Minurso, l’unica missione Onu che non tutela i civili

by redazione | 18 Aprile 2014 15:49

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Sem­bra quasi l’emblema di un mondo ormai inca­pace di risol­vere quei con­flitti decen­nali che vedono da un lato poteri troppo forti da met­tere in discus­sione e dall’altro popo­la­zioni da tempo pri­vate di ogni diritto. Par­liamo del popolo sah­rawi, del Fronte Poli­sa­rio che lo rap­pre­senta, del Marocco che occupa i suoi ter­ri­tori e della Mis­sione delle Nazioni unite nel Sahara occi­den­tale (Minurso), instal­lata nel 1991 col fine di orga­niz­zare un refe­ren­dum che sta­bi­lisse una volta per tutte il destino di quella terra e di chi ci abita.

Sono pas­sati oltre ven­ti­due anni da quella deci­sione e la Minurso, sul cui man­dato dovrà deci­dere entro il pros­simo 30 aprile il Con­si­glio di sicu­rezza delle Nazioni unite, non ha orga­niz­zato alcun refe­ren­dum, limi­tata nel suo agire dal boi­cot­tag­gio del Marocco e dall’indifferenza del Palazzo di Vetro. Un miliardo di dol­lari, que­sto il suo costo, get­tati let­te­ral­mente al vento, se con­si­de­riamo inol­tre che que­sta è l’unica mis­sione di pace dell’Onu in corso priva del man­dato di pro­teg­gere i civili. Mal­grado que­ste pre­messe dovreb­bero spin­gere le Nazioni unite a dare più forza alla pro­pria mis­sione di pace, esten­dendo per esem­pio il suo impe­gno alla tutela dei diritti umani, e supe­rando in que­sto l’opposizione della Fran­cia che ritiene il Marocco capace di vigi­lare da solo su que­sto punto, la recen­tis­sima rela­zione del segre­ta­rio Ban Ki-moon si carat­te­rizza per la presa d’atto di una situa­zione dram­ma­tica, alla quale non cor­ri­sponde però nes­suna pro­po­sta con­creta e nes­sun passo avanti. Si fa cenno della richie­sta di esten­dere il man­dato della mis­sione sul tema citato ma non la si fa pro­pria. Senza dimen­ti­care il disin­canto che tra­pela dalle pagine del rap­porto rea­liz­zato con il con­tri­buto fon­da­men­tale del diplo­ma­tico ame­ri­cano Chri­sto­pher Ross. Atteg­gia­mento che ha infa­sti­dito sia la mag­gio­ranza dei sah­rawi che spera ancora in una indi­pen­denza dal Marocco, ma anche coloro che hanno rite­nuto oppor­tuno accet­tare come alter­na­tiva una auto­no­mia regio­nale, pre­fe­ri­bile evi­den­te­mente a un immo­bi­li­smo che favo­ri­sce solo Rabat e i suoi alleati.

Con que­ste pre­messe, la già citata esten­sione del man­dato della Minurso alla tutela dei diritti umani, sulla quale come dice­vamo si dovrà espri­mere il Con­si­glio di sicu­rezza entro il mese, resterà vero­si­mil­mente let­tera morta. Pec­cato che le pro­te­ste che i sah­rawi orga­niz­zano a Laay­oune, capi­tale del Sahara Occi­den­tale, e negli altri cen­tri della regione ogni 15 del mese, ven­gano, come è suc­cesso anche pochi giorni fa, pun­tual­mente represse con estrema bru­ta­lità e con con­se­guenze giu­di­zia­rie molto gravi nei con­fronti di chi è per­se­gui­tato dalla poli­zia e dall’esercito maroc­chino, dimo­strando ancora una volta la neces­sità di vigi­lare su que­sto punto.

«Il Marocco non vuole nes­suna solu­zione — ha denun­ciato Fatima Mafud, vice-presidente del Fronte poli­sa­rio in Ita­lia – non vuole orga­niz­zare alcun refe­ren­dum e vuole con­ti­nuare a tenere 160mila sol­dati lungo il muro del Sahara Occi­den­tale rele­gando fuori dai con­fini i nostri profughi».

Sul fronte della repres­sione par­lano chiaro anche le denunce di Amne­sty Inter­na­tio­nal e di osser­va­trici come l’avvocata Fran­ce­sca Doria più volte testi­mone ocu­lare di epi­sodi di ritor­sione con­tro chi, tra i sah­rawi, si azzar­dasse a par­lare con stra­nieri reca­tisi in Marocco per denun­ciare quello che suc­cede. Lo scorso anno 23 mili­tanti sah­rawi sono stati con­dan­nati chi all’ergastolo, 9 per l’esattezza, chi a pene varia­bili tra i 20 e i 30 anni, per gli scon­tri che si erano veri­fi­cati l’8 novem­bre del 2010 quando le forze di sicu­rezza maroc­chine sman­tel­la­rono il campo di pro­te­sta di Gdim Izik. Il bilan­cio fu di 11 mem­bri delle forze di sicu­rezza e 2 sah­rawi uccisi e di cen­ti­naia di arre­sti. Quel campo era stato rea­liz­zato per chie­dere diritti, lavoro e alloggi ade­guati e ospi­tava 20.000 per­sone. A que­sto dob­biamo aggiun­gere l’impunità per i cri­mini com­messi dalle forze maroc­chine con­tro donne, uomini e bam­bini sah­rawi nei decenni pas­sati, quando cen­ti­naia di per­sone scom­pa­ri­rono e i cui resti ogni tanto ven­gono ritro­vati in cam­pa­gna. Il tutto senza che que­gli orga­ni­smi per i diritti umani dei quali la Fran­cia si fida si muo­vano per indi­vi­duare i responsabili.

Vale la pena ricor­dare che la Repub­blica demo­cra­tica araba Sah­rawi è stata fon­data nel 1976 e rico­no­sciuta da circa 80 paesi, in mag­gio­ranza afri­cani e latino-americani. L’Europa, pur mani­fe­stando a parole buone inten­zioni, non si è mai spinta a rico­no­scere la Rasd.

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