Proteste e «guarimberos», in Venezuela l’opposizione è divisa
Venezuela. «Hanno distrutto strutture pubbliche, sparato. Non è una protesta pacifica». A parlare è un sindaco di opposizione, Michele Cocchiola. Nello stato Carabobo, il primo cittadino di Valencia (terza città del Venezuela) ha partecipato alla Conferenza di pace indetta dal governo venezuelano a livello nazionale, smarcandosi dai guarimberos oltranzisti. Lo scontro in corso in Venezuela attraversa tutti gli ambiti della società, evidenziando due opposti progetti: quello socialista, che scommette sull’inclusione sociale, e quello delle classi dominanti, che chiedono più soldi e potere e articolano la pressione fuori e dentro le istituzioni. Messo sotto attacco, l’esperimento bolivariano cerca di tutelare le proprie conquiste disinnescando le pulsioni golpiste: «Esaminiamo tutte le proposte, senza condizioni», ha detto il presidente Nicolas Maduro.
Nel frastagliato e litigioso campo dell’opposizione, industriali e politici si sono fatti sentire. La parte più oltranzista della Mesa de la unidad democratica (Mud) continua a chiedere «la salida», l’uscita di Maduro dal governo. Maria Corina Machado, una delle principali emissarie delle politiche più retrive di Washington, fomenta le piazze. Gli studenti di estrema destra annunciano che non torneranno in aula. Il sindaco della Gran Caracas, Antonio Ledezma si erge a loro paladino, dimentico del ruolo di repressore esercitato nelle proteste studentesche durante la IV repubblica.
Dal carcere, dov’è accusato di istigazione alla violenza, il leader di Voluntad popular, Leopoldo Lopez, rilascia interviste. Il suo antico sodale Capriles, perdente alle due ultime presidenziali, è un antagonista diretto nella lotta per il potere in corso nella Mud. I due partiti che si sono alternati al potere nella IV Repubblica (il centrodestra Copei e il centrosinistra Ad), ora cercano di orientare la discussione. Pedro Pablo Fernandez, deputato ed economista della Mud, accetta il dialogo, ma dà lezione di moderatismo modello Fmi. Ammette che «imprese fantasma» hanno incassato «25.000 milioni di dollari ma non hanno importato niente» e che ora rischiano di approfittare nello stesso modo delle nuove aperture economiche proposte dal governo. E accusa «il burocratismo». Non parla dei miliardi portati fuori dal paese in modo fraudolento, né dei 40.200 milioni di dollari intascati dalle grandi imprese senza produrre, ma dice che il problema, restano «gli espropri delle imprese e il controllo dei prezzi». Secondo il deputato Mud, il «modello socialista» è perdente. Come se quello neoliberista, che ha imperato senza argini nel sud del mondo dopo la caduta dell’Unione sovietica, non avesse prodotto nel suo paese il Caracazo, la rivolta popolare contro i piani di aggiustamento strutturali e repressa con migliaia di morti dal socialdemocratico Carlos Andrés Pérez nell’89. I partiti minori della Mud – che un tempo erano di sinistra, ma poi sono stati scavalcati dall’irruzione del socialismo bolivariano – si barcamenano. Felipe Mujica, del Movimento al socialismo (Mas) sostiene il dialogo, perché non vuole stare «in quel sacco di gatti furiosi che sta diventando il paese». E dialoga anche Patria para todos (Ppt). Capriles cerca di farsi vedere: dice che vuole incontrare Maduro, ma guida il coro dei contrari alle ultime proposte economiche del governo. Maduro ha proposto una tessera informatizzata che impedisca l’accaparramento selvaggio di prodotti nei supermercati popolari a basso prezzo, e che vendono rivenduti in Colombia: «Un traffico che rende come la cocaina». Gli imprenditori vogliono la «flessibilità del lavoro». Le grandi compagnie aeree, che hanno speculato con il mercato del dollaro parallelo, ora fanno ostruzionismo, minacciano di andarsene e bloccano il cambio dei biglietti agli utenti. Il sindaco Cocchiola ha invitato la chiesa cattolica a farsi «mediatrice». La conferenza episcopale — i cui vertici sono sempre stati parte in causa nella politica venezuelana, apertamente schierati contro il chavismo – ha però espresso il suo parere: ha deplorato «i tre morti» (in tutto sono 29) e «la repressione degli studenti», gettando nuovamente la croce addosso al governo. Diversi cittadini hanno denunciato di essere stati cacciati dalle chiese «perché comunisti». E sacerdoti che camminano a fianco del socialismo bolivariano lamentano danneggiamenti alle parrocchie e intimidazioni da parte dei gruppi di estrema destra.
Lunedì, dopo l’uccisione di un capitano della Guardia nacional che operava, disarmato, contro le guarimbas, nello stato Aragua è stato arrestato un sospetto: un uomo di origine asiatica che custodiva un arsenale di armi da guerra. Per il governo, si tratta di un mercenario internazionale. «È un falso, le armi sono di plastica«, hanno invece ribattuto su twitter i canali di opposizione, fidando sulla poca conoscenza degli osservatori. Le reti sociali, e i twitter in particolare, presentano in tempo reale fatti veri e bufale cosmiche in base agli interessi del proprio campo. Ieri si è svolto un grande incontro sul tema.
Dopo l’intervento bipartisan per liberare dalle guarimbas il municipio Chacao, i manifestanti sono tornati in piazza Altamira, ma questa volta con cani e lumini. Famiglie chaviste hanno cercato il dialogo e tutto si è svolto senza incidenti. In altre zone del paese, continuano però le azioni violente.
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