Le assenze dal lavoro: per stress due giorni su tre

Le assenze dal lavoro: per stress due giorni su tre

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BRUXELLES — In Europa, lo stress da lavoro è il secondo problema sanitario riscontrato negli uffici o nelle fabbriche, dopo i disturbi ossei e muscolari, ed è la prima causa di assenteismo dei dipendenti (si arriva al 60% dei casi). E secondo il 59% dei lavoratori, lo stress nasce da «comportamenti inaccettabili, bullismo, minacce» sul luogo dell’attività quotidiana. C’è anche (66%) chi lo attribuisce all’eccesso di incombenze, o ai piani di riorganizzazione aziendale e all’insicurezza che ne deriva (72%), alle «richieste contraddittorie e alla mancanza di chiarezza», alla «mancanza di coinvolgimento nelle decisioni più importanti». Tutto ciò è stato rilevato dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, che ha messo in rilievo particolarmente quel 59% di lavoratori scottati da forme di «mobbing»: tant’è vero che ha organizzato una campagna di sensibilizzazione diretta alle aziende pubbliche e private (motto: «Insieme per la prevenzione e la gestione dello stress lavoro-correlato»).
Il principio dovrebbe essere: più serenità interna, più produttività. Ma nel frattempo, e quando ancora la crisi non è finita, in giro affiora un mare di casi, un’epidemia che racchiude un po’ di tutto.
Ci sono quelli che si svegliano alle due di notte, e vedono già la faccia del capo al loro fianco, posata sul cuscino. C’è quella che entra in ufficio alle 8.30 e ne esce alle 9.15, piegata da un’enterocolite, dopo che una dirigente dal volto di iceberg le ha sussurrato: «Dovrebbe ottimizzare le sue motivazioni, sa, è difficile stare dentro un brand senza avere forti motivazioni…». E capita anche con i pari-grado, naturalmente.
Lo stress da lavoro attraversa i secoli: «So che lavoravo, dalla mattina alla notte, con uomini e ragazzi qualunque, un bambino consumato dalla fatica… Stavo allo stabilimento tutto il giorno, e dovevo sostenermi con quel denaro tutta la settimana. Da lunedì mattina a sabato notte, non avevo un consiglio o un incoraggiamento, un conforto…». Era David Copperfield, per la penna di Charles Dickens, a raccontar tutto ciò verso il 1850. Quando la parola «stress» ancora non esisteva. Centosessantanni dopo, chi lavora sta certo molto meglio, ma un’altra parola è comparsa nel dizionario: «presenteeism», per gli inglesi, e cioè un mini-assenteismo preventivo da sopravvivenza, la tendenza a saltare qualche giorno o qualche ora, per scaricare lo stress. David Copperfield ne avrebbe fatto grande uso, se il suo mastino-carceriere della fabbrica glielo avesse permesso.
Il risultato di questa situazione generale è quello appena descritto dall’Agenzia Ue. Lo stress, come si sa, è un ombrello che copre e alimenta tanti malanni: depressioni, coliti, gastriti, allergie. In Francia, il costo sociale sta sui 2-3 miliardi di euro, e in Gran Bretagna — nel 2009-2010 — l’assenteismo ha bloccato in casa i dipendenti per una media di 23 giorni al mese. In Austria, il 42% dei prepensionamenti è dovuto proprio a questo fattore. L’Europa intera spende ogni anno 240 miliardi di euro per curare disordini mentali in genere, e 136 miliardi sono quei costi dovuti non alle terapie o ai medicinali, ma alla perdita di produttività dovuta all’assenteismo.
Ora, davanti a un panorama così sconfortante, si è deciso di lanciare questa campagna: conferenze, seminari, riunioni comuni con i lavoratori. Dirigenti e capuffici saranno gli interlocutori principali. «Una buona leadership può ridurre i rischi psicosociali, ed è qualcosa che si può imparare», dice l’Agenzia Ue. I consigli per «prevenire lo stress e creare un buon ambiente psico-sociale» sono già pronti: «fare in modo che i lavoratori abbiano abbastanza tempo e autonomia per svolgere il loro lavoro»; «chiarire ruoli e obiettivi»; «informare i lavoratori dei cambiamenti e coinvolgerli nei processi decisionali»; «incrementare le politiche di prevenzione delle minacce e della violenza»; «assicurare un’equa distribuzione del lavoro e dei premi».
Luigi Offeddu


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