Gli italiani e le priorità dei tagli : prima i maxistipendi, in coda la difesa
Fino a non molto tempo fa nell’opinione pubblica prevaleva la convinzione che l’immobilismo del nostro Paese ipendesse più dall’incapacità del ceto politico che dalla scarsità delle risorse necessarie per promuovere cambiamenti e riforme. Nell’attuale contesto economico e in presenza degli stringenti vincoli europei, i cittadini si mostrano sempre più consapevoli che gli interventi promossi dal governo richiedano una copertura finanziaria e si attendono un robusto intervento sulla spesa pubblica che scongiuri, o quanto meno limiti, il rischio di un possibile inasprimento fiscale. Di conseguenza, con poche eccezioni si osserva un forte consenso al taglio della spesa, peraltro spesso accompagnato dall’aspettativa che si tratti di misure rivolte «agli altri»: ad esempio, gli anziani in larga misura non vogliono che si intervenga sulla sanità, gli insegnanti e i giovani sulla scuola, i dipendenti pubblici sulle spese della pubblica amministrazione, e così via.
I tagli annunciati dal governo la scorsa settimana sono accolti dai cittadini con un prevalente ottimismo: il 61% prevede che ci saranno interventi significativi sulla spesa e, in particolare, la maggioranza relativa del campione intervistato (38%) ritiene del tutto raggiungibile il taglio di 4,5 miliardi previsto nel Documento di economia e finanza annunciato dal premier; inoltre il 23% si aspetta tagli importanti, anche se ritiene che l’obiettivo sia difficile da raggiungere in toto. Al contrario, il 32% si mostra scettico e considera l’annuncio solo propaganda. L’ottimismo caratterizza l’elettorato del Pd e in subordine quello di Ncd, le persone più istruite, i ceti dirigenti e impiegatizi, i pensionati e coloro che risiedono nelle regioni centrali; al contrario lo scetticismo è più diffuso tra gli elettori di Forza Italia e del Movimento 5 Stelle, i più giovani, gli studenti, i lavoratori autonomi, gli operai e i residenti nelle regioni meridionali.
Nel sondaggio abbiamo voluto verificare l’ordine di priorità e la possibilità di realizzazione di tre delle misure annunciate nel Def. La riduzione degli stipendi dei manager pubblici (che potranno raggiungere al massimo il livello dello stipendio del presidente della Repubblica) risulta il provvedimento più importante per il 50% degli italiani. Il tema ha suscitato scalpore e indignazione tra le molte persone che faticano ad arrivare alla fine del mese e questa misura viene collocata al primo posto senza eccezioni dagli elettori di tutti i partiti e risulta particolarmente apprezzata dagli studenti, dai lavoratori autonomi, dagli impiegati e dai residenti nelle regioni meridionali, per i quali appare stridente il contrasto tra le loro condizioni economiche e retributive e quelle di alcuni manager pubblici. A seguire, nella graduatoria delle priorità, vengono i risparmi nell’acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione, citati dal 28% degli intervistati, più marcatamente dagli elettori di Forza Italia, dai ceti dirigenti e dai residenti nelle regioni settentrionali che considerano inaccettabili non solo gli sprechi ma anche le significative differenze di costo degli stessi beni e servizi nelle diverse regioni del Paese. Da ultimo, i tagli alle spese militari, ritenuti prioritari da un intervistato su cinque, con valori nettamente più elevati tra gli elettori del Pd e del M5S che li collocano al secondo posto.
Quanto alle possibilità di realizzazione dei tagli annunciati, prevale nettamente l’ottimismo, anche se vi sono molti dubbi sui tempi necessari per raggiungere gli obiettivi fissati, con particolare riguardo all’acquisto di beni e servizi nella Pa (45%) e, soprattutto, alle spese militari (50%), mentre un intervistato su quattro prevede che la riduzione degli stipendi dei dirigenti pubblici verrà adottata in tempi brevi. Nel complesso un terzo degli italiani ritiene che i tagli di spesa annunciati siano destinati al fallimento. I più negativi sono gli elettori dei principali partiti dell’opposizione (FI e M5S), e i segmenti decisamente più sfiduciati (i giovani, gli operai e i disoccupati) o disincantati (i meridionali). La sintonia tra il presidente del Consiglio e il Paese si mantiene molto elevata, ma la disillusione che è maturata negli ultimi anni induce i cittadini ad essere prudenti. Tuttavia i tempi lunghi prefigurati dai più collidono con quella che appare la caratteristica distintiva di Matteo Renzi: la velocità. Ma dopo anni nei quali prevaleva una rassegnata convinzione che nulla potesse cambiare, in questa fase cresce la percezione che qualcosa si stia muovendo e gli italiani sembrano disposti ad accettare tempi un po’ più lunghi purché si mantenga fede agli impegni con la necessaria determinazione.
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