Tra Usa e Russia la disfida dei Mari

Tra Usa e Russia la disfida dei Mari

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WASHINGTON — Barack Obama stuzzica l’Orso definendo la Russia «una potenza regionale». Però è un orso che è tornato a nuotare fin sotto le coste dell’America. Da nord a sud. Il Cremlino vuole tenere testa agli Stati Uniti, come ai vecchi tempi dell’Urss. E Mosca non fa nulla per nasconderlo mostrando la bandiera e gonfiando i muscoli. Quanto è avvenuto in Crimea ha solo dato contenuto ai piani di Vladimir Putin. Ristabilire la deterrenza e replicare, quando è possibile, alle spinte della Nato.
Nuovo comando
A metà febbraio fonti militari russe citate dalla Ria Novosti hanno annunciato la prossima creazione di un nuovo comando che dovrà coordinare l’azione nel Polo Nord. Un cuore strategico per difendere «vie marittime, risorse energetiche e pesca» lungo la rotta settentrionale. Gli osservatori occidentali non hanno escluso che la Marina possa schierare, in futuro, anche i sottomarini della classe «Yasen», battelli sofisticati rallentati da problemi di progettazione e costi elevati. Intanto hanno mandato in pattuglia gli altri sub. Attività coordinate dal centro di Severomorsk e dalla base di Gadzhiyevo, tana dei sommergibili nucleari della Flotta del Nord. Ambizioni che seguono un gesto simbolico. Nell’agosto 2007 i russi hanno piazzato una loro bandiera sul fondo dell’Artico. Adesso vogliono andare oltre.
Gli americani rispondono alle manovre con iniziative altrettanto «aperte» e ben pubblicizzate. La Us Navy ha inviato di recente due squali atomici, l’Hampton e il New Mexico , sotto la calotta polare. Incursioni dove hanno provato la caccia in stile «Ottobre rosso», hanno testato i loro siluri e altri sistemi coperti dal codice segreto, in particolare metodi di trasmissione. Il pubblicabile è finito sui social network. Grande lavoro di ricerca anche a Camp Nautilus, una base provvisoria nella zona artica. È un modo chiaro per dire «anche noi ci siamo». Un impegno dove gli americani non sono da soli.
Il Canada ha i propri interessi e guarda con diffidenza alle mosse russe. Poi c’è la Norvegia, partner Nato fondamentale. Come racconta il Wall Street Journal , i marines americani si sono addestrati di recente a Setermoen insieme ai fanti di marina norvegesi. A Orland, sempre in Norvegia, gli americani dispongono di un grande deposito di armi nascosto in caverne. Atmosfere da Guerra fredda. In tutti in sensi.
Proiezione regionale
Il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu ha appena visitato l’avamposto di Sebastopoli, in Crimea. E non è venuto per assaggiare il rancio. Il Cremlino ha stanziato 2,8 miliardi di dollari per ammodernare le strutture logistiche della Flotta del Mar Nero, in particolare quelle a Novorossiysk. I russi hanno il problema di rinnovare diverse unità e sperano di mettere in linea in questo quadrante una delle fregate «Mistral» acquistate in Francia. L’ordine è confermato ma la crisi ucraina potrebbe bloccarne la consegna. L’importanza dell’area geografica è testimoniata da tre fattori: 1) Il vincolo storico con Crimea e Ucraina dell’Est. 2) La proiezione regionale per le unità che devono spingersi verso sud e vegliare su un’area strategica sotto il profilo energetico. 3) La protezione dei flussi di armi che dai porti ucraini alimentano gli alleati di Mosca.
Per mesi l’esercito del siriano Bashar Assad è stato aiutato con materiale partito da Bielorussia e Ucraina. Sono stati usati gli aerei decollati da piste bielorusse, mercantili ma anche le navi da sbarco della Flotta del Mar Nero. Quest’ultime molto più sicure rispetto ai cargo civili: nessuno si azzarda a fermarle o a sottoporle alle verifiche. È nata così l’Operazione Odessa, una linfa bellica per nutrire i lealisti di Damasco che ha il suo terminale nel porto siriano di Tartus, unico punto d’appoggio della Russia nel Mediterraneo. Per ora. Si è parlato di contatti anche con Cipro, ma sarebbe davvero una situazione strana in quanto la splendida isola già ospita una base britannica (Akrotiri) e centrali d’ascolto occidentali.
Per chiudere con il Mar Nero un piccolo episodio emerso in queste ore. I russi hanno inglobato nella loro flotta i delfini che gli ucraini avevano addestrato per azioni di sabotaggio e interdizione contro gli uomini rana nemici. La copia di un identico programma sviluppato dalla Navy nella baia di San Diego, California.
Pattugliamenti
Mosca, da tempo, ha annunciato di aver ripreso i pattugliamenti con i sottomarini nucleari al largo delle coste americane. La Marina Usa ne ha confermato la presenza nel 2009 in Atlantico, ad una distanza di circa 300 chilometri dalla terra ferma. Poi nel giugno 2012 l’episodio di un «Akula» che si è infilato nel Golfo del Messico senza essere scoperto dalle forze Usa. La storia è emersa soltanto dopo che il sommergibile d’attacco se ne era andato. Una piccola sfida seguita dal continuo incrociare di navi-spia russe. Poche settimane fa la Viktor Leonov ha fatto scalo all’Avana durante una «crociera» nei Caraibi. Ovviamente nessuno sa bene quale sia la missione dell’unità costruita con apparati per la guerra elettronica. Bazzicando quei mari può anche accadere l’imprevisto. È stato raccontato che in occasione della tempesta Sandy gli americani avrebbero permesso ad una gemella della Leonov di attraccare a Mayport, parte settentrionale della Florida. Coincidenza: per quasi una settimana uno strano rimorchiatore russo ha fatto il pendolo in questa zona. Che non è solo fatta di spiagge, palme e turisti. Poco più a sud c’è il centro spaziale di Cape Canaveral, a nord, King Bay (Georgia) esiste una grande base dei sommergibili atomici statunitensi. Possibile che il rimorchiatore stesse monitorando segnali e tracce elettroniche. Compito che una volta i russi affidavano ai famosi «pescherecci», imbarcazioni con poche reti ma molte antenne.
Guido Olimpio


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