Tutti gli uomini della Chiesa di papa Francesco

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CITTÀ DEL VATICANO — Le ultime tre nomine ai vertici della Curia sono altrettante conferme, il cardinale João Braz de Aviz come prefetto della congregazione dei religiosi e i cardinali Jean-Louis Tauran e Gianfranco Ravasi come presidenti dei pontifici consigli per il dialogo interreligioso e per la cultura, con i rispettivi vice. In un anno solo un cambio alla guida delle nove congregazioni e nessuno tra i «numeri uno» dei dodici consigli. Eppure con il primo anno di pontificato di Francesco sta cambiando tutto, nel governo centrale della Chiesa. Per avvicinarsi a qualcosa di simile bisogna risalire di quasi mezzo secolo alla Regimini Ecclesiae Universae , la riforma di Paolo VI del 1967.
Poche nomine mirate, almeno finora, e una rivoluzione nella struttura di comando. La scelta a fine agosto del nuovo Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, si è accompagnata alla conferma dei vertici che nella Terza loggia si sono meritati la fiducia del nuovo pontefice: il Sostituto Angelo Becciu, il «ministro degli Esteri» Dominique Mamberti e i rispettivi vice. Ma la prima grande novità «strutturale» del pontificato, il Consiglio degli otto cardinali dei cinque continenti — il «G8» nato per «aiutare» il Papa nel governo della Chiesa e riformare la Curia, coordinato da Óscar Maradiaga — ha dato subito la direzione del cambiamento. Fino alla nascita, il 24 febbraio, di un nuovo e decisivo dicastero: la Segreteria dell’economia che il Papa ha affidato all’australiano George Pell ed è affiancata da un Consiglio di otto ecclesiastici e sette laici coordinato dal tedesco Reinhard Marx, due cardinali del «G8». Tutto ciò significa che il nuovo Segretario di Stato o «papale» avrà sempre più un ruolo diplomatico e internazionale e si occuperà sempre meno del coordinamento interno. Sarà la Segreteria economica ad avere autorità su tutte le attività relative: se all’authority finanziaria resta la funzione di controllo (a gennaio il Papa, accettate le dimissioni del cardinale Attilio Nicora, ha nominato il vescovo Giorgio Corbellini) e l’Apsa è definita «banca centrale», diventa pletorica la Prefettura degli affari economici e resta da definire la sorte dello Ior. Resta pure da definire il rapporto con il Governatorato, presieduto dal cardinale del «G8» Giuseppe Bertello, con padre Fernando Vérgez Alzaga nominato segretario generale al posto del vescovo Giuseppe Sciacca.
E poi, nella «rivoluzione» di Francesco, oltre alle iniziative straordinarie come la nomina della Commissione anti pedofilia (ne fa parte una vittima, Marie Collins), ci sono le scelte mirate: a cominciare dalla nomina del cardinale Beniamino Stella alla guida della Congregazione del Clero, finora l’unica sostituzione di un prefetto, con relativo ridimensionamento del cardinale Mauro Piacenza, uomo potente nella Curia ratzingeriana, divenuto Penitenziere maggiore. Significative, visto il ruolo centrale del Sinodo dei vescovi, la nomine del cardinale Lorenzo Baldisseri a segretario generale e di monsignor Fabio Fabene a vice. Come la scelta a segretario dei religiosi del francescano José Rodríguez Carballo, già generale dei frati minori. Del resto la riforma ridurrà la pletora di pontifici consigli, e questo spiega la stasi nelle nomine. Quanto alle Congregazioni, ci sono segnali sottotraccia: nel dicastero dei vescovi, confermato a dicembre il prefetto Marc Ouellet e promosso a segretario Ilson De Jesus Montanari, Francesco ha cambiato più della metà dei membri e lasciato fuori nomi come il cardinale ultraconservatore americano Raymond Leo Burke e il presidente della Cei Angelo Bagnasco. In compenso è entrato l’arcivescovo di Perugia Gualtiero Bassetti, poi creato cardinale. Segno che gli equilibri nella Cei stanno cambiando: come mostra la nomina a Segretario generale di Nunzio Galantino, vescovo «di strada» a Cassano all’Ionio, dove Francesco andrà a giugno.
Gian Guido Vecchi


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