Il contrattacco dei sindacati al premier

by redazione | 5 Maggio 2014 7:55

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ROMA — Matteo Renzi insiste, spiega che vuole «cambiare il Palazzo» e abbattere le resistenze corporative. Al Corriere della Sera spiega che «non sarà un sindacato a bloccarci» e aggiunge: «Non vorrei che la polemica derivasse dal fatto che si dimezza il monte ore dei permessi sindacali e che i sindacati saranno obbligati a mettere online ogni centesimo di spesa». Proprio dalle confederazioni sindacali arrivano le critiche più forti alle sue parole e al decreto sul lavoro.
Il segretario della Cgil Susanna Camusso, a chi le chiede di replicare all’affermazione «i sindacati non mi fermeranno», risponde ironica: «Com’era l’hashtag, #amicigufi?». Riferimento a un tweet di qualche giorno fa con il quale Renzi si rivolgeva, con acre ironia, a chi da sinistra nutre dubbi sulla sua azione riformatrice. Altro non dice, la Camusso, a parte: «Per noi parlano le cose che facciamo». Raffaele Bonanni, leader della Cisl, è più loquace: «Il governo vuole fare tutto a scavalco delle parti sociali, perché pensa solo a trovare una mediazione tra i soggetti politici. Ma questo è un comportamento lesivo dei criteri democratici che anche questo governo deve rispettare». E ancora: «Non abbiamo nessun interesse a fermare Renzi su una strada che lui vuole condurre e che è quella di non fare assolutamente nulla. Sono tre mesi che Renzi ci parla del Jobs act, ma ci pare che siamo di fronte a un Jobs ghost». Rassicura il premier, invece, il segretario della Uil Luigi Angeletti: «A Renzi dico di essere sereno che i sindacati non frenano, non ne abbiamo nessunissimo interesse».
A difesa del premier scende il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia, che spiega: «In Renzi vedo una capacità di rompere la ritualità che va oltre Berlusconi. Non cerca il politically correct , ma va al punto senza seguire metodi e rituali che erano pieni di falsità». Poi, riferendosi alle giornate del lavoro organizzate a Rimini dalla Cgil, dice: «Renzi ascolta con metodi diversi dal passato. Noi ascolteremo tutte le parole che verranno dette a Rimini e le proposte che da lì arriveranno. Mi aspetto suggerimenti, ma non per forza bisogna andare lì fisicamente». A sostegno di Renzi interviene anche la vicepresidente della Camera Marina Sereni: «Da troppi anni aspettiamo che la classe dirigente trovi il coraggio e la forza di rompere i tanti conservatorismi che frenano l’Italia. E ora abbiamo un presidente del Consiglio che non si ferma di fronte alle prime resistenze».
Resistenze che arrivano da più fronti e coinvolgono diversi aspetti. Come quello dei prefetti, che Renzi ritiene necessario diminuire nel numero, perché «appartengono a un modello di Stato diverso da quello di oggi». Gianfranco Rotondi, Forza Italia, si occupa proprio di questo: «Dai banchi del governo ombra vorrei ricordare al presidente del governo che i prefetti sono stati nella storia repubblicana l’immagine e la presenza del governo nel Paese». Quelli di Renzi sono «solo slogan», dice Anna Maria Bernini, mentre per Daniela Santanché il premier corre un rischio: «A Renzi sta venendo il complesso di piacere a tutti e così il rischio è quello di non piacere a nessuno. Questo decreto legge sul lavoro ne è la dimostrazione: un pasticcio che non accontenta né i lavoratori né le imprese». E se per il leghista Matteo Salvini Renzi non è «né carne né pesce» e anzi il suo governo è «l’anticamera della dittatura», il Mattinale (la nota politica del gruppo di Forza Italia) sottolinea «l’ipocrisia della sinistra che preferisce un presidenzialismo strisciante a un presidenzialismo vero o a un premierato a suffragio universale. Berlusconi rovescia il secchio delle finte riforme annunciate e mai fatte».
Alessandro Trocino

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