Espulsioni e permessi, prima dell’ex Cavaliere sfilano 58 casi anonimi

Espulsioni e permessi, prima dell’ex Cavaliere sfilano 58 casi anonimi

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MILANO — Il nome di uno degli uomini più ricchi e famosi al mondo si dissolve tra altri 58 di perfetti sconosciuti. Confuso in una umanità varia e dolente di nordafricani, sudamericani, europei dell’Est e molti italiani, «Berlusconi Silvio» è al posto numero 9 nel rigoroso elenco alfabetico dei 59 protagonisti delle udienze in calendario ieri al Tribunale di Sorveglianza di Milano. Solo del suo procedimento, il n. 7854/2013, sa tutto la folla di giornalisti che (molti per la prima volta in vita loro) si avvicina al Tribunale di Sorveglianza, informata sul perché e percome l’ex premier abbia chiesto l’affidamento in prova al servizio sociale dopo la condanna per frode fiscale nel processo diritti tv Mediaset.
C’è il carcerato straniero che ha scontato la pena e quasi lo si sente implorare di non essere espulso dall’Italia, quello che ricorre contro una punizione che gli hanno dato in carcere, quell’altro che fa reclamo perché non gli hanno concesso un permesso premio, e l’altro ancora che vuole gli rifacciano il conto della liberazione anticipata. E ci sono tantissimi condannati che, dalla libertà, chiedono di essere affidati in prova al servizio sociale, esattamente come l’ex Cavaliere.
Un altoparlante dalla voce metallica con stanca cadenza teutonica ne scandisce i nomi, neanche si fosse in coda alla Posta. I pochi presenti, seguendo i loro avvocati probabilmente quasi tutti d’ufficio, entrano con deferenza nell’aula al piano terra del palazzo di giustizia ogni 6/10 minuti, tanti quanti bastano a chiudere ciascun procedimento e assegnare all’affidamento coloro che ne hanno fatto richiesta. C’è perfino qualcuno degli avvocati che con il cellulare scatta una foto ricordo all’elenco affisso alla porta dell’aula in cui il nome del proprio assistito compare vicino a quello del celebre imprenditore e leader di Forza Italia. Alle 14,30, pausa-pranzo compresa, il collegio esaurisce tutte le pratiche. Tranne una: quella di Berlusconi Silvio, al quale è riservato un appuntamento personalizzato per le 17 in punto, lontano e isolato dalla massa. Un paio di ore prima i carabinieri provvedono ad allestire transenne per contenere i giornalisti e interdire con solerzia l’accesso al corridoio battezzato «Arianna», senza che si capisca bene il motivo visto che Berlusconi non sarà presente: ci sono i suoi due avvocati Niccolò Ghedini e Franco Coppi, che, coadiuvati dalle colleghe Angela Maria Odescalchi e Michela Andresano, arrivano con una mezz’ora di anticipo.
La relazione del giudice togato Beatrice Crosti ripercorre i passi della recente memoria della difesa di Berlusconi laddove essa, nel richiedere l’affidamento in prova al servizio sociale, spiega candidamente che il capo di Forza Italia, quando attacca la magistratura, lo farebbe solo ed unicamente per motivi elettorali e politici, e mai invece per colpire le persone dei giudici. Una affermazione che ha lo scopo preciso di rispondere a uno dei requisiti fissati dalla Cassazione, quello secondo il quale il condannato, anche se non gli è richiesto di «pentirsi» o ammettere gli addebiti, deve almeno dimostrare di accettare la sentenza e le sanzioni, primo passo verso il reinserimento sociale. La difesa abbozza anche un percorso che prevede un’attività di Berlusconi per la sensibilizzazione e la motivazione dei disabili, da svolgere in una struttura di prossima realizzazione finanziata da lui stesso. Nemmeno questo è peraltro obbligatorio, perché sono moltissimi i casi di condannati affidati al servizio sociale anche senza un programma riabilitativo, ma solo con l’obbligo di periodici colloqui con un assistente sociale dell’Ufficio esecuzione penale esterna (Uepe). Tuttavia anche la disponibilità ad un’opera riparatoria può pesare favorevolmente nella decisione dei giudici, ed è per questo che gli avvocati Coppi e Ghedini non vi hanno rinunciato, sebbene questa proposta non abbia convinto il pg Lamanna, favorevole invece alla soluzione prospettata dall’Uepe: e cioè una mezza giornata alla settimana, mattina o pomeriggio a scelta, in una casa di cura per anziani nell’hinterland milanese, neanche troppo lontano da Arcore. Al Tribunale la scelta, probabilmente martedì.
Luigi Ferrarella, Giuseppe Guastella



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