Renzi e il fantasma del bonus da 80 euro

Renzi e il fantasma del bonus da 80 euro

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Il governo si avvia a varare venerdì il decreto sugli 80 euro al mese in busta paga senza coper­ture men­tre 10 milioni di ita­liani non rice­ve­ranno 960 euro pro­messi in un anno, ma tra 451 e 796 euro, 40–65 euro netti al mese, a seconda del loro red­dito da lavo­ra­tori dipen­denti. È stata que­sta la valu­ta­zione del pre­si­dente dell’Istat Anto­nio Golini durante l’audizione di ieri davanti alle com­mis­sioni bilan­cio di Camera e Senato. Le com­mis­sioni hanno ascol­tato anche il vice-direttore Luigi Signo­rini di Ban­ki­ta­lia e il pre­si­dente della Corte dei Conti Raf­faele Squi­tieri che hanno sol­le­vato una fitta neb­bia di dubbi e incer­tezze sulle pro­messe elet­to­rali sul bonus di Mat­teo Renzi e segna­lano il dif­fi­cile pas­sag­gio che in que­ste ore sta affron­tando il mini­stro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Le mag­giori per­ples­sità sono state espresse dalla Banca d’Italia secondo la quale i risparmi della spen­ding review non baste­reb­bero a finan­ziare la «quat­tor­di­ce­sima» pro­messa al ceto medio impo­ve­rito. Oltre allo sgra­vio dell’Irpef, Renzi deve evi­tare l’aumento delle entrate e tro­vare la coper­tura per le spese cor­renti. Ban­ki­ta­lia ha fatto que­ste cifre: 3,7 e 10 miliardi rispet­ti­va­mente per il 2015, 2016 e 2017 da adot­tare se la revi­sione della spesa non desse risul­tati suf­fi­cienti. Già dal 2015 i soldi presi dai tagli di Cot­ta­relli non baste­ranno per tenere i conti in ordine.
Quanto all’altro pila­stro di que­sta stra­te­gia sono le pri­va­tiz­za­zioni. Ban­ki­ta­lia è stata impie­tosa e giu­dica «ambi­ziosa» l’idea del governo di otte­nere uno 0,7% di Pil dalle pri­va­tiz­za­zione degli asset sta­tali per i quali lunedì Renzi ha nomi­nati i ver­tici in accordo con Ber­lu­sconi. La valu­ta­zione di via Nazio­nale fa tre­mare i polsi, rivela le vel­leità attuali del governo e instilla un timore per il futuro. «Negli ultimi 10 anni gli importi da dismis­sioni mobi­liari sono stati pari a 0,2 punti di Pil in media l’anno».
Ban­ki­ta­lia rilan­cia tut­ta­via l’idea di «un rapido e pre­ciso pro­gramma di dismis­sioni» seguendo l’idea dell’«austerità espan­siva»: più tagli alla spesa e alle pro­prietà pub­bli­che per finan­ziare una cre­scita che la stessa banca cen­trale giu­dica molto fra­gile. Pren­dendo per buone le stime del governo: lo 0,8% con­tro il 3,6% della cre­scita glo­bale. Ma la per­cen­tuale rischia di essere infe­riore ed è escluso pro­duca mag­giore occu­pa­zione come ha con­fer­mato ieri l’Ocse. L’occupazione in Ita­lia è circa 10 punti più bassa degli altri paesi: il 55,5% con­tro il 65,3%. Peg­gio di noi stanno solo la Gre­cia, Spa­gna e Turchia.

Con­tro la disoc­cu­pa­zione occor­rebbe una «cre­scita robu­sta e dura­tura» e tagli strut­tu­rali della spesa pub­blica. Un inca­stro dif­fi­cile da otte­nere oggi. Una richie­sta avan­zata anche dal pre­si­dente della Corte dei Conti Raf­faele Squi­tieri secondo il quale la revi­sione della spesa non dev’essere «ispi­rata da esi­genze di coper­tura finan­zia­ria, ma devono basarsi su una chiara stra­te­gia di governo della spesa.

Cre­sce la ten­sione in vista dei tagli strut­tu­rali al debito pub­blico sta­bi­liti dal Fiscal Com­pact che entrerà in vigore dal 2016, obbli­gando il governo a tagliarlo di un ven­te­simo all’anno: 50 miliardi di euro fino al 2036. La cre­scita ane­mica, il bonus elet­to­rale degli 80 euro, l’incertezza delle coper­ture met­tono a rischio que­sto impe­gno. L’Italia dovrebbe pas­sare dal 134,9% di debito pub­blico nel 2014 al 120% del Pil entro il 2018. Nel Def il governo ha inol­tre pre­vi­sto il rin­vio al 2016 del pareg­gio strut­tu­rale del bilan­cio, ma per farlo avrà biso­gno della mag­gio­ranza asso­luta in Par­la­mento e di una valu­ta­zione aggiun­tiva dalla Com­mis­sione Ue. «Que­sta richie­sta di deroga – ha aggiunto Squi­tieri – non sem­bra incon­ci­lia­bile con le indi­ca­zioni europee».

Ieri tutta la destra, a comin­ciare da Renato Bru­netta (Forza Ita­lia) si è fion­data sul governo urlando con­tro le pro­messe con le gambe corte di Renzi, al quale non resta altro che tro­vare solide coper­ture per il suo pro­getto di «auste­rità espansiva».

Quanto alla sini­stra sin­da­cale e Pd, ieri impe­gnata al con­gresso Spi-Cgil, non è inter­ve­nuta sulle pre­vi­sioni fatte in par­la­mento. Susanna Camusso per la Cgil, e Gianni Cuperlo per la mino­ranza Pd si sono augu­rati l’estensione degli 80 euro per «i pen­sio­nati e gli inca­pienti». Il mini­stro dell’Interno Alfano pro­mette il bonus anche alle par­tite Iva con red­dito infe­riore a 25 mila euro e senza dipen­denti. Vedremo con quali risorse.

Stasi, incer­tezza e oscuri pre­sagi che il sot­to­se­gre­ta­rio alla pre­si­denza del Con­si­glio Del Rio cerca di evi­tare. Per lui i tagli alla scuola, che stanno allar­mando tutti, con­si­ste­ranno nel rispar­mio sui con­tratti di ser­vi­zio con i for­ni­tori e pro­mette di usare il bisturi per tagliare la spesa sani­ta­ria da 1,5 miliardi.


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