Arresto di Gerry Adams, manovra di «forze oscure» contro la pace
Il terzo giorno trascorso da Jerry Adams sotto interrogatorio nella stazione di polizia di Antrim — presso la quale il presidente del Sinn Féin era spontaneamente presentato lo scorso mercoledì — dimostra quanta brace dei Troubles, i disordini, ancora cova sotto la cenere del Good Friday agreement. Secondo il Terrorism Act del 2000, Adams può restare nelle mani della polizia fini a ventotto giorni prima che sia formalizzata un’accusa. Il suo arresto arriva dopo che già il mese scorso un ex-negoziatore dell’Ira, Ivor Bell, era stato accusato di complicità nell’omicidio. In caso di accusa, le ripercussioni sarebbero enormi.
Adams, metà della diarchia — l’altra è il vicepremier nordirlandese Martin McGuinness – ai vertici del partito repubblicano Sinn Féin, al governo in Irlanda del Nord con gli «ex» nemici unionisti, si difende dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio punitivo di Jean McConville, vedova e madre di dieci figli, «scomparsa» nel dicembre del 1972 e il cui corpo fu ritrovato per caso su una spiaggia nel 2003. McConville, già protestante convertita e residente nella Belfast Ovest a maggioranza cattolica, fu rapita in casa sua da un commando speciale dell’Ira di una diecina di membri, costituito al fine di punire gli informatori dell’esercito britannico tra le proprie fila. L’accusa che la voleva un’informatrice della polizia è stata smontata da successive indagini; i figli sostengono che sia stata invece punita per aver soccorso un soldato inglese durante gli scontri. Gli «scomparsi» (disappeared) di quell’epoca sono circa una quindicina; fino adesso sono stati rinvenuti sette corpi.
Siamo al culmine di un percorso binario. Da una parte, lo sviluppo giudiziario di indagini su crimini commessi quasi mezzo secolo fa; dall’altra, la parabola politica del partito di Adams, il Sinn Féin che, dopo aver rinunciato alla lotta armata, oggi punta sia sulle elezioni Europee sia sulle amministrative (in Irlanda). E la cui performance elettorale non può che essere danneggiata dai recenti eventi. Su Adams, già in passato oggetto di tentato omicidio e incarcerazione, pesano le testimonianze su nastro, rilasciate nel corso di un lavoro di storia orale svolto dal Boston College, di alcuni ex compagni paramilitari. Avrebbero dovuto essere pubblicate solo dopo il decesso degli interessati, ma la polizia nordirlandese le ha requisite di recente. Lo indicano come la mente e organizzatore dell’omicidio. Lui ha negato qualsiasi coinvolgimento, ribadendo, oltre alla propria innocenza, di non dissociarsi dall’Ira ma di non averne nemmeno mai fatto veramente parte. Ma una delle figlie di McConville, Helen McKendry, si è detta «pronta a fare i nomi» per nulla spaventata da possibili rappresaglie delle odierne fazioni dissidenti, le «Real Ira» e «Continuity Ira», che rifiutano il processo di pace.
Che la scia di sangue dei Troubles, frettolosamente archiviata nel 1997, sarebbe riemersa anche se mezzo secolo dopo i fatti era abbastanza prevedibile. Naturalmente le implicazioni politiche ci sono, e forti. Martin McGuinness le ha subito individuate nella sospetta prossimità fra il fermo di Adams e le elezioni Europee e amministrative (in Irlanda), che si terranno fra poche settimane. Si tratterebbe, secondo McGuinness, di una manovra da attribuirsi a «forze oscure» nella Police Service of Northern Ireland (Psni), che attualmente trattiene Adams e il cui scopo occulto sarebbe quello di far deragliare la pace, oltre che le elezioni. Cosa che il leader unionista Robinson e David Cameron hanno immediatamente smentito.
Se l’attacco di McGuinness alla polizia pare anzi misurato, è perché la cogestione delle forze di polizia assieme agli unionisti è indispensabile alla tenuta del governo di unità nazionale composto dai due partiti, senza la quale sfumerebbero tutti i progressi di questa lenta riconciliazione.
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