Jobs Act, il Senato ci vuole precari per sempre

by redazione | 8 Maggio 2014 13:25

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Il decreto « precari per sem­pre», quello che porta il nome dell’ex pre­si­dente dell’alleanza delle coo­pe­ra­tive Giu­liano Poletti oggi mini­stro del lavoro nel governo Renzi, ha otte­nuto ieri la fidu­cia al Senato e verrà appro­vato senza ulte­riori modi­fi­che dalla Camera entro il 19 mag­gio. I respon­sa­bili di que­sta nuova pre­ca­riz­za­zione dei con­tratti a ter­mine, la forma di lavoro più dif­fusa e ancora mini­ma­mente tute­lata nella giun­gla ita­liana, sono 158 (122 sono stati i con­trari) e ade­ri­scono al Par­tito Demo­cra­tico, al Nuovo Cen­tro Destra e a Scelta Civica.

La tri­plice ha prima con­cor­dato con il governo otto emen­da­menti che hanno peg­gio­rato il «decreto Poletti» uscito dalla Camera, poi hanno votato l’ottava fidu­cia ad un governo in stato con­fu­sio­nale, infine hanno ras­si­cu­rato le imprese: anche il con­tratto di appren­di­stato potrà essere a ter­mine per svol­gere atti­vità sta­gio­nali e non ci sarà più l’obbligo di sta­bi­liz­za­zione per le aziende che sfo­rano il tetto del 20% dei con­tratti a ter­mine. Solo quelle con oltre 50 dipen­denti (e non più di 30) dovranno sta­bi­liz­zare il 20% degli appren­di­sti per poterne assu­merne altri. In più si pagherà una san­zione pecu­nia­ria «ammor­bi­dita» per tenere buone le imprese. Invece di sanare le irre­go­la­rità, lo Stato pre­fe­ri­sce non inter­ve­nire sul pro­blema della con­ver­sione dell’apprendistato in tempo inde­ter­mi­nato. Potrebbe sco­rag­giare le imprese dall’assumere. Imprese che con­ti­nue­ranno comun­que a non assu­mere per­chè non hanno lavoro. In com­penso il limite del 20% non si appli­cherà ai con­tratti a tempo sti­pu­lati dagli enti di ricerca.
A gestire l’intera par­tita sono stati l’ex mini­stro del lavoro ultra-liberista Mau­ri­zio Sac­coni (Ncd) e il giu­sla­vo­ri­sta Pie­tro Ichino, rela­tore del prov­ve­di­mento, che teo­rizza da tempo la mone­tiz­za­zione dei diritti super­stiti del lavoro. Aver­gli lasciato il mono­po­lio della deci­sione, dopo avere con­cor­dato le modi­fi­che peg­gio­ra­tive al testo, è un’altra delle gravi respon­sa­bi­lità del Par­tito Democratico.

Osteg­giato for­te­mente dalla Cgil e da tutti i sin­da­cati di base, il decreto Poletti è in gene­rale il segno della pre­ca­riz­za­zione defi­ni­tiva dei con­tratti a ter­mine, il 43% dei quali già oggi dura meno di un mese. Il governo ha inteso così pro­gram­ma­ti­ca­mente aumen­tare la discon­ti­nuità dei rap­porti di lavoro, e con essa l’incertezza dei lavo­ra­tori senza nes­suna garan­zia di assun­zione alla fine dei 36 mesi pre­vi­sti senza «cau­sale» del con­tratto. Renzi e Poletti hanno voluto lasciare alle aziende la pos­si­bi­lità di ricor­rere ad altri lavo­ra­tori dopo cin­que pro­ro­ghe. L’acausalità nel tempo deter­mi­nato è stata pro­lun­gata fino a tre anni; si potranno fare fino a cin­que pro­ro­ghe più infi­niti rin­novi. Una misura che il giu­sla­vo­ri­sta Pier­gio­vanni Alleva ha defi­nito «uno scon­cio etico e inco­sti­tu­zio­nale» per­chè con­tra­sta con gli arti­coli 2 e 4 della Costi­tu­zione e viola la nor­ma­tiva euro­pea sui con­tratti a ter­mine. Quei pochi che ver­ranno «assunti» inon­de­ranno di ricorsi i tri­bu­nali del lavoro, tra l’altro sup­por­tati dai giu­ri­sti demo­cra­tici che hanno denun­ciato il governo alla Com­mis­sione Ue e hanno pro­messo di girare in cam­per per infor­mare i lavoratori.

Prima che la man­naia della fidu­cia can­cel­lasse gli oltre 700 emen­da­menti al Dl lavoro, l’approvazione del prov­ve­di­mento ieri in Senato è stata inter­rotta dalle pro­te­ste del movi­mento 5 Stelle. I sena­tori pen­ta­stel­lati si sono inca­te­nati in segno di pro­te­sta con­tro quello che defi­ni­scono senza mezzi ter­mini un prov­ve­di­mento che rende schiavi i pre­cari. Il leghi­sta Roberto Cal­de­roli ha sospeso la seduta arri­vando addi­rit­tura a minac­ciare di disporne l’arresto. La pro­te­sta poi è rien­trata. «Ho visto che avete ritro­vato le chiavi» ha detto Cal­de­roli agli M5S. Sel ha pro­te­stato in maniera più sobria: le catene le ha lasciate sui car­telli alzati in aula: «Nes­sun diritto, nes­suna casa, nes­suna pen­sione, nes­sun futuro» era scritto su uno di quelli esposti.

Ieri alla Sapienza di Roma gli stu­denti hanno con­te­stato un’iniziativa alla quale avreb­bero dovuto par­te­ci­pare l’ex mini­stro del lavoro Tiziano Treu, già autore dell’indimenticato «pac­chetto Treu» del 1997, e il pre­si­dente della Com­mis­sione lavoro alla Camera Cesare Damiano (Pd). Con­tro il «Jobs Act» e il piano casa di Lupi i movi­menti della casa mani­fe­ste­ranno a Roma il 12 mag­gio. Cin­que giorni dopo, sabato 17 a Roma, sarà il turno del cor­teo dei comi­tati per l’acqua pub­blica per i beni comuni e con­tro la precarietà.

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