Accordo a quattro sull’ Ucraina Gli Usa: «Ora vediamo i fatti»

Accordo a quattro sull’ Ucraina Gli Usa: «Ora vediamo i fatti»

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MOSCA — La prima novità buona per l’ Ucraina arriva da Ginevra dopo una giornata nella quale notizie di nuovi scontri sul campo e di nuovi morti si erano incrociate con le dichiarazioni bellicose di Vladimir Putin: «Spero proprio di non dover usare il diritto concessomi dal Consiglio della Federazione»; quello di far varcare il confine alle sue truppe.
Dopo trattative che sono durate tutta la giornata, i responsabili della politica estera di Stati Uniti, Russia, Europa e Ucraina hanno raggiunto un accordo per riaprire il dialogo e allentare la tensione. Si prevede il disarmo delle milizie filorusse e la fine dell’occupazione degli edifici pubblici, l’amnistia e una nuova Costituzione concordata da tutte le parti in causa. Per facilitare il ritorno alla normalità arriverà anche l’aiuto di osservatori e specialisti dell’Osce, l’organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa della quale fanno parte tanto Mosca che Kiev.
Un passo importante, ma ora bisognerà vedere se le parti terranno fede agli impegni presi e se gli ucraini, quelli di Kiev e quelli dell’Est, cercheranno il dialogo in buona fede. L’esperienza di questi ultimi anni non invita all’ottimismo, ma intanto l’intesa di Ginevra dovrebbe evitare un ulteriore inasprimento della situazione che, in alcune città, si stava facendo esplosiva.
Ieri ci sarebbe stato per la prima volta un attacco armato a postazioni dell’esercito, almeno secondo il resoconto dei militari. Questi hanno risposto al fuoco uccidendo tre assalitori. Manifestazioni a favore dell’annessione alla Russia e, dall’altra parte, per l’integrità dell’Ucraina si sono poi svolte in diverse città, tra le quali anche Luhansk. A Donetsk gli ebrei della città hanno ricevuto un avviso che li obbligherebbe a registrarsi entro pochi giorni dichiarando tutti i loro averi. L’editto, che il segretario di Stato americano Kerry ha definito «grottesco», porta la firma del sedicente «presidente del governo transitorio». Sarebbe una ritorsione per l’appoggio che la locale comunità ebraica avrebbe dato dopo la guerra alle bande nazionaliste ucraine. Secondo alcuni racconti, a chi non si fosse registrato si minaccia «la revoca della cittadinanza, la confisca del patrimonio e l’espulsione». Kiev intanto ha introdotto limitazioni all’ingresso dei cittadini russi di sesso maschile (sospettati di fomentare i disordini).
A Mosca intanto il presidente russo forniva la sua versione rispondendo per quasi quattro ore alle domande che gli arrivavano da centinaia di cittadini. Putin ha ripetuto il suo giudizio sull’illegittimità del governo di Kiev, mentre ha invece presentato come del tutto normale il fatto che lui fosse stato «investito» del potere di invadere un altro Stato sovrano. Da chi? Non da un organismo multinazionale, ma dal Senato russo che per quasi metà è formato da uomini scelti dallo stesso presidente russo attraverso i governatori locali. Rispondendo a una domanda, Putin ha dunque detto di «sperare» di non dover ricorrere alle truppe per garantire l’ordine nell’Est dell’Ucraina, dove al momento, ha assicurato, «non ci sono nostri uomini, né consiglieri, né istruttori». Vladimir Vladimirovich ha invece candidamente ammesso di aver inviato reparti speciali senza uniformi ufficiali in Crimea, gli ormai famosi «omini verdi» (ma a lui il termine non piace: «Non lo usiamo», ha detto). «I nostri stavano dietro le spalle delle unità di autodifesa della Crimea. Si sono comportati in maniera corretta, ma con fermezza e professionalità». Questa incursione in un altro Paese è avvenuta perché «non c’era altro modo per assicurare lo svolgimento regolare del referendum» che poi ha portato all’annessione. Giustificazione alquanto bizzarra che ha inevitabilmente provocato vivaci reazioni in Occidente. Gli Usa proprio ieri hanno inviato nuovi aiuti all’Ucraina (non armi ma elmetti ed equipaggiamento medico), mentre la Nato ha proseguito nel rafforzamento della presenza nell’Est europeo. «Non credo che la Russia sia interessata a un qualsiasi tipo di scontro militare con noi — ha detto Barack Obama per rassicurare gli alleati —. Sa benissimo che le nostre forze convenzionali sono di gran lunga più forti delle loro. L’opzione militare non è sul tavolo».
Fabrizio Dragosei


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