Fiat, le nuove promesse di Marchionne

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Dopo tante attese ecco final­mente il piano indu­striale per il gruppo Chry­sler­Fiat da qui al 2018. Biso­gna pre­li­mi­nar­mente ricor­dare che i pro­grammi annun­ciati da Ser­gio Marchionne nel 2006 e nel 2010 per il solo gruppo Fiat non sono poi certo risul­tati rea­li­stici. In par­ti­co­lare quello del 2010 pro­met­teva, come è noto, 20 miliardi di inve­sti­menti per il nostro paese, una pro­du­zione, sem­pre in Ita­lia, di 1,4 milioni di vet­ture, non­ché l’occupazione per tutti i nostri lavoratori.

Ad un certo punto l’amministratore dele­gato era arri­vato a pre­ve­dere, tra l’altro, la ven­dita di 500.000 Alfa Romeo all’anno. Sap­piamo come è andata a finire. Gli inve­sti­menti sono stati di qual­che miliardo di euro, la pro­du­zione nel nostro paese non ha rag­giunto negli ultimi anni nean­che da lon­tano la metà di quanto pro­messo, negli sta­bi­li­menti ancora resi­dui, dopo la chiu­sura di alcuni di essi, per­mane una situa­zione di cassa inte­gra­zione ende­mica; per quanto riguarda l’Alfa Romeo, nel 2013 si è toc­cato il fondo, con sole 73.000 unità vendute.

Oggi il gruppo italo-americano si ritrova con una red­di­ti­vità com­ples­siva e dei mar­gini ope­ra­tivi molto bassi, delle risorse finan­zia­rie scarse, con un por­ta­fo­glio pro­dotti che sem­bra uscito da un incubo not­turno di qual­cuno dei suoi diri­genti, con la con­se­guente e con­ti­nua per­dita di quote di mer­cato in Europa, con bas­sis­simi livelli di inno­va­zione, in par­ti­co­lare sulle tec­no­lo­gie verdi, non­ché con vistosi buchi a livello di pre­senza geo­gra­fica glo­bale. Il nuovo piano pre­vede, secondo anti­ci­pa­zioni emerse nei giorni scorsi, inve­sti­menti per 30 miliardi di euro, per rag­giun­gere una pro­du­zione di circa 6 milioni di vet­ture all’anno e per coprire alcuni buchi geo­gra­fici e di fasce di mer­cato attual­mente presenti.

La stra­te­gia, che mira in gene­rale a spo­stare l’asse della pro­du­zione verso il seg­mento pre­mium, punta soprat­tutto sul forte svi­luppo delle atti­vità che ruo­tano intorno a due mar­chi, Jeep e Alfa Romeo. Per quanto riguarda il primo, l’obiettivo di ven­dita per il 2018 è fis­sato in 1,9 milioni di unità all’anno, con­tro appena 713 mila nel 2013. Lo svi­luppo si dovrebbe tra l’altro basare sul forte lan­cio del mar­chio in Cina, con tre nuovi modelli, tra cui il nuovo mini suv, che dovrebbe essere pro­dotto, oltre che in Cina e in Bra­sile, anche in Ita­lia, non­ché sullo svi­luppo delle ven­dite, oltre che negli Stati Uniti, anche in Europa ed in Ame­rica Latina. Anche per il mar­chio Chry­sler è pre­vi­sta una cre­scita, anche se di dimen­sioni minori: si pas­se­rebbe da 350.000 a 800.000 unità.

Per il vec­chio gruppo Fiat la cre­scita appare invece sotto tono: si pas­se­rebbe da 1,5 a 1,9 milioni di unità nel 2018, con una sostan­ziale sta­bi­lità in Europa e in Ame­rica Latina e uno svi­luppo soprat­tutto in Asia.
Per quanto riguarda l’Alfa Romeo, è pre­vi­sto il lan­cio di otto nuovi modelli con inve­sti­menti per 5 miliardi di euro e il tra­guardo di 400.000 unità ven­dute nel 2018. Il mar­chio ver­rebbe, tra l’altro, final­mente rein­tro­dotto negli Stati Uniti, oltre che anche in altre aree. Il rilan­cio dell’Alfa si inse­ri­sce in un piano più com­ples­sivo di cre­scita della fascia alta della pro­du­zione del gruppo, con i mar­chi Fer­rari e Mase­rati (le ven­dite di quest’ultimo brand stanno andando appa­ren­te­mente bene). Sta­bile infine nel tempo il mar­chio Dodge.

Diversi sono i punti che non con­vin­cono del tutto nel nuovo piano. Ci si chiede intanto da dove ver­ranno tutti i soldi per finan­ziare gli inve­sti­menti annun­ciati, in pre­senza di un inde­bi­ta­mento che attual­mente non appare leg­gero (intorno ai 10 miliardi di euro). Al momento di chiu­dere l’articolo le spie­ga­zioni in merito non erano ancora state date e comun­que c’è abba­stanza scet­ti­ci­smo tra gli analisti.

Appare d’altro canto evi­dente che, anche se il piano avesse suc­cesso, la pre­senza del gruppo in Asia, il mer­cato ormai mag­gior­mente stra­te­gico per l’auto, sarebbe ancora modestissima.

Per quanto riguarda in gene­rale il polo del lusso cre­diamo che l’azienda si trovi di fronte ad un grosso osta­colo; i costrut­tori tede­schi appa­iono avere tali risorse finan­zia­rie, tec­no­lo­gie e radi­ca­mento nei vari mer­cati per scon­fig­gere qual­siasi con­cor­rente che osasse impien­se­rirli vera­mente. Per altro verso, pas­sare da 73 mila a 400 mila unità per il gruppo Alfa in così poco tempo appare molto dif­fi­cile in un seg­mento di mer­cato così complesso.

Per quanto riguarda gli Stati uniti, tale mer­cato, con la forte ripresa degli ultimi anni, ha soste­nuto for­te­mente la cre­scita della Chry­sler; ma quanto potrà durare il boom ora che si sco­pre che le ven­dite di auto nel paese sono gon­fiate da una pesante bolla del cre­dito che appare alla lunga insostenibile?

Dif­fi­cile ci sem­bra poi che siano assor­biti tutti i dipen­denti ita­liani, come Mar­chionne ha pro­messo già qual­che tempo fa. Quel poco che abbiamo sen­tito in pro­po­sito non ci con­vince pie­na­mente, anche se indub­bia­mente il piano potrebbe per­lo­meno por­tare ad un qua­dro note­vol­mente migliore, men­tre nes­suno parla peral­tro dei dipen­denti degli uffici cen­trali di Torino, che, con il tra­sfe­ri­mento del quar­tier gene­rale negli Stati uniti, potreb­bero per­dere il posto.
Ma nei pros­simi giorni avremo forse una infor­ma­zione più chiara e completa.


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