Il lusso non conosce crisi nel 2014 crescita del 6%

MILANO . Il settore del lusso mondiale ha di fronte a sé nuove prospettive di crescita più solide e sostenibili. Dopo le sbornie degli anni novanta e il boom che dal 2007 in poi è stato trainato fondamentalmente dalla Cina, per le aziende dell’alto di gamma è il momento di consolidare il modello di business e focalizzarsi su
prodotti a valore aggiunto. Secondo le previsioni di uno studio di Bain & company, insieme alla Fondazione Altagamma, il comparto che nel 2013 è salito del 6,5% a cambi costanti (+2% in valore assoluto a 217 miliardi di euro), quest’anno crescerà tra il 4 e il 6%. Gli aumenti più significativi a livello geografico arriveranno da Usa e Giappone, salirà l’incidenza delle spese dei turisti, del canale Internet e degli outlet, si venderanno più abiti e accessori maschili, alta gioielleria e pelletteria di lusso. «Nel 2013 abbiamo imparato che le economie dei Paesi Brics, che sembravano non conoscere crisi tanto da essere assimilati a quelle occidentali – osserva Armando Branchini, vice presidente di Altagamma – ognuna per diverse fragilità interne al proprio sistema industriale, hanno registrato oscillazioni tali da rimettere in discussione la sostenibilità del proprio prodotto interno lordo» E, infatti, nel 2013, per il settore lusso ma non solo, i fatturati di Usa e Giappone hanno registrato aumenti superiori a Cina e Russia. «Questo è un settore molto legato alla fiducia dei consumatori che però resta impermeabile alle crisi – osserva Claudia D’Arpizio, partner di Bain e esperta del comparto dei beni di lusso – dal 1995 al 2007 è salito in media del 7% all’anno, dal 2007 al 2011 nonostante il tracollo finanziario è cresciuto del 3%, e dal 2012 in poi l’incremento medio annuo si è stabilizzato al 5-6%».
Per il futuro, Bain prevede l’affacciarsi di nuovi mercati, come l’Africa e l’India, una maggiore polarizzazione tra marchi di nicchia e lusso accessibile, prodotti sempre più sofisticati e modelli di business più sostenibili. «Mi aspetto anche una nuova ondata di consolidamento osserva l’esperta di Bain – e questo sia per la grande liquidità che c’è sul mercato, sia per agevolare il passaggio naturale da una governance familiare a quella di un business che per sua natura è sempre più globale». Ma anche i big del lusso, o le medie griffe, potrebbero ambire a nuovo shopping. «I grandi poli del lusso – conclude la D’Arpizio – faranno nuove acquisizioni mirate, con un occhio di riguardo a settori come l’orologio e gioielli oppure al menswear. Ma anche medie grandi aziende del comparto cercheranno di diversificare la loro attività». Infine, anche Pambianco stima un 2014 in crescita per le aziende italiane a livello di ricavi (+3-4%), ma in calo quanto a redditività (-1-2%). Nel 2013 i marchi tricolori campioni delle vendite sono stati Valentino (+24%), Moncler (+18,7%), Versace (+17,2%) e Cucinelli (+15,5%). Quanto a redditività la migliore resta invece Gucci (35,8%) seguita dai cugini di Bottega Veneta (34,9%), Moncler (33%) e Prada (31,9%).
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