Cliven Bundy, il cowboy ribelle sfida il governo E diventa l’idolo dei libertari Usa

Cliven Bundy, il cowboy ribelle sfida il governo E diventa l’idolo dei libertari Usa

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NEW YORK — Duecento uomini armati, cecchini appostati, un assedio che dura da giorni. Il tutto per sequestrare 900 vacche che pascolano abusivamente su un terreno pubblico vicino a un ranch del Nevada, l’ultimo rimasto nella contea Clark, 80 miglia a nord di Las Vegas. Il conflitto con Cliven Bundy e la sua famiglia di allevatori va avanti da 21 anni. Ma ora è improvvisamente sfociato in uno scontro grottesco e pericoloso che sta attirando attivisti di milizie paramilitari, anarchici e militanti delle organizzazioni libertarie più radicali che arrivano da ogni parte d’America — dal Texas all’Idaho — per difendere i «cowboy» da quella che chiamano la «tirannia del governo di Washington».
La disputa va avanti da quando, nel 1993, Cliven Bundy, che adesso ha 67 anni, smise di pagare al governo federale i diritti di pascolo in un vasto territorio pubblico attiguo al suo ranch di 150 acri: «La mia famiglia è qui da sempre, siamo arrivati in questa regione nel 1877 quando il Bureau of Land Management (BLM) nemmeno esisteva: non pago e non me ne vado» è stata fin dall’inizio la linea dell’allevatore. Non volendo arrivare a uno scontro cruento per una questione così banale, l’amministrazione federale ha traccheggiato a lungo cercando di risolverla con le buone o per via giudiziaria.
Ma non c’è stato niente da fare mentre nel frattempo è stato introdotto un divieto di pascolo in gran parte del terreno usato dai Bundy, trasformato in «santuario» per la protezione di una specie animale a rischio di estinzione: la tartaruga del deserto. Così adesso il governo è preso tra due fuochi: da un lato i libertari, dall’altro gli ambientalisti. Cliven ha ignorato anche questo divieto. Così, qualche giorno fa, due diversi giudici federali delle corti distrettuali hanno ordinato a due enti governativi — il BLM, appunto, e il National Park Service — di ripristinare il rispetto della legge sequestrando il bestiame che pascola abusivamente. Usando, se necessario, la forza. Più facile a dirsi che a farsi con i Bundy decisi a tenere duro che invitano alla rivolta contro quelle che considerano prepotenze del governo di Washington e fanno paragoni agghiaccianti tra la situazione che si è creata a Gold Butte, Nevada, e il caso di Waco, Texas, dove l’assedio di vent’anni fa a una setta armata fino ai denti finì, dopo due tesissimi mesi, in una vera strage: 76 morti e altre 4 vittime tra le forze dell’ordine.
I federali hanno cominciato a sequestrate le mucche, spesso ostacolati dalla famiglia Bundy (il figlio di Cliven, Dave, è stato arrestato e poi rilasciato) e dai manifestanti. Che in alcuni casi hanno assalito o minacciato gli uomini del Bureau of Land Management, i quali in un caso hanno reagito sparando con una pistola «teaser»: un’arma che dà scosse momentaneamente paralizzanti. Le forze dell’ordine hanno anche cercato di non farsi mettere i bastoni tra le ruote dai rivoltosi cercando di obbligarli a esprimere le loro proteste rimanendo in appositi recinti. Ma a quel punto è insorto il governatore del Nevada, il repubblicano Brian Sandoval, che ha intimato al Bureau federale di eliminare queste zone delimitate, soprannominate «First Amendment Area», da lui considerate un modo inaccettabile di limitare l’esercizio di un diritto costituzionale: quello a un «free speech» senza limiti garantito proprio dal Primo emendamento.
Il partito dei conservatori non ha cavalcato la protesta libertaria, né l’ha fatto l’associazione degli allevatori del Nevada, che certo non è una centrale progressista. Ma le forze dell’ordine, in genere abbastanza sbrigative negli Usa in situazioni nelle quali la legge viene violata in modo ostentato, stavolta si muovono con prudenza: i poliziotti anti-sommossa e le forze speciali degli Swat team ci sono, ma tengono la situazione sotto controllo da lontano mentre a trattare con i Bundy e i loro supporter vengono mandati gli uomini della polizia dei parchi e del Bureau of Land Management che catturano mucche qua è là. A ieri non si era arrivati ancora a prelevarne 400 sulle 900 (peraltro non tutte del ranch di Cliven) che pascolano ignare di essere «abusive».
Se tutto andrà per il meglio, l’operazione si concluderà con un costosissimo sequestro di bestiame (non meno di 3 milioni di dollari di denaro dei contribuenti). Se ci saranno scontri si rischierà il morto. Che diventerà sicuramente un martire dell’oppressione federale, anche se tutti i giuristi sono concordi nel dire che nessuno è autorizzato a sfruttare a fini di lucro terreni di proprietà pubblica, anche se risiede nella zona da molti anni. «Altrimenti — dice Jeremy Hudia, un docente di diritto esperto della materia — chiunque potrebbe mettersi a cercare petrolio dentro il Parco Naturale di Yosemite».
Massimo Gaggi


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