Expo Pride: lavorare gratis a Milano

Expo Pride: lavorare gratis a Milano

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Metti il lavoro gra­tis di 18.500 mila gio­vani e stu­denti volon­tari, men­tre la magi­stra­tura indaga su un giro di maz­zette milio­na­rie, arre­sta impren­di­tori e lob­bi­sti e avrai un grande evento: l’Expo a Milano. Metti i comu­ni­ca­tori che chie­dono «con­si­gli» alla rete su come miglio­rare la ker­messe che, nelle inten­zioni delle alte sfere dello Stato, dovrebbe rilan­ciare la ripresa eco­no­mica. Metti la rete più poli­tica cri­tica e bril­lante che c’è in Ita­lia e avrai uno squar­cio sul futuro del pre­ca­riato in Ita­lia: il lavoro gratis.

Sono que­sti gli ele­menti che hanno dato vita il 21 mag­gio 2014 a quello che in gergo si chiama «epic­fail» nella comu­ni­ca­zione, una cata­strofe epica. Per la prima volta da quando i sin­da­cati e l’Expo spa hanno siglato l’accordo sul lavoro all’Expo nel luglio 2013 c’è stato un goffo ten­ta­tivo di Expo 2015 di cimen­tarsi in una discus­sione tra­spa­rente su un argo­mento che imba­razza tutti e viene taciuto come il nefas – il non dici­bile – in una tra­ge­dia greca.

L’hashtag su twit­ter #AskExpo è stato som­merso dai mes­saggi di cen­ti­naia di per­sone che hanno chie­sto spie­ga­zioni su un accordo che, per la prima volta nella sto­ria del diritto del lavoro ita­liano, legit­tima il lavoro gra­tuito del 90% della forza lavoro impie­gata diret­ta­mente nel «grande evento», men­tre solo 835 per­sone, tra sta­gi­sti, appren­di­sti e con­trat­ti­sti a ter­mine, ver­ranno «assunte» da 7 o 12 mesi. «Per­ché #Expo2015 — che doveva creare lavoro– scom­mette sul volon­ta­riato?» scrive @TwashWish. «Un evento pub­blico pagato con soldi pub­blici, soste­nuto al 90% con lavoro gra­tis, chi gua­da­gna però è pri­vato per­ché?» domanda @ufo_inthesky.

Ine­vi­ta­bile è stato l’intreccio tra il lavoro gra­tuito e gli arre­sti dell’8 mag­gio della «cupola degli appalti» com­po­sta tra gli altri dal diret­tore gene­rale di Expo 2015 Spa, Angelo Paris, vari impren­di­tori e lob­bi­sti pro­ve­nienti da tan­gen­to­poli. «Con tutti i milioni inve­stiti (alcuni magi­ca­mente scom­parsi) che avete preso, mi venite a chie­dere di volon­tari?». La sequenza dei tweet è stata rac­con­tata in que­sti sto­rify: #askexpo #epic­fail di San Pre­ca­rio; Expo 2015: sci­vo­lone sul volon­ta­riato, epic­fail sui social­me­dia del labo­ra­to­rio Off Topic; in que­sto Tweet­book

Con­tro la cor­ru­zione, la spe­cu­la­zione e il lavoro gra­tis pro­dotti dall’Expo il primo mag­gio scorso è sfi­lata la May­day a Milano. Il movi­mento NoExpo, com­po­sto da cen­tri sociali mila­nesi, dalla rete «atti­tu­dine NoExpo» e dai comi­tati civici come i NoCa­nal, pro­mette bat­ta­glia per tutto il pros­simo anno. In que­sta cor­nice, si inse­ri­sce un’altra ver­go­gna tenuta ben nasco­sta: il taglio di 25 milioni di euro ai fondi per la sta­bi­liz­za­zione dei pre­cari della pub­blica ammi­ni­stra­zione desti­nati al comune di Milano per Expo2015. La norma è stata inse­rita pro­di­to­ria­mente nel «piano Lupi» sull’emergenza abi­ta­tiva con il quale il governo Renzi si ven­di­cherà con­tro i poveri che occu­pano le case tagliando luce, acqua e gas.
Dal twit­ter uffi­ciale Expo 2015 assi­cu­rano che il numero dei volon­tari è stato ridotto a 10 mila, 7 mila dei quali saranno impe­gnati fino a 14 giorni.

La ragione del ridi­men­sio­na­mento dei numeri non è stata spie­gata, forse si teme che i volon­tari chia­mati a lavo­rare gra­tis non rispon­dano con l’entusiasmo auspi­cato all’inizio. Il pro­gramma pre­vede un dop­pio bina­rio: un’«esperienza breve» per chi vuole dedi­care all’evento 5 ore e mezza del suo tempo per due set­ti­mane. Ci sono poi i volon­tari di «lungo periodo» che potranno par­te­ci­pare a pro­getti di ser­vi­zio civile e di «Dote Comune Expo» per il seme­stre di Expo per 5 giorni a set­ti­mana. I «volon­tari per un giorno» sono volon­tari azien­dali. Per 5 ore al giorno si dedi­che­ranno ad Expo. Gli stu­denti del Pro­getto scuola faranno da guide ai coe­ta­nei nei padi­glioni. La sele­zione verrà gestita dai Cen­tri di ser­vi­zio per il volon­ta­riato (Csv) e dai sin­da­cati che for­me­ranno i volon­tari selezionati.

Nelle pros­sime set­ti­mane par­ti­ranno inol­tre le pro­ce­dure per l’assunzione di altri 340 lavo­ra­tori under 29 per i ruoli di sup­porto e segre­te­ria e di 195 sta­gi­sti con un rim­borso da 516 euro men­sili. Il 10% di que­ste assun­zioni a ter­mine ver­ranno effet­tuate tra i lavo­ra­tori che si tro­vano in cassa inte­gra­zione straor­di­na­ria o in deroga, sono in mobi­lità o in disoc­cu­pa­zione. Con ogni pro­ba­bi­lità, al ter­mine dell’esposizione, tor­ne­ranno ad essere pre­cari in attesa di una chia­mata in occa­sione di una fiera, un festi­val o un intrat­te­ni­mento pro­dotto dal bacino del lavoro imma­te­riale mila­nese. Uno degli aspetti più inquie­tanti dell’accordo Expo è la crea­zione di un dop­pio livello tra pre­cari e volon­tari: da una parte ci sono i con­trat­ti­sti a ter­mine, appren­di­sti e sta­gi­sti che otter­ranno qua­li­fi­che di «ope­ra­tore Grande Evento», «spe­cia­li­sta grande Evento» o di «tec­nico sistemi di gestione Grande Evento». Dall’altra parte, ci sono le «sen­ti­nelle» che lavo­rano gra­tis e devono dimo­strare di con­di­vi­dere i valori dell’Expo: «nutrire il pia­neta» e «assi­cu­rare un’alimentazione buona, sana, suf­fi­ciente e sostenibile».

Valori, in effetti, dif­fi­cili da non con­di­vi­dere. L’Expo 2015 chiede ai volon­tari l’impegno gra­tuito del tempo in cam­bio di una vetrina per­sona in cui allar­gare il «net­work rela­zio­nale», spe­rando in uno stage o in un lavoro.
Per entrambi il destino è unico, quello della «porta gire­vole»: chi lavora pas­serà il tempo tra il nero e il som­merso, tra l’inoccupazione e l’apprendistato, tra il pre­ca­riato e il lavoro gra­tuito. E vice­versa, all’infinito.

Con il con­senso dei sin­da­cati, quello dell’Expo è solo il primo passo verso la gene­ra­liz­za­zione del lavoro sot­to­pa­gato o gra­tuito in tutto il paese. Appog­gian­dosi alle reti del volon­ta­riato e del terzo set­tore si vuole met­tere in con­cor­renza pre­cari e volon­tari bru­cian­doli in nome del «sem­pre meglio che niente». Meglio essere schiavi che disoccupati.


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