Salvataggio Alitalia, frenata di Etihad

ROMA — Alcune certezze e la consegna del silenzio in una delle fasi più delicate per il destino di Alitalia. Il consiglio di amministrazione di ieri è stato il primo all’indomani delle dure condizioni avanzate da Etihad per restare al tavolo del negoziato con l’ex compagnia di bandiera. Nel corso della riunione sarebbe stato presentato il documento in cui la società emiratina ha illustrato le ragioni che l’hanno spinta a ritardare un’offerta. Il nodo principale, del resto, è legato alla gestione dei circa 400 milioni di euro di debiti nei confronti del sistema bancario. Un’eventuale apertura di Etihad sarebbe, infatti, incardinata e subordinata alla condizione che l’iniezione di nuove risorse vada interamente a servizio di nuove iniziative. In altri termini, il vettore di Abu Dhabi non intende figurare come una ciambella di salvataggio, accollandosi debiti e pregressi fiscali. Fonti vicine al ministero dell’Economia segnalano che ieri «purtroppo» non ci sono state novità di rilievo, tranne la conferma che le condizioni di Etihad sono improntate a fermezza e durezza difficilmente aggirabili. Ai soci italiani, d’altra parte, non sfugge quanto sia ridotta al lumicino la possibilità di intavolare discussioni per contenere le pretese della contraparte. Anche la ritrosia dei due istituti maggiormente esposti nell’operazione, Unicredit ma soprattutto Intesa Sanpaolo, nelle ultime ore avrebbe perso di mordente. Si sta facendo, insomma, strada il convincimento che buona parte dei debiti dovrà essere convertita in capitale della società guidata da Gabriele Del Torchio.
Tanto che ieri per evitare sbavature e fibrillazioni nella trattativa avviata nel novembre scorso, ai partecipanti al consiglio di amministrazione è stato suggerito il più assoluto silenzio. Al termine dell’incontro, durato poco più di due ore, Alitalia ha sintetizzato in poche righe l’impegno del board . In una nota è stato spiegato che il «consiglio ha esaminato l’andamento economico gestionale dei primi mesi dell’anno, in miglioramento rispetto al 2013 ed in linea con le previsioni di piano. L’amministratore delegato ha inoltre illustrato ai consiglieri lo stato delle relazioni con Etihad». Sul tappeto restano gli elementi segnalati nella documentazione elaborata dal management di Etihad. Secondo indiscrezioni, finora non confermate, l’ordine di grandezza degli esuberi stimati è di 2.500-3.000 unità. Un taglio di questa entità preoccupa governo e sindacati che monitorano la situazione senza, peraltro, avere facoltà di incidere nella partita. Oltre agli esuberi nella lettera di Etihad è stato fatto cenno ai contenziosi di Alitalia con le compagnie Air One e Wind Jet. In assenza di visibilità e chiarezza sulle dimensioni delle cause legali e degli eventuali rimborsi che potrebbero scaturirne da Abu Dhabi hanno scelto una soluzione semplice: la manleva sul contenzioso pregresso. Una clausola difficile da digerire per quegli azionisti che vorrebbero sfilarsi da Alitalia limitando i danni. Tanto più considerata la diversa natura degli azionisti: da una parte le banche, dall’altra i soci industriali. Un’ulteriore questione che sta a cuore a Etihad riguarda il progetto di integrazione con il sistema Alta Velocità sulla rete ferroviaria. Altrettanto determinata la visione sul destino di Linate e Malpensa. Nello scalo cittadino milanese Alitalia ha liberato una serie di slot sulla tratta Roma-Milano, che Etihad intenderebbe riconvertire in nuove destinazioni verso città e capitali europee. Per quanto riguarda Malpensa l’obiettivo è di ridurne i volumi di traffico verso destinazioni intercontinentali, dirottando, insomma, i flussi verso lo scalo di Fiumicino.
Andrea Ducci
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