Grillo nel salotto di Vespa: noi la rabbia buona
ROMA — Comincia la giornata avvertendo «Renzie» che lo attende «la lupara bianca», ovvero la sparizione (politica). La termina in una sede per lui inconsueta, lo studio di «Porta a Porta», dove viene accolto dal direttore di Rai Uno Giancarlo Leone e da Bruno Vespa e dove prova (invano) a portare un plastico che raffigura il castello di Lerici con delle segrete da cui spuntano le facce di Renzi, Vespa, Monti e Napolitano.
Il leader dei 5 Stelle smentisce mesi di campagna contro i talk show («ma questa è un’intervista faccia a faccia e non un talk», spiegava in settimana) e contro la Rai. Supera ogni riserva e va in quella tv di Stato con la quale i rapporti si sono chiusi da oltre 20 anni, da quando fu espulso per una battuta sui «socialisti che rubano», che fece infuriare Bettino Craxi e il suo scopritore Pippo Baudo. Ora il grande ritorno, non più da comico ma da capo dei 5 Stelle. «Una mossa politica», la definisce Grillo. Che aveva provato inutilmente ad avere uno streaming , ma che è comunque riuscito a spuntare una diretta, per sventare il rischio «manipolazioni».
Grillo prova a portare con sé il plastico che aveva annunciato ore prima: «Se non me lo fanno portare, potrei anche offendermi e non andare più». Alla fine, però, il castello non viene mostrato in video: «Non mi fanno entrare con cose di plastica e poi fanno entrare Berlusconi…». Grillo, entrando, annuncia «processi online per politici e imprenditori» e nuove gogne che «dureranno un anno» per i cronisti, perché «abbiamo bisogno di uno sputo digitale». Si fa due risate e un «selfie» con Vespa. Ed eccolo in piedi, in studio, con la camicia bianca: «Sono commosso, è dal ‘93 che non vengo in diretta alla Rai». Gironzola per un po’, per sfuggire all’ingessatura del divano bianco, ma stavolta la tecnica del monologo funziona poco, perché Vespa lo incalza più volte: «Sono venuto qua per parlare con chi ha un pregiudizio, per dire che non sono Hitler o Stalin. È vero, qualche volta esagero, ma non abbiamo mai sfasciato vetrine o picchiato in piazza. Grido perché sono arrabbiato, ma è una rabbia buona». Poi le Europee: «Non solo vinceremo, sarà una marcia trionfale». Grillo chiede le dimissioni del presidente Napolitano, la chiusura dell’Expo («è una rapina»), definisce gli 80 euro di Renzi «una depravazione da voto di scambio», propone il reddito di cittadinanza recuperando soldi dai rimborsi elettorali, dai finanziamenti ai giornali, dal gioco d’azzardo online e dalle spese militari. Duetta con Vespa: «Sono qui per un comizio, mica per farmi intervistare da te, che sei un consulente in pensione, un fossile». Prova a mostrare un volto più rassicurante, scherza con «il figlio di Mussolini» (Vespa), cita Benedetto Croce e non dice parolacce: «Ma ogni tanto una serve».
In trasmissione mostra un simbolo della «lotta al sistema»: l’assegno con i cinque milioni che i parlamentari a 5 Stelle restituiranno grazie al dimezzamento del loro stipendio.
Prima di «Porta a Porta» era stata un’altra giornata all’attacco. Dopo le offese rivolte alla Merkel, l’«invito» alla vivisezione di Dudù (con correzione, perché «vogliamo vivisezionare il suo padrone, Berlusconi») e le citazioni di Hitler e di Stalin, in mattinata era toccato ai morti di mafia. «Prevenire è meglio che curare. La lupara bianca attende Renzie che in fondo è uno smargiasso, un fanfarone, ma va avvertito: il Sistema assume i suoi uomini a progetto, se ci riescono, bene, altrimenti vengono fatti scomparire nel nulla. Come per la mafia. Lupara bianca». Il premier replica invitando a usare un linguaggio più moderato e a rispettare i morti di lupara bianca.
Ma Grillo ostenta sicurezza, forte di sondaggi che lo danno sempre in crescita e gioca sui timori degli altri partiti su una sua vittoria: «Sono nel panico, sono terrorizzati! I mezzucci che stanno utilizzando sono ridicoli». Allusione alla segnalazione di una sua attivista, la cui madre avrebbe ricevuto una chiamata da una sezione del Pd per convincerla a non votare M5S. Ogni arma è buona per portare voti e così sul blog si moltiplicano parodie, lettere aperte e post polemici. C’è la rubrica che si chiede «Chi è il più grande contapalle?» (Renzi), la lettera ai piddini scritta imitando Totò e Peppino e perfino l’arruolamento di Rino Gaetano, con la citazione di «E io ci sto» («A te che odi i politici imbrillantinati…»).
Alessandro Trocino
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