I bilanci falsi di Alemanno “Un buco da 500 milioni” Ma Marino non si salva

I bilanci falsi di Alemanno “Un buco da 500 milioni” Ma Marino non si salva

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ROMA – Quando, appena eletto, il sindaco Ignazio Marino chiese agli ispettori della Ragioneria generale dello Stato di calcolare l’esatta entità del buco lasciato dal suo predecessore, tutto si aspettava tranne che la due diligence sui conti del Campidoglio gli si sarebbe ritorta contro. E invece la “Relazione sulla verifica amministrativo-contabile a Roma Capitale”, 326 pagine che Repubblica è in grado di anticipare, non solo alza il velo sul Sistema Alemanno – che, a colpi di bilanci aggiustati e spese folli, ha trasformato l’amministrazione comunale in una gigantesca vacca da mungere – ma denunciano come la giunta di centrosinistra abbia finora operato in assoluta continuità con quella di centrodestra. «Anche a seguito dell’insediamento dell’attuale consiliatura», scrivono infatti gli ispettori nelle conclusioni finali, «la situazione non appare migliorata, essendosi ripetuti i medesimi comportamenti registrati negli anni precedenti».
Un atto di accusa durissimo che, oltre a interessare la magistratura contabile, rischia di finire dritta alla procura della Repubblica.
Basta aprire la relazione a pagina 317: «I documenti contabili» relativi al periodo 2009-2012 «espongono dati che non rappresentano in maniera veritiera la condizione in cui versa l’ente. La presenza di debiti fuori bilancio, la conservazione di residui attivi non supportati da titolo giuridico e l’inadeguato accantonamento di somme dal fondo di svalutazione crediti» ha creato «un effettivo disavanzo di amministrazione di quasi 500 milioni di euro». Il dato che balza subito agli occhi degli ispettori è l’incoerenza dissipatrice di Alemanno che, una volta eletto, con una mano chiede aiuto al governo Berlusconi per coprire il buco ereditato da Veltroni (9 miliardi e rotti), con l’altra spende e spande oltre le sue possibilità, arrivando a triplicare i trasferimenti alle municipalizzate. Dove, nel frattempo, aveva piazzato i fedelissimi a furia di assunzioni facili e commesse sospette. «L’esame dei dati di bilancio», osservano gli ispettori «ha dimostrato come l’ente, nonostante le difficoltà finanziarie che hanno indotto nell’anno 2008 lo Stato ad accollarsi il debito pregresso del Comune di Roma, abbia continuato ad aumentare progressivamente la spesa corrente». Schizzata dai 3,2 miliardi del 2007 ai 4,1 del 2012 e perennemente superiore alle entrate. Fra le voci «che più hanno inciso sull’incremento» si cita «il costo del contratto di servizio di trasporto», ovvero i soldi dati all’Atac, l’azienda di Parentopoli, «passato dai 198 milioni del 2007 ai 576 del 2009 (271 milioni al netto del trasferimento regionale), per poi crescere ulteriormente sino a raggiungere nel 2012 l’importo di 668 milioni (480 milioni al netto del trasferimento regionale)».
Ma c’è dell’altro. «Evidenti irregolarità» sono state rilevate «nelle procedure di affidamento degli appalti di servizi e nella corresponsione del trattamento accessorio al personale dipendente, in palese violazione del contesto normativo e contrattuale vigente ». Significa centinaia di milioni elargiti a pioggia per incentivi e premi. Mentre «criticità molto significative » presentano «le procedure di reclutamento del personale », fisso e a termine. Tra i beneficiari, «un gran numero di soggetti privi dei requisiti», spesso titolari di stipendi «doppi rispetto al trattamento tabellare». Un vizio contagioso, dal momento che «le medesime irregolarità » sono state rilevate sui «contratti sottoscritti nella seconda parte del 2013» da Marino. Non l’unico: «Anche le procedure di affidamento degli appalti dei servizi relativi al sociale e al global service nelle scuole si sono mantenuti fuori dal perimetro della legalità ». E a riprova che la differenza con Alemanno è sottile, gli ispettori concludono: «L’attuale amministrazione, in linea con i comportamenti precedenti, ha dimostrato una notevole celerità nell’avanzare richieste di supporto finanziario allo Stato, mentre ben poco ha fatto per attivare entrate proprie».


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