Sbarco cinese a Wall Street Alibaba sceglie l’America ipo record da 20 miliardi

Sbarco cinese a Wall Street Alibaba sceglie l’America ipo record da 20 miliardi

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CON un fatturato di 248 miliardi di dollari l’anno scorso, in crescita dai 152 miliardi del 2012, e un mercato del commercio online che secondo Jack Ma raggiungerà il 30% del totale entro pochi anni, Alibaba si presenta come un’opportunità ghiotta per gli investitori americani e globali. Con un’avvertenza, pero`: la trasparenza non e` una dote tipica del capitalismo cinese. Nelle 2.000 pagine di informazioni che Alibaba ha fornito da ieri ai mercati, gli analisti americani hanno subito trovato zone d’ombra e lacune: mancano i risultati dettagliati di ciascuna filiale dentro l’impero Alibaba, non è chiaro quanto sia redditizio e sicuro il sistema di pagamento elettronico Alipay. C’è chi teme che Alibaba abbia strapagato le sue acquisizioni recenti. E quando Jack Ma illustra gli scenari radiosi di aumento esponenziale del commercio online, forse non fa i conti con un sistema di recapiti a domicilio che non e` altrettanto rapido e veloce di quello di Amazon negli Stati Uniti. Sullo sfondo c’è poi il ricordo di un passato molto accidentato per gli altri titoli tecnologici venuti dall’Estremo Oriente: le societa` cinesi del settore digitale hanno subito fino a un anno fa un lungo declino delle loro quotazioni di Borsa, causato da scandali, irregolarità
contabili, opacità dei bilanci. La Securities and Exchange Commission (Sec), l’organo di vigilanza sulle Borse Usa, ha rivolto 130 obiezioni e richieste di chiarimenti sui bilanci delle societa` cinesi quotate in America. Inoltre un tribunale Usa ha vietato alle filiali cinesi delle quattro maggiori società mondiali di audit, di fare la certificazione dei bilanci per le aziende cinesi quotate in America. Il sospetto e` infamante: anche se le società di audit sono occidentali, le loro filiali cinesi potrebbero essere corrotte o quantomeno influenzabili e poco rigorose nel certificare bilanci; inoltre le autorità cinesi non concedono agli organi di vigilanza Usa un accesso ai bilanci delle case madri. Tutto questo ha generato un clima di diffidenza e sospetto che ora si rivolge anche verso Alibaba. La cui capitalizzazione complessiva secondo alcune stime potrebbe raggiungere i 250 miliardi di dollari una volta collocata sul mercato, cioè più del doppio del valore prudenziale calcolato dallo stesso Jack Ma (109 miliardi). Sotto i riflettori c’è anche la peculiare struttura di controllo societario e corporate governance di Alibaba. I maggiori azionisti ormai sono Softbank e Yahoo. Tuttavia Jack Ma continua ad avere il potere di nomina della maggioranza del consiglio d’amministrazione, insieme con una cordata di 28 partner. L’identità di questi 28 non viene svelata nel prospetto informativo, che li descrive genericamente come manager del gruppo. Nei documenti relativi alla quotazione si dice che quel peculiare meccanismo per la nomina del consiglio d’amministrazione salvaguarda “la cultura aziendale dei fondatori”, dei quali tuttavia annuncia anche “l’inevitabile partenza”. É tutto un po’ troppo vago per soddisfare i grandi investitori di Wall Street. A meno che la voglia di “possedere un
pezzo di Cina del futuro”, cioe` del mercato online più promettente del pianeta, alla fine prevalga sui criteri di prudenza. Alcuni grossi investitori americani hanno già fatto capire che e` proprio questo il loro atteggiamento. Trasparente o meno, Alibaba li attira in virtù della sua supremazia assoluta nel commercio elettronico cinese, in una nazione che gia` oggi in base ad alcune misurazioni del potere d’acquisto ha la classe media piu` ampia del pianeta.
L’utile netto di Alibaba, quasi 18 miliardi di yuan, è più che quadruplicato in un anno. Il meccanismo attraverso cui macina utili, e` prevalentemente fatto di commissioni prelevate sui venditori finali, le aziende che usano Alibaba come piattaforma per smerciare i propri prodotti. Le commissioni sono tra lo 0,5% e il 5%. Uno dei tanti siti che fanno capo ad Alibaba si chiama Tmall e gestisce vendite anche dei grandi marchi globali come Apple e Gap. Tra i settori di attività su cui Jack Ma punta per la futura espansione ci sono i servizi di streaming video per “consegnare” all’utente finale film e musica sia su pc che su smartphone.



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