Ucraina, bandiere russe all’Est Si sgretola l’offensiva di Kiev

Ucraina, bandiere russe all’Est Si sgretola l’offensiva di Kiev

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MOSCA — Quella che Mosca continua a definire una quasi guerra civile ha assunto i contorni di una velleitaria operazione militare del governo di Kiev che non riesce a riprendere il controllo dell’Est del Paese. L’intervento dei militari, che è quasi sempre un errore, non ha portato fino ad ora al temuto bagno di sangue ma piuttosto a una figuraccia di chi minacciava di «distruggere» ed «eliminare» i ribelli. I soldatini spediti a riprendere l’aeroporto di Kramatorsk senza viveri e senza ordini precisi sono stati circondati dai civili che protestavano e, fortunatamente, non hanno nemmeno preso in considerazione l’idea di aprire il fuoco sulla folla: «Noi non spariamo certo sui nostri». Un gruppo è stato portato con i suoi sei blindati da trasporto nella vicina città di Slovyansk. Sui mezzi sono saliti miliziani armati che issavano la bandiera russa e che hanno guidato la colonna fin nella piazza centrale dove in un primo momento si era diffusa la notizia sbagliata che le truppe di Kiev avessero attaccato. Invece si trattava dei blindati catturati (ma senza sparare un colpo). I soldati sono stati disarmati, sfamati (erano quattro giorni che quasi non mangiavano, hanno detto a un giornalista russo) e rimandati a casa.
Vicino a Kramatorsk, dove le truppe avevano ripreso l’aeroporto, una quindicina di blindati sono finiti circondati dai manifestanti che hanno consentito ai soldati di allontanarsi solo dopo che avevano reso inoffensivi i fucili togliendo gli otturatori. Per le strade, carri armati bloccati in mezzo alla folla, uomini che solidarizzavano con la popolazione, generali sempre più in difficoltà. Altri quattro blindati si sarebbero persi, finendo in mezzo ai ribelli. Inseguiti da uomini a bordo di quad (fuoristrada leggeri a 4 ruote) sarebbero riusciti a far perdere le proprie tracce.
Il fallimento dell’operazione antiterrorismo, dunque, ma anche un problema per Vladimir Putin che ancora ieri al telefono con Angela Merkel insisteva sul rischio imminente di guerra civile. Ma come si fa a parlarne quando i soldati stanno tranquillamente in mezzo ai civili?
Al vertice internazionale previsto per oggi a Ginevra gli uomini di Kiev saranno senz’altro in difficoltà visto che l’Est è innegabilmente compatto nel rifiutare gli ordini che arrivano dalla capitale. Ma anche la Russia avrà problemi a giustificare la presenza di almeno 35 mila uomini in assetto di guerra ai confini con il «Paese fratello». Quegli uomini che, se l’operazione antiterrorismo di Kiev avesse portato a conflitti a fuoco generalizzati con decine di morti, sarebbero probabilmente entrati in Ucraina per «salvare» la popolazione russofona.
La Nato intanto rafforza il suo dispositivo militare nei Paesi di confine, i Baltici e la Polonia che si sentono fortemente minacciati. E l’Unione Europea prepara nuove sanzioni da applicare se le cose peggioreranno. Nel caso, non saranno indolori nemmeno per i Paesi membri, tanto che la Commissione ieri ha scritto a ciascuno di essi per spiegare i problemi che potrà incontrare. Ma per ora si spera nella diplomazia, anche perché qualche segnale positivo arriva.
A Odessa, dove sembrava che si stesse per proclamare un’altra Repubblica indipendente come a Donetsk, gli insorti hanno fatto marcia indietro e hanno spiegato di non volere andarsene ma di pretendere solo maggiore autonomia. La stessa che propone il Partito delle Regioni, quello che aveva portato alla presidenza Viktor Yanukovich e che è ancora forte all’Est. Niente annessione alla Federazione russa, ma una forte autonomia con elezione diretta dei governatori e dei consigli regionali, oltre allo status di seconda lingua nazionale per il russo che oggi è solo idioma regionale. Il Partito, inoltre, ha chiesto a Kiev di fermare l’esercito, ma anche agli indipendentisti di liberare tutti gli edifici pubblici occupati e di tornare a casa.
Fabrizio Dragosei


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