Padoan : «Il bonus deve restare Solo così le famiglie tornano a spendere»

Padoan : «Il bonus deve restare Solo così le famiglie tornano a spendere»

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ROMA — «C’è una ripresa dell’economia che è ancora debole ma che si sta pian piano rafforzando. Dare uno stimolo alle famiglie a reddito medio-basso può avere un effetto immediato, che sarà tanto più forte quanto migliori saranno le aspettative — dice il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan —. Se la fiducia si rafforzerà, allora ci sarà più propensione a spendere piuttosto che a risparmiare. Mi aspetto quindi che sia dal lato delle famiglie che delle imprese, che avranno un taglio dell’Irap del 10%, ci sia una maggiore propensione a spendere e a investire. E quindi una maggiore crescita dell’economia».
Il prodotto interno lordo crescerà nel 2014 più dello 0,8%?
«Credo proprio di sì, anche se non si può stimare di quanto. Il decreto che abbiamo approvato è una componente della strategia di riforme, comprese quelle istituzionali. Penso ci siano le condizioni per un salto di qualità. L’Italia finora ha sofferto di una percezione di qualità mediamente peggiore di quella di altri Paesi. C’è un enorme problema di fiducia nell’Italia. Per questo dobbiamo innanzitutto fare le cose seriamente: riforme strutturali, coperture che garantiscano l’equilibrio finanziario. Fatto questo si può andare in Europa e dire: cerchiamo di essere ragionevoli e avere regole più attente alla crescita e all’occupazione. E questo non lo chiede l’Italia come scusa per una scarsa disciplina finanziaria, ma lo richiedono i fatti e la gente. Veniamo da una recessione cominciata sette anni fa e abbiamo più del 12% di disoccupati. Queste sono le nostre priorità. E dobbiamo fare presto».
Perché?
«Perché lo stato favorevole dei mercati finanziari non durerà in eterno, il ciclo finanziario va verso una fase più restrittiva. I tassi in America riprenderanno a salire e questo ci arriverà addosso. Non abbiamo moltissimo tempo, dobbiamo sfruttare questa finestra di opportunità per fare le riforme e rilanciare l’economia».
Quanto sarebbe costato dare il bonus anche agli «incapienti», quelli con redditi sotto gli 8 mila euro lordi l’anno?
«Almeno un miliardo in più. Ora abbiamo dato una risposta all’obiettivo immediato del presidente del Consiglio di dare 80 euro in più al mese a una fascia di lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, che noi stimiamo di 10 milioni di persone, che nella recessione hanno subito la decurtazione più forte del potere d’acquisto. Per gli incapienti si interverrà probabilmente con la legge di Stabilità per il 2015, anno in cui ci attendiamo dalla spending review risorse sufficienti non solo per rendere strutturale il bonus 2014, ma anche per intervenire a favore dei redditi fino a 8 mila euro».
Nel 2015 interverrete anche a favore dei pensionati, considerando che quasi la metà prende meno di mille euro al mese? Renzi ha recentemente promesso che nel 2015 provvederà. Conferma?
«Confermo innanzitutto che il bonus contenuto nel decreto deve essere permanente, perché se non è permanente non è credibile e non viene speso. Ovviamente cercheremo di allargare il più possibile la platea, compatibilmente con le risorse. E quindi guarderemo anche ai pensionati a basso reddito».
Ministro, lei non conosceva Renzi prima di entrare nel governo. Che cosa la colpisce di più del premier?
«Sicuramente la grande energia, ma anche la capacità di avere il polso del Paese e di leggere, al di là delle convenzioni, come si può dare più fiducia alla gente. Ha un approccio di estrema concretezza».
Discussioni, escludendo il calcio?
«Più che discussioni, un gioco delle parti. Da una parte la sua grande propensione a trovare soldi per risolvere i problemi della gente e dall’altra la necessità, propria del ministro dell’Economia, di richiamare tutti al vincolo dei conti in ordine».
Com’è andata con i suoi colleghi in consiglio dei ministri?
«La riunione era stata preparata. C’è stata una discussione costruttiva».
Con tutti?
«Se vuole farmi dire che ho litigato con questo o con quell’altro, non è andata così. Ci sono alcuni ministeri che sopportano tagli maggiori nel 2014, come l’Agricoltura e la Difesa. Per gli altri i tagli sono più limitati, ma ciò va interpretato come un incentivo a trovare riduzioni di spesa permanenti per gli anni prossimi, perché questo non è che un processo appena iniziato».
Avete portato dal 12 al 26%, il prelievo sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia possedute dalle banche. Una stangata che secondo le banche sarebbe retroattiva, perché i bilanci sono già chiusi, e con evidenti profili di incostituzionalità.
«C’è stato un confronto molto franco con l’Abi, l’associazione delle banche, che è stato risolto perché si interverrà sulla situazione patrimoniale e non sui bilanci».
Lei sposa in pieno questa rivalutazione delle quote decisa dal governo Letta, che invece secondo alcuni sarebbe un regalo alle banche?
«Non è stato un regalo, ma un aggiustamento delle vecchie quote, che non erano mai state rivalutate, al valore di mercato».
Accanto a una tantum come questa, per finanziare il bonus ci sono i tagli della spesa pubblica. Se non dovessero arrivare i 4,5 miliardi attesi, scatteranno clausole di salvaguardia?
«Sì, ci sono clausole di salvaguardia misura per misura, altrimenti il provvedimento non potrebbe ricevere il visto della Ragioneria generale. Clausole che prevedono, secondo i casi, utilizzo di risorse accantonate per altri fini, tagli lineari, aumenti di imposta».
Sicuro che non scatteranno?
«Noi siamo molto fiduciosi che i tagli di spesa funzioneranno e che ne deriveranno i risparmi attesi».
Nel 2015 i tagli dovranno raddoppiare, come farete?
«Nel 2015 le voci una tantum saranno rimpiazzate da tagli permanenti. Si possono fare molti progressi in particolare sull’efficientamento dell’acquisto di beni e servizi. Il lavoro del commissario per la spending review entrerà in una nuova fase: dopo aver individuato cosa aggredire nella spesa dovrà occuparsi dei meccanismi perché a tutti i livelli si spenda meglio».
Anche a livello decentrato, dove i precedenti tentativi sono falliti?
«Sì. Anche Regioni ed enti locali dovranno fare la loro parte in egual misura che lo Stato, con meccanismi che premieranno chi spende meglio e penalizzeranno chi spende peggio. Sia i ministeri sia le autonomie locali hanno libertà su come tagliare nel 2014 i 700 milioni previsti, ma se non lo faranno scatteranno i tagli lineari».
Riuscirete a far vendere le municipalizzate in perdita?
«Le municipalizzate sono troppe. Ci vuole un processo di efficientamento assistito da meccanismi di incentivo e disincentivo. Dobbiamo gestire molto meglio questa materia, come anche credo che molte risorse possano venire dalla dismissione del patrimonio immobiliare. È un tema che sarà nella mia agenda molto presto».
Sulla sanità niente tagli?
«Non ci sono tagli specifici, ma è anche vero che le Regioni possono tagliare voci di spesa sanitaria per ridurre gli sprechi».
Ministro, nonostante il bonus e il taglio dell’Irap, l’Italia resterà ai vertici internazionali del prelievo fiscale. Quando riusciremo a perdere questo primato?
«Intanto cominciamo a ridurre il cuneo fiscale, che è particolarmente alto. Poi attueremo la delega fiscale. Avremo un significativo aumento della base imponibile e del gettito. A quel punto ci sarà un abbattimento del prelievo individuale perché spalmeremo il maggior gettito su una platea più ampia. Ci saranno risultati importanti nella lotta all’evasione».
Da diversi anni non si recuperano più di 12-13 miliardi l’anno su un gettito evaso di 120 miliardi. Perché dovremmo credere alla svolta?
«Nel 2015 prevediamo di aumentare di 3 miliardi il recupero dell’evasione. È possibile con una strategia modulare che riguarderà vari aspetti, dalla trasparenza alla lotta alla criminalità tributaria all’incrocio fra le banche dati. Sulla base dell’esperienza di altri Paesi, posso dire che i risultati maggiori si hanno modernizzando l’amministrazione tributaria, cambiando il rapporto fiduciario coi contribuenti».
Che ne pensa del contrasto d’interessi. La possibilità, per esempio, di detrarre la ricevuta dell’idraulico?
«Che se si stabilisce un rapporto nuovo tra Fisco e contribuente, ciò determina un cambiamento dei comportamenti. A quel punto non servirà il contrasto d’interessi, il livello di compliance, di fedeltà fiscale, aumenterà automaticamente. Io ho vissuto a lungo in Francia, dove il rapporto col Fisco è appunto molto diverso che da noi: l’idea di evadere o eludere è molto lontana dal modo di pensare della gente normale. In un Paese ad alta evasione come il nostro non è così. È questo che dobbiamo cambiare. Non si fa da un giorno all’altro, ma è il nostro obiettivo. Quindi: amministrazione trasparente, non vessatoria, più efficiente, usando le nuove tecnologie».
Anche con l’invio a casa della dichiarazione dei redditi precompilata?
«Sì. Cominceremo con i dipendenti pubblici e i pensionati, nel 2015».
Ministro, la manovra è soggetta al via libera della commissione europea, che lei ha informato del rinvio del pareggio strutturale di bilancio al 2016. Se il parere fosse negativo?
«La commissione ci darà un parere a maggio, dopo le sue previsioni economiche. Penso ci siano ragioni molto valide, sia in termini di eventi eccezionali sia di intensità delle riforme strutturali, per giustificare un leggero rallentamento del percorso di rientro. Aggiungo che molti Paesi sono ancora nella zona di deficit eccessivo dalla quale l’Italia è uscita. Se il nostro Paese non avesse il debito che ha, la nostra posizione fiscale sarebbe di gran lunga una delle più solide della zona euro. La riduzione del debito è essenzialmente un problema di crescita».
Glielo chiedo anche da economista. Un po’ di inflazione farebbe bene all’Italia?
«Se l’inflazione obiettivo per la zona euro, cioè il 2%, fosse effettivamente raggiunta, staremmo meglio tutti».
Enrico Marro


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