Sanità, cantieri e terreni dell’Expo Così è partito l’assedio milionario
L’assedio di Infrastrutture Lombarde al patrimonio immobiliare del Policlinico e l’appalto per la bonifica dell’area Falck di Sesto San Giovanni sono anelli di una stessa catena: il controllo dei cantieri e le mani sui milioni destinati alle grandi opere nell’area milanese. Più o meno quel che avviene per i terreni di Expo, gli unici nella storia delle esposizioni universali a non essere pubblici, ma privati: valore di esproprio 10, prezzo assegnato 161. Con il peccato originale nelle fondamenta e una ramificazione d’interessi che dalla sanità passa all’Esposizione universale, parte nel 2010 il gigantesco assalto alla diligenza svelato dall’inchiesta della magistratura: terreni, cantieri e appalti tenuti insieme dalla collaudata macchina da guerra della holding regionale voluta dal presidente Formigoni per gestire «al meglio» le infrastrutture del Pirellone.
È in quel periodo che il direttore generale Antonio Rognoni, oggi agli arresti domiciliari, entra a gamba tesa sulla gestione dei beni che cinque secoli di beneficenza lombarda avevano lasciato in dote al Policlinico di via Francesco Sforza: case, palazzi e soprattutto terreni che opportunamente valorizzati con un cambio di destinazione d’uso attraverso qualche amico assessore possono rendere trenta o quaranta volte tanto, rinunciando al mais per il cemento. È facile inserirsi con logiche di mercato davanti alle rendite frenate dai patti agrari e dalla cautela di amministratori prudenti, intenzionati a non svendere l’argenteria di famiglia: con la pressione e l’appoggio dei vertici della Regione chi si oppone se ne va o viene trasferito e così si possono anche gestire gli appalti per il nuovo Policlinico.
In parallelo c’è la Città della salute, sulla quale le perplessità di un anomalo trasferimento (Istituto Tumori e Neurologico Besta da Città studi alla parte opposta di Milano, a fianco dell’ospedale Sacco) vengono superate per l’importanza del progetto da 350 milioni di euro. Studi di fattibilità, progetti, comitati ad hoc e valorizzazione delle aree non contano più quando il presidente designato, Luigi Roth, entra in rotta di collisione con Rognoni e Infrastrutture Lombarde. Il progetto di Città della salute al Sacco è annullato. Due milioni buttati, ma fa niente: si ricomincia da un’altra parte. C’è Sesto, area ideale per l’Immobiliare Sanità: sponsorizzata dalla giunta di sinistra e abbracciata da quella di centrodestra in Regione. Si oppone il Comune di Milano, ed è un punto d’onore. Ma non basta. L’intreccio d’affari, come dimostrano Frigerio e Greganti, è più forte di ogni ragionevole dubbio. L’accordo sulla bonifica dell’area industriale diventa un capolavoro da manuale Cencelli: un po’ Cl, un pò le Coop, un po’ l’intrallazzo. Chissà come finirà.
E siamo all’Expo: i ritardi, le polemiche, il braccio di ferro sul nome dell’amministratore, prima Glisenti, voluto dalla Moratti, poi Stanca, voluto da Berlusconi e infine Sala, ex direttore generale di Palazzo Marino, per salvare la faccia e tutto il resto. Ma il cantiere è in ritardo e per la Regione solo Infrastrutture Lombarde con i tempi contingentati può garantire il traguardo: alla direzione del cantiere arriva Angelo Paris, arrestato nel blitz di mercoledì, sotto la supervisione di Antonio Rognoni. Fuori in quattro e quattr’otto l’ingegner Renzo Gorini, designato per competenza, ma non per appartenenza.
L’autoritratto di un sistema immorale si completa in un anello che ruota attorno a Infrastrutture Lombarde: nella sanità si fa perno sui direttori generali, nominati dalla Regione, il più delle volte telecomandati e chiamati a vistare quel che dall’alto viene deciso. Chi si oppone o si chiama fuori rischia la riconferma o finisce altrove; per Expo si favoriscono le imprese amiche con i bandi, segnalando le offerte e confidando sui ribassi e sulle variazioni in corso d’opera: con i tempi sempre più stretti senza le intercettazioni della magistratura poteva essere un percorso netto. A pochi giorni dal semestre a presidenza italiana del Consiglio europeo nessuno avrebbe potuto immaginare di fermare Expo.
Oggi, con quel che è successo e quel che ancora non sappiamo, l’Esposizione universale corre un grosso rischio, come ha fatto capire il commissario Sala. Quel sistema corrotto va smontato prima che altri contraccolpi si abbattano su un evento al quale tutti abbiamo guardato con fiducia e con speranza, nonostante gli intoppi dell’inizio. C’è l’onore dell’Italia nel cantiere di Rho Pero, la nostra capacità di raddrizzare una barca che non deve affondare. Dobbiamo provarci e dobbiamo farcela: vietato sbagliare.
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