Decreto lavoro, protesta poi la fiducia I senatori del M5S si ammanettano

Decreto lavoro, protesta poi la fiducia I senatori del M5S si ammanettano

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ROMA — Con la sesta questione di fiducia in poco più di tre mesi di vita, il governo Renzi supera la scoglio del Senato e porta vicino al traguardo il decreto legge che rende più flessibili i contratti a termine. Il testo torna ora alla Camera dove, per non decadere, deve essere approvato entro il 19 maggio. Tempi stretti che rendono probabile anche a Montecitorio il voto di fiducia, che riduce i tempi del dibattito.
I 158 «sì» contati ieri nell’Aula del Senato — compreso quello di Paolo Bonaiuti, l’ex portavoce di Silvio Berlusconi, da poco passato con il partito di Angelino Alfano — segnano un leggero passo indietro nel pallottoliere della fiducia al governo: i voti a favore erano stati 160 per il disegno di legge sulle Province, 169 quando il governo aveva presentato per la prima volta il suo programma a fine febbraio. I «no» sono arrivati da Forza Italia, Lega, Sel e Movimento 5 Stelle. Per protesta contro il ricorso alla fiducia e contro le misure contenute nel decreto, i senatori di Grillo hanno parlato di «abolizione della democrazia» e di un «Parlamento espropriato di ogni funzione». Per questo si sono ammanettati in Aula, sfilando la giacca e indossando una maglietta con la scritta «Schiavi mai» contro quello che hanno ribattezzato «Precari act». Un episodio che ha portato ad una breve sospensione dei lavori e al richiamo da parte di Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato che in quel momento guidava il dibattito. Calderoli ha prima usato l’ironia: «Sospendo e vado a cercare il fabbro», «gli spogliarelli non sono consentiti e quando ci sono certi fisici sono anche sconsigliati». Poi ha minacciato addirittura l’arresto di chi stava protestando. Non si è arrivati a tanto perché manette e magliette sono sparite in pochi minuti, aprendo la strada al voto e quindi all’approvazione. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dice che la protesta del Movimento 5 Stelle «non desta meraviglia» perché Renzi «fa le cose e prova a costruire un governo di svolta mentre loro perdono solo tempo». E poi aggiunge che «siamo tranquillamente dentro i tempi di conversione».
Il maxiemendamento del governo sul quale ieri l’Aula del Senato ha votato la fiducia riprende pari pari il decreto uscito dalla commissione Lavoro. La durata massima del contratto a termine senza causale, quello più flessibile di tutti, passa da uno a tre anni. In compenso la percentuale dei lavoratori con contratto a termine non può superare il 20% dei dipendenti all’interno della stessa azienda. Sono consentite al massimo cinque proroghe, un tetto abbassato alla Camera rispetto al testo uscito da Palazzo Chigi che ne indicava otto. Proprio per bilanciare questa modifica, che riduce l’iniezione di flessibilità prevista dal decreto, il Senato ha però ammorbidito le sanzioni per chi supera il tetto del 20%. Non c’è più l’obbligo di assunzione dei lavoratori che portano a sforare la soglia, come nella versione arrivata dalla Camera. Ma una semplice sanzione pecuniaria che, a seconda della gravità, può andare dal 20 al 50% dello stipendio previsto per i contratti a termine in eccesso. Sull’apprendistato, il contratto che almeno nelle intenzioni dovrebbe essere il principale canale di accesso al mercato del lavoro, sale da 30 a 50 il numero di dipendenti che l’azienda deve avere per far scattare l’obbligo di assumere definitivamente il 20% degli apprendisti prima di poterne prendere altri. C’è poi una modifica più politica, inserita nel famoso preambolo che introduce il testo del decreto. Poche parole che vincolano il governo a studiare il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, con il licenziamento che diventa più oneroso con l’aumento degli anni di servizio. L’impegno è di inserirlo nel vero e proprio Jobs Act , il disegno di legge delega già presentato dal governo che dovrebbe riformare tutto il mercato del lavoro, compresi gli ammortizzatori sociali. Ma per questo provvedimento non c’è la corsia veloce del decreto legge e i tempi saranno lunghi. Salvo sorprese, invece, i contratti a termine più flessibili saranno definitivamente legge nel giro di dieci giorni.
Lorenzo Salvia



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