Stato-mafia tutti i veleni tra i pm di Palermo

Stato-mafia tutti i veleni tra i pm di Palermo

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ROMA. Al Consiglio superiore della magistratura i retroscena dell’indagine sulla Trattativa Stato-mafia e le divergenze in procura di Palermo tra sospetti, veleni e accuse di protagonismo. La ribalta è quella offerta ai pm del capoluogo siciliano dal procedimento sul capo dell’ufficio, Francesco Messineo, accusato di aver rivelato particolari dell’indagine sull’ex patron di Banca Nuova, Francesco Maiolini. Pur stigmatizzando il comportamento di Messineo, che da Maiolini ottenne un’assunzione a tempo determinato per il figlio in una società controllata da Banca Nuova, il Csm ha “assolto” Messineo. Ma quel che emerge dalle carte è uno spaccato del tutto inedito sulle frizioni in procura nel pieno della gestione della delicatissima inchiesta sulla Trattativa.
CONDOTTA SPREGIUDICATA
Accusato di aver lasciato mano libera nell’inchiesta sulla Trattativa all’ex pm Antonio Ingroia anche per le indagini sul suo conto, davanti al Csm Messineo si lancia in una controffensiva proprio nei confronti del suo aggiunto.
«Ovviamente non c’è dubbio che per una persona come il dottor Ingroia che ha dei programmi futuri di politica e che è un abile manovratore dei mezzi mediatici con rapporti con giornalisti in tutta Italia, un’occasione come quella del procedimento della Trattativa è un’occasione molto ghiotta e che Ingroia l’abbia spregiudicatamente utilizzata. Io non difendo Ingroia, non condivido le sue scelte di vita e il suo modo di rapportarsi con l’opinione pubblica, quindi su questo vorrei essere chiaro. È stato detto che io più volte privatamente avrei richiamato, magari richiamato no, ma prospettato a Ingroia questa inopportunità del suo comportamento. Questo è verissimo, ho esercitato un tentativo di moral suasion, ma con scarsi risultati perché se uno si candida a fare il premier è molto difficile che ascolti il suo procuratore».
LIVORI TRA COLLEGHI
Altro tema trattato al Csm è lo scontro con il procuratore aggiunto Teresa Principato a proposito del blitz contro i fiancheggiatori del boss Messina Denaro che, secondo la Principato, avrebbe mandato in fumo la cattura del super latitante. Dice Messineo: «Le opinioni della dottoressa Principato io credo siano fortemente condizionate dal fatto che ha avuto con me dei pesanti scontri. Probabilmente ho sottovalutato il grado di livore, di invidia, di accanimento, da parte di alcuni magistrati che non erano e non potevano essere assegnatari del processo Trattativa perché questo è stato costantemente assegnato a quattro magistrati, non potevano diventare 8, 12, 16, non era possibile ».
IL CASO INTERCETTAZIONI
Davanti ai consiglieri depone anche Lia Sava, oggi procuratore aggiunto a Caltanissetta e all’epoca coassegnataria dell’indagine Trattativa insieme Ingroia, Antonio Di Matteo e Francesco Del Bene: «Alla procura di Palermo ci sono delle personalità straordinarie, delle menti bellissime ma se tutti lavorassero in sintonia invece di farsi la guerra, altro che mafia sconfitta, avremo raggiunto risultati straordinari. Purtroppo ci si perde perché tutti sono convinti di essere nel giusto. Io ho avuto dei momenti di grossa frizione con Ingroia e Di Matteo, nel senso che non ho condiviso una serie di passaggi, di sovraesposizioni mediatiche. Anche il conflitto di attribuzioni (sulla vicenda delle intercettazioni del capo dello Stato, ndr) io l’ho vissuto in maniera drammatica nel senso che io personalmente sono molto legata anche per tradizione culturale al presidente Napolitano».
Rispondendo alla domanda del presidente della Prima commissione del Csm Glauco Giostra, Lia Sava è anche esplicita sulle scelte della procura a proposito delle intercettazioni che coinvolsero Napolitano: «Io appena uscita la prima intercettazione, avrei staccato immediatamente».
SCARSO COORDINAMENTO
L’audizione della Principato parte dalla polemiche sulla cattura sfumata di Messina Denaro e si sposta poi sulla Trattativa e sulla mancanza di circolazione interna delle notizie: «So che anche a Caltanissetta quando il
procuratore Messineo guidava quell’ufficio, le riunioni di coordinamento erano rade e duravano anche quelle poco. Per quanto riguarda la Trattativa noi non abbiamo saputo niente fino a quando non abbiamo chiesto, ma chiesto solo quando ormai si era arrivati a un limite di fibrillazione istituzionale, cioè quando già le famose intercettazioni (Napolitano-Mancino, ndr) erano state strumentalizzate da partiti politici e stampa. Al dottor Marzella, un collega della Direzione distrettuale antimafia che gli chiedeva di fare una riunione per parlare della Trattativa, il procuratore ha risposto che lui volva indire una riunione, ma loro, cioè i titolari del processo, gli avevano detto di no. Una risposta che mi ha lasciato basita».


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Trattativa Stato-mafia

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