giorno dopo l’annessione è il viceammiraglio della flotta putiniana Aleksander Vitko ad avanzare nel giubbotto nero di pelle, fra due piccole ali di miliziani d’autodifesa che applaudono e acclamano la Russia.
Si sale una scala, s’occupa una sala. Giù il bicolore ucraino, su il tricolore russo. Via il Tridente, ecco la croce di Sant’Andrea. Dentro i marines di Putin, fuori i marinai di Kiev. Le navi, quelle grosse, sono già a Odessa. «Non sparano loro e non spariamo noi», se ne va a casa il capitano Oleksander Balanyuk, il borsone Adidas e la frustrazione di tre settimane sott’assedio: «Questa faccenda si sarebbe dovuta risolvere politicamente. Non l’ha fatto nessuno. Ci hanno lasciati qui e basta. Tutto quel che possiamo fare è uscire da questa porta. Nient’altro». Gli eroi sono stanchi solo d’aspettare. Preceduto dai miliziani crimei, che sfondano gl’ingressi e sparacchiano, l’invasore ha marcia facile. Le basi sembrano cadere a una a una, negoziati e minacce. A Novoozerne, la metà accetta la nuova paga da soldato russo (il doppio di quella ucraina) e passa con poche armi e tanti bagagli dall’altra parte: una trentina escono la sera, testa bassa, qualche sporta di plastica e nessuna voglia di spiegare il futuro. Anche a Belbek, a Sinferopoli si fa suk. A Eupatoria, c’è uno scontro e qualche ferito: un pope nazionalista si presenta alla sbarra, litiga coi russi, viene alle mani e finalmente ottiene d’entrare, per dare conforto a chi non molla ancora. Ufficiali, sottufficiali, soldatini: ora che la storia è scritta e la Crimea non è un’ultima crociata narrata da Orlando Figes, molte righe si sgretolano. Il comandante della flotta ucraina, il contrammiraglio Sergei Haiduk, viene portato via dal servizio segreto militare del Cremlino, il Gru. «Temporaneamente». «Per un interrogatorio». Fino a sera, rimane agli arresti negli uffici del nuovo procuratore crimeo. Il governo di Kiev lo considera a tutti gli effetti «un ostaggio»: ne chiede il rilascio immediato e dà pure un ultimatum, chissà quanto efficace, prima d’assumere «adeguate misure tecniche e tecnologiche» in risposta all’«intollerabile arresto». I racconti di Sebastopoli dicono che in realtà Haiduk, promosso dopo la diserzione del suo predecessore, s’era stufato pure lui d’aspettare il nulla, e avrebbe trattato una saggia resa senza troppo disonore. L’umiliazione per gli ucraini è totale. Il vicepremier e il ministro della Difesa di Kiev, Vitali Yarema e Igor Tenyukh, inviati d’urgenza a trattare per «garantire che il conflitto non diventi militare», vengono respinti alla frontiera: «Non sono i benvenuti». A Kiev il segretario del Consiglio nazionale di sicurezza Andriy Parubiy annuncia, senza dare dettagli, esercitazioni militari congiunte con Usa e Regno Unito. A Vilnius il vice presidente americano Joe Biden rassicura le ex repubbliche sovietiche: siamo pronti a inviare truppe nel Baltico. Ma Obama ha comunque escluso un intervento militare in Ucraina: «Non sarebbe appropriato».
Sventolare bandiera bianca, è complicato. Chi lo fa, contravviene all’ordine dato solo martedì di resistere, e per Kiev diventa tecnicamente un disertore. Chi non lo fa, e abita qui, se la deve vedere col nuovo esercito messo su da Aksionov e soprattutto con le squadracce, criminali veri, che assediano le caserme. Davanti alla base A-1734, una Korando con gli adesivi Cccp aspetta i giornalisti. C’è uno sdentato scalmanato che in russo promette pallottole per tutti: «Adesso farete la fine d’Ametov!» (Reshat Ametov, 39 anni, un tataro che qualche giorno fa è stato rapito, torturato e lasciato cadavere fuori Sinferopoli). «Per venerdì, i soldati qui dentro devono prendere i soldi che gli offriamo! Oppure…», e simula il taglio della gola.
Francesco Battistini


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