“Siamo alla pari” Xi Jinping in Europa da azionista globale

“Siamo alla pari” Xi Jinping in Europa da azionista globale

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Xi Jinping, il leader cinese più potente dai tempi di Mao Zedong, nel fine settimana è atterrato a l’Aja da presidente della Cina. Nel giro di poche ore è ripartito per il suo primo viaggio in Europa da azionista unico del “mondo nuovo”, interlocutore obbligato sia per Washington che per Bruxelles. Un formidabile salto di qualità, che accompagna quei certi momenti che decidono la storia. Lo zar del Cremlino Vladimir Putin, reo di essersi riannesso la Crimea, è stato espulso dal club dei Grandi, i capitali degli oligarchi sono in fuga dalla Russia, Mosca è rientrata d’un tratto dalla parte sbagliata della Guerra Fredda. Il “principe rosso”, padrone della Città Proibita da un anno esatto, è arrivato dunque ieri a Parigi da amministratore delegato delle potenze in crescita, ma pure da rappresentante politico del pianeta che non si riconosce nell’Occidente guidato dagli Usa. La caduta della stella di Putin, imprigionato dalla nostalgia sovietica, diventa così la leva per un’ascesa ancora più rapida sulla scena internazionale dell’uomo che ha promesso di assegnare un ruolo «decisivo» al mercato nella seconda economia del mondo.
Xi Jinping, per ora, si conferma sponsor della Russia, come pure della Siria, dell’Iran, della Corea del Nord, di Cuba o del Venezuela. Il lungo tour europeo, undici giorni tra Olanda, Francia, Germania e Belgio, lo accredita però quale solo ambasciatore globale delle nazioni emergenti. La Cina segue con attenzione il lento tramonto del secolo americano, la crisi dell’Europa e il grande balzo all’indietro del Giappone e Xi è deciso a non lasciarsi sfuggire la grande occasione di diventare il partner indispensabile di una Ue che ha bisogno delle armi Usa, ma più ancora degli yuan cinesi. Per questo, atteso a Bruxelles quale primo leader di Pechino a prendere la parola nella
sede del parlamento comunitario, Xi Jinping si appresta a proporre all’Europa uno storico «patto per la crescita»: raddoppiare entro il 2020 l’interscambio di quello che già è il primo mercato mondiale, in cambio di una «nuova fase dei rapporti », in cui Cina e Ue «siano considerati alla pari» e nessuno si senta «autorizzato a impartire lezioni
all’altro». Ieri a Parigi e poi a Berlino, il presidente che ha garantito ai cinesi e alle istituzioni internazionali «riforme profonde» e un «cambio del modello di sviluppo», incarna così l’estrema alternativa agli equilibri del passato: moratoria a tempo su diritti umani e libertà d’espressione, in cambio di ripresa economica e stabilità globale.
Nessun altro leader al mondo ha una prospettiva di potere decennale, una crescita superiore al 7% e l’obiettivo di conquistare la guida del secolo. Promettere all’Europa di aprire il mercato cinese alle sue merci e di continuare a sostenere l’euro è così una proposta irresistibile, che ha illuminato immediatamente di una luce nuova anche i 200 accompagnatori di Xi, tra alti funzionari e nuovi miliardari. Nel 2012 l’interscambio Cina-Ue valeva 546 miliardi di dollari, rispetto ai 370 della bilancia commerciale Pechino-Washington. Lo scorso anno si è toccata quota 558,33 miliardi: la Cina ha spedito in Europa 338,27 miliardi di merci, importando beni per 220,06 miliardi. Il paradosso è che dopo la folle delocalizzazione produttiva in Oriente, la Ue ora scopre di avere un disperato bisogno dell’ex «fabbrica del mondo» per tentare di ricreare posti di lavoro nell’eurozona. Interessi convergenti: trasferire i capannoni per far posto agli shopping center. La missione di Xi Jinping nelle capitali del Vecchio continente è dunque quella di ricostruire l’antica attrazione europea verso l’Asia, simboleggiata dalla Via della seta, oltre che di «far diventare Pechino di moda anche a Bruxelles». Ora è Xi Jinping, più di Barack Obama, a poter ricondurre Putin alla ragione sull’Ucraina ed è Pechino, più di Washington, a poter riaccendere i motori delle imprese europee, saldando debiti e importando prodotti. Il nuovo imperatore della Cina è così l’ospite più ambito sia per Hollande, che per la Merkel, che per Barroso, consapevoli che anche un’Europa più forte è l’interesse che ha spinto l’allievo di Deng Xiaoping a riservare alla Ue la più lunga delle sue visite all’estero. Lo scontro Washington-Mosca spinge Bruxelles nelle braccia di Pechino e rispetto al prepotente zio Vladimir, anche il compagno Jinping non è più una minaccia, ma finalmente un’opportunità.


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