Il cda dell’Alitalia in preallarme si stringe con Etihad

by redazione | 26 Aprile 2014 8:02

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ROMA Per diventare protagonista dei cieli europei, Etihad ha bisogno di Alitalia. Ecco perché nonostante l’irrigidimento di Abu Dhabi al tavolo delle trattative, il filo del dialogo ancora è integro. Agli emiri servono connessioni di medio raggio nel Continente per alimentare da Est (Germania) e da Sud Ovest (Italia e Spagna) il proprio lungo raggio verso Golfo e Asia. Il nostro vettore, dal canto suo, oltre all’evidente bisogno di ossigeno finanziario prima di settembre, quando rischierebbe di sparire senza un alleato, deve allar-
gare i propri orizzonti proprio a Medio Oriente e Pacifico, i due punti di forza di Etihad. Ma la compagnia del Golfo non ha intenzione di svenarsi. Insomma accordo sì, ma non a qualunque costo. E soprattutto non alle condizioni attuali in cui versa la compagnia tricolore.
Uno scenario di questo tipo è stato tracciato in un report dell’autorevole Capa (Center for Aviation). La “Bibbia” del settore aeronautico fa le pulci all’intesa e ai possibili sviluppi. Il primo problema di Etihad è essere arrivata nel nostro mercato, tra i più ghiotti d’Europa, in ritardo rispetto ai grandi concorrenti del Golfo, e cioè Qatar Airways e Emirates, che hanno intuito con largo anticipo le potenzialità del nostro Paese. Il numero di posti annui
che Etihad rende disponibili oggi dal Golfo verso l’Italia (140mila) è ai livelli toccati nel 2005 da Emirates che nel frattempo ha superato quota 810mila mentre Qatar sfiora i 350mila.
Alitalia, invece, è carente di posti verso l’Asia e, pur rappresentando il maggior vettore verso il Giappone dall’Italia, resta confinato a questa direttrice. L’ingresso nella famiglia Etihad — che include Air Berlin, Air Serbia, Air Seychelles, Virgin Australia, Jet Airways, Etihad Regional e un pezzetto di Air Lingus — aprirebbe al nostro Paese un maggior numero di collegamenti verso l’estremo Oriente e l’Europa stessa.
L’interesse di Etihad per Alitalia deriva anche dalle rotte che il vettore italiano opera verso le Americhe con un
occhio particolare per il Roma-Miami e il Roma-Boston. Diverso il discorso per il Sud America dove Alitalia ha un discreto network che però resta un doppione di Air Europe, partner di Etihad che vanta un maggior numero di posti disponibili e rotte. Alitalia, comunque, mette sul piatto tanti voli verso Caracas, Rio de Janeiro e Buenos Aires.
Ma l’accordo resterà in bilico senza la pulizia dei conti e il taglio di 2500 dipendenti, così come vuole Etihad. La compagnia di Abu Dhabi chiede una newco senza oneri pregressi (circa 400 milioni di contenziosi) e uno sforzo alle banche sul debito, per poter agire liberamente. Il nodo esuberi verrà affrontato prossima settimana mentre per ora il sindacato è pronto a discutere dei 48 milioni di risparmi sul costo del lavoro già promessi a marzo. Il personale è dunque l’ultimo scoglio, ma non il meno importante, all’accordo.
In sospeso resta anche la missione, il ruolo stesso di Alitalia all’interno del settore. Il vettore di Fiumicino è troppo piccolo per fare la guerra ai grandi e troppo grande per fare la guerra alle low cost. Ha un costo per passeggero prossimo ai 150 euro, ma con un’offerta di voli che non è nè carne nè pesce e non arriva ai 1.500 chilometri. Sotto questo livello troviamo Ryanair (50 euro per passeggero il costo medio e tratte da 1.250 chilometri) mentre al di sopra ci sono i big come Lufthansa (240 euro costo per passeggero e 2.100 chilometri di tratta media percorsa) o Iag (330 euro, 3.400 chilometri).

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