Pd, pesto Genovese

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Il tor­mento: non aver affron­tato il caso Geno­vese non appena la richie­sta di arre­sto era per­ve­nuta alla camera, due mesi fa. La com­pli­ca­zione: averci a che fare adesso, a dieci giorni dalle ele­zioni. La solu­zione: rin­viare ogni mossa a dopo il 25 mag­gio. Il rischio: peg­gio­rare le cose dando prova di voler sfug­gire o peg­gio di voler sal­vare il col­lega. Il Pd è in un guaio grosso e Beppe Grillo lo ha capito per tempo. E così ha rinun­ciato senza alcuno scru­polo all’ostruzionismo sul decreto Poletti. Pur di votare subito sulla richie­sta di arre­sto del depu­tato demo­cra­tico Fran­can­to­nio Genovese. Ma men­tre il Movi­mento 5 stelle lan­cia la sua cam­pa­gna per le manette a social net­work spia­nati, men­tre Grillo regi­stra un appello alla poli­zia e «a tutte le forze armate» per­ché non lascino scap­pare il depu­tato, i lavori della camera si pro­lun­gano e l’ultimo voto sul decreto Poletti slitta a sta­mat­tina. Dopo­di­ché la con­fe­renza dei capi­gruppo potrà deci­dere di pas­sare subito alla con­ver­sione del decreto Lupi sull’emergenza abi­ta­tiva (e l’Expo) che scade il 27 mag­gio, cioè il giorno stesso in cui la camera torna a riu­nirsi dopo la pausa per le ele­zioni. Nel frat­tempo Genovese resta libero.
Libero di scap­pare, accu­sano Grillo e i gril­lini, che lo trat­tano già da con­dan­nato. Il ragio­na­mento è un po’ ardito, visto che il depu­tato è inda­gato da un anno e la richie­sta di arre­sto è di due mesi fa. Ma è ottimo per gli ultimi giorni di cam­pa­gna elet­to­rale. Con­dotti all’assalto del Pd. Con l’obiettivo cla­mo­roso del sorpasso.

Fran­can­to­nio Genovese, ex sin­daco di Mes­sina ed ex pre­si­dente del Pd sici­liano, è accu­sato di asso­cia­zione per delin­quere, rici­clag­gio, pecu­lato e truffa. Avrebbe sot­tratto fondi (per­so­nal­mente oltre 600mila euro) desti­nati ai corsi di for­ma­zione. La set­ti­mana scorsa la giunta ha dato parere favo­re­vole agli arre­sti, con il voto favo­re­vole del Pd oltre che di Sel e dei 5 Stelle. Sulla carta dun­que non ci dovreb­bero essere pro­blemi per il pas­sag­gio in aula. Ma c’è il voto segreto, nel quale potrebbe nascon­dersi qual­che dub­bio demo­cra­tico verso l’iniziativa della magi­stra­tura. E, soprat­tutto, è la paura del Pd, la ten­ta­zione di un dop­pio gioco grillo.
È l’eterno ritorno dell’incubo Craxi, che fu sal­vato dai fran­chi tira­tori della Lega nel 1993. L’indignazione popo­lare con­se­guente fece venire giù la legi­sla­tura e, per gli alma­nac­chi, l’intera prima repub­blica. Il Pd dun­que si dice pronto a chie­dere il voto palese, e c’è il pre­ce­dente al senato per Berlusconi.

Tutto que­sto si deci­derà oggi intorno all’ora di pranzo. Sull’ordine del giorno ancora non c’è trac­cia del decreto casa, ma solo per­ché il senato lo ha appro­vato appena ieri. C’è in sca­denza un altro decreto — ce n’è sem­pre uno — ed è quello che pro­lunga la vita agli ospe­dali psi­chia­trici giu­di­ziari. Ma que­sto può con­tare su qual­che giorno in più, scade infatti il 29 mag­gio. Il prov­ve­di­mento vera­mente a rischio poteva essere pro­prio il decreto Poletti. Ma Sel per tutto il pome­rig­gio di ieri si è tro­vata sola a fare ostru­zio­ni­smo.
Votata mar­tedì la fidu­cia al con­te­sta­tis­simo prov­ve­di­mento sul lavoro, ieri biso­gnava pro­ce­dere (lo pre­vede il rego­la­mento di Mon­te­ci­to­rio) a un secondo voto sul merito del prov­ve­di­mento. Ma Sel e 5 stelle ave­vano depo­si­tato un gran numero di ordini del giorno, stru­mento clas­sico di fili­bu­ste­ring. Grillo però nell’ansia delle manette, e nell’ansia di met­tere in dif­fi­coltà il Pd, ha mol­lato com­ple­ta­mente la bat­ta­glia. Accu­sando invece Sel di fare il gioco del Pd per «sal­vare» Geno­vese. Geno­vese che la gogna di uno smart­phone gril­lino ha cat­tu­rato ieri in aula, rim­bal­zando su twit­ter l’incitazione agli arre­sti. «Non lascia­telo scap­pare il Libano», si è videoap­pel­lato Grillo dal cam­per elettorale.

«Sel fa la stam­pella», dichia­rano e twit­tano i gril­lini. «Avete tra­dito i lavo­ra­tori», replica Sel. Soste­nendo che se i 5 stelle non si fos­sero tirati indie­tro c’era la pos­si­bi­lità di far sal­tare il decreto Poletti. Alla cui sca­denza però, da oggi, man­cano ancora quat­tro giorni. Le sedute fiume avreb­bero bat­tuto anche l’ostruzionismo più convinto.


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