Cgil – Fiom, qualche fischio e un piccolo ponte

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L’attesissimo duello media­tico, alla fine, non c’è stato: ma Fiom e Cgil restano divise. Sia Mau­ri­zio Lan­dini che Susanna Camusso, alla chiu­sura del con­gresso Fiom di Rimini, hanno scelto di fer­marsi all’osservazione reci­proca, per ten­tare di non bru­ciare tutti i ponti. Con l’intesa tacita di ritro­varsi per il pros­simo round al con­gresso Cgil, nella stessa città roma­gnola, dal 6 all’8 maggio.

Il momento più teso è stato quello in cui la segre­ta­ria Cgil ha preso la parola, o meglio ha ten­tato. Arri­vata al micro­fono, Camusso è stata coperta da una salva di fischi: arri­vati da più parti del pub­blico, durati circa un minuto.

Impos­si­bile sta­bi­lire con cer­tezza se limi­tati alla sola area “cre­ma­schiana”, a cui di solito si attri­bui­scono le pro­te­ste più rumo­rose. Ma va detto che avendo sen­tito gli inter­venti della tre giorni rimi­nese, abbiamo ascol­tato più di un dele­gato parec­chio arrab­biato con la con­fe­de­ra­zione, e non solo tra gli appar­te­nenti alla pic­cola mino­ranza: quindi chiun­que sia par­tito, è facile pen­sare che abbia rac­colto proseliti.

Con il volto teso e a voce bassa, Camusso durante i fischi ha detto: «Riprendo quando smet­tete». Lan­dini, scuro in volto, per smor­zare ha ten­tato un applauso, men­tre la segre­ta­ria Fiom Fran­ce­sca Re David dalla pre­si­denza ha chie­sto alla pla­tea di fer­marsi. Dun­que è par­tito un bat­ti­mani. Il discorso di Camusso non è più stato inter­rotto, e solo alla fine si sono avuti nuovi fischi: ma meno fra­go­rosi, e subito taci­tati da applausi.

Dal palco, Camusso ha detto di con­cor­dare con Lan­dini sul fatto che il governo Renzi «va con­si­de­rato per le cose buone che fa, e per quelle che non vanno: e per que­ste ci dob­biamo mobi­li­tare, farci sentire».

Subito dopo, un pas­sag­gio sulla con­cer­ta­zione: uno dei recenti must del segre­ta­rio Fiom, che ha rin­fac­ciato alla Cgil una sostan­ziale subal­ter­nità ai governi e per­fino alle imprese. Nella sua rela­zione, Lan­dini aveva ricor­dato il docu­mento scritto da Cgil, Cisl, Uil e Con­fin­du­stria nel 2011, quello che chie­deva al futuro governo Monti di inse­rire in Costi­tu­zione il pareg­gio di bilan­cio: «Fu dele­gata Emma Mar­ce­ga­glia a par­lare per tutti», aveva detto Lan­dini, e ieri Bruno Papi­gnani, anche lui Fiom, ha ripe­tuto la stessa accusa, ma sta­volta con Camusso pre­sente. Che teneva gli occhi bassi sul tele­fo­nino, visi­bil­mente contrariata.

Quindi la replica della segre­ta­ria: «Il governo ha detto che non vuole con­fron­tarsi con i sin­da­cati: si può rea­gire in molti modi, ma la Cgil non ha mai pie­tito e non pie­tirà un qua­lun­que tavolo solo per dire che è ammessa al con­fronto». «Que­sto non vuol dire – ha aggiunto – che rinun­ciamo ad avan­zare richie­ste di cam­bia­mento». Insomma, come dire, la Fiom non si per­metta di dare lezioni di auto­no­mia alla Cgil.

Pas­sando per la ormai (di pram­ma­tica) cri­tica al decreto Poletti («mol­ti­plica la pre­ca­rietà») – e tutti a que­sto punto ancora aspet­tano di capire come e quando sia la Cgil che la Fiom vor­ranno orga­niz­zare un qual­che tipo di pro­te­sta nazio­nale su que­sto tema – Camusso è pas­sata al “noc­ciolo duro”, l’accordo sulla rap­pre­sen­tanza. «È un pri­mato nei prin­cipi della Cgil che vale il giu­di­zio dei lavo­ra­tori: ma come fa la Cgil a deci­dere, a trarre i suoi orien­ta­menti, se la Fiom non comu­nica i risul­tati della con­sul­ta­zione degli iscritti?».

Camusso si rife­ri­sce al fatto che la Fiom ha fatto votare tutti i lavo­ra­tori, anche i non iscritti o gli iscritti ad altri sin­da­cati, quindi fin­ché non scor­po­rerà i dati, que­sti non potranno essere som­ma­bili con quelli Cgil. «Così si pro­voca un’autoesclusione: un’organizzazione che ha le sue regole deve appli­carle, una solu­zione biso­gna trovarla».

Lan­dini, presa la parola, ribatte: «La Fiom non si è autoe­sclusa: ma per­ché si è deciso di esclu­dere la Fiom e le altre cate­go­rie dalla pos­si­bi­lità di cono­scere e deci­dere prima che si fir­masse l’accordo sulla rap­pre­sen­tanza?». Qui sono pio­vuti gli applausi.

Quindi il segre­ta­rio ha spie­gato di aver regi­strato l’86% di no tra i lavo­ra­tori. E ha sfi­dato la Cgil: «Que­sto risul­tato – ha detto Lan­dini – ci dà man­dato di pro­vare a modi­fi­care quell’accordo. Io rivolgo una domanda alla Cgil: sostiene la Fiom per pro­vare a miglio­rare quel testo o no, visto che siamo la stessa orga­niz­za­zione e il sog­getto nego­ziale, per sta­tuto, riman­gono la categorie?».

La rispo­sta forse arri­verà in mag­gio a Rimini: intanto anche nella Fiom si è ripro­dotta la divi­sione che c’era già stata alla Cgil lom­barda, con la mag­gio­ranza spac­cata in due liste. Se i “cre­ma­schiani” hanno preso il 7,2%, i “camus­siani” interni alla Fiom sono arri­vati al 16,5% e i “lan­di­niani” al 76,2%.


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