Renzi e Ue giocano alle tre carte. Per imporre “riforme strutturali”

by redazione | 8 Marzo 2014 9:44

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La prima impres­sione, sull’onda delle dichia­ra­zioni e dei comu­ni­cati uffi­ciali della Com­mis­sione Ue, e di un’intervista del Cor­riere della Sera all’ex mini­stro Sac­co­manni, è che Mat­teo Renzi non stia gran­ché sim­pa­tico ai sacer­doti dell’austerity di casa a Bru­xel­les. Poi però arri­vano le cri­ti­che di Ste­fano Fas­sina, indi­riz­zate equa­mente sia ad Olli Rehn che a Pier Carlo Padoan. E allora si fa strada una diversa ipo­tesi. Quella di un gioco delle tre carte, orche­strato per san­cire ancora una volta l’inevitabilità di quelle “riforme strut­tu­rali” che, negli ultimi quarant’anni, non hanno mai por­tato nulla di buono alla grande mag­gio­ranza (meno abbiente, dati Ban­ki­ta­lia alla mano) degli italiani.
Le pole­mi­che del giorno nascono delle ester­na­zioni pub­bli­che degli ultimi due mini­stri dell’economia. L’attuale inqui­lino di via XX Set­tem­bre aveva ipo­tiz­zato gio­vedì al Sole 24 Ore che i miliardi neces­sari per dare gambe al piano ren­ziano di ridu­zione del cuneo fiscale pote­vano arri­vare anche dai fondi Ue per le poli­ti­che di coe­sione 2007–13 rima­sti inu­ti­liz­zati. Anche se in forma inter­ro­ga­tiva, Pier Carlo Padoan era stato chiaro: “L’obiettivo è il raf­for­za­mento strut­tu­rale delle eco­no­mie. Quindi per­ché non si potreb­bero uti­liz­zare quelle risorse su due capi­toli oggi prio­ri­tari per quel raf­for­za­mento, il mer­cato del lavoro e la capa­cità di com­pe­tere delle imprese? E’ inte­resse dell’Europa intera, non solo dell’Italia”.Con un ritardo sospetto, vista la fer­rea rego­la­men­ta­zione di una mate­ria che peral­tro Padoan dovrebbe cono­scere bene, solo ieri mat­tina il com­mis­sa­rio euro­peo agli affari regio­nali, Johan­nes Hahn, ha riba­dito ciò che gli addetti ai lavori sanno da sem­pre: “Le risorse della poli­tica di coe­sione devono essere uti­liz­zate per finan­ziare nuovi pro­getti che hanno voca­zione a con­tri­buire allo svi­luppo. Non pos­sono essere usate per coprire ridu­zione di impo­ste, come quella di un poten­ziale taglio del cuneo fiscale, cioè la dif­fe­renza fra le impo­ste sul lavoro e il costo del lavoro, come sug­ge­rito da alcuni”. A seguire l’elenco dei pro­getti leciti: aiuti per le start up, per l’espansione pro­dut­tiva e occu­pa­zio­nale dell’industria mani­fat­tu­riera, e per ridurre la disper­sione scolastica.
Nel men­tre l’ex mini­stro Fabri­zio Sac­co­manni, accu­sato da Renzi di aver abbel­lito i conti pub­blici, rispon­deva a stretto giro di stampa. Prima cri­ti­cando le con­suete ester­na­zioni di Olli Rehn di mer­co­ledì sugli “squi­li­bri macroe­co­no­mici ecces­sivi” che, secondo il com­mis­sa­rio Ue, dovreb­bero per l’ennesima volta sot­to­porre l’Italia a uno “spe­ciale moni­to­rag­gio”. Poi, pas­sando a Renzi: “La sua è una scor­ret­tezza. Noi abbiamo sem­pre detto come sta­vano le cose. Magari l’obiettivo del 2014 di una cre­scita all’1,1%, sul quale mi sem­brava di aver con­vinto la Com­mis­sione e Rehn, può essere giu­di­cato insuf­fi­ciente dall’attuale governo. Ma dire che si è nasco­sta la realtà è scor­retto. E vor­rei ricor­dare che nella riu­nione dell’Eurogruppo del 22 novem­bre scorso si era chia­ra­mente arri­vati alla con­clu­sione che non ci sarebbe stato biso­gno di alcuna manovra”.
Infine Sac­co­manni ha ricor­dato la linea. Unica: “Non esi­ste una pos­si­bi­lità su un milione che ven­gano cam­biate le regole euro­pee sui bilanci pub­blici. Volendo rispet­tare il rigore dei conti, si può solo cer­care di sta­bi­lire un pro­filo di rien­tro del debito pub­blico più a lungo ter­mine, attra­verso un’agenda di riforme”. E qui casca l’asino, osserva Ste­fano Fas­sina. Che, da bravo stu­dioso, si informa. E ne ha per tutti. A par­tire da Olli Rehn: “L’analisi della Com­mis­sione euro­pea sugli squi­li­bri macroe­co­no­mici è depri­mente, sul piano intel­let­tuale ancor prima che su quello eco­no­mico”. A seguire si passa a Padoan: “Ho letto con pre­oc­cu­pa­zione anche la nota del Mef a com­mento dell’analisi dell’Ue, insieme alla prima inter­vi­sta del mini­stro: viene ripe­tuto il man­tra delle riforme strut­tu­rali come via della cre­scita. Ma non è così. Anzi, così il nau­fra­gio si avvi­cina. Per­ché occor­re­rebbe una radi­cale cor­re­zione di rotta, basata sulla domanda, nel pros­simo pro­gramma di riforme nazio­nali”. Comunista!

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