La senatrice dem nata nella Cgil: il premier sta cambiando l’Italia, ma non faccia saltare il dialogo
ROMA — Scoperta da Bruno Trentin, padre nobile della Cgil, nel primo sindacato italiano ha speso una trentina d’anni, allargando il proprio impegno anche a quello europeo. Poi, nel 2013, Valeria Fedeli è stata eletta nel Pd al Senato di cui è diventata subito vicepresidente. All’origine bersaniana, come del resto lo è ancora tutta o quasi la Cgil, oggi dice: «Il Pd non può prescindere dalla vittoria alle primarie di Matteo Renzi e dal fatto che ora abbiamo un governo a guida del Pd nella persona del segretario Renzi. E anche la Cgil, al di là del duro confronto in corso, sa che questo è l’interlocutore e lo scenario nel quale ci muoviamo. Ciò che va tenuto fermo, al di là della differenza delle posizioni, è il dialogo. È anche interesse di Renzi, perché il confronto con il sindacato rafforza le decisioni del governo».
Quello che lei chiama confronto è uno scontro senza precedenti.
«Non direi. Vogliamo parlare dello scontro del 1997 tra l’allora segretario della Cgil, Sergio Cofferati, e quello del Pd, Massimo D’Alema?».
Quello era uno scontro tra due soggetti che si riconoscevano appartenenti allo stesso campo, la sinistra. Qui no. Renzi e Camusso, Renzi e il sindacato sembrano due avversari in battaglia per restare da soli in campo.
«No, credo che nessuno possa non vedere che l’obiettivo che perseguono sia il presidente che il sindacato sia lo stesso: agire per i lavoratori a basso reddito, chi ha perso il lavoro, i precari. Certo le posizioni sono diverse, ma sono state messe in campo nettamente. Da Renzi e da Camusso».
Il risultato è una rottura clamorosa. Sembra quasi che Renzi pensi di guadagnare voti attaccando il sindacato. Una svolta storica per il Pd.
«Non credo sia così. E se lo fosse, sarebbe un errore. E non solo perché il sindacato è rappresentativo di una parte importante anche se non esclusiva del mondo del lavoro e conta milioni di iscritti. Renzi deve interloquire con i sindacati tanto più perché è un premier di sinistra, schieramento storicamente più attento ai lavoratori. Ma dico anche che il sindacato non fa opposizione politica, il sindacato fa i contratti. Ecco perché il confronto deve essere franco e leale, ma sui contenuti».
Ma lei sa bene che la maggioranza della Cgil non ha mai digerito Renzi. Si è schierata prima con Bersani e poi con Cuperlo. E oggi forse spera ancora in una sconfitta del segretario del Pd.
«Anche questo sarebbe un grave errore. La Cgil non può perdere di vista il fatto che lo schema politico di Renzi sta pienamente nei partiti di sinistra e nella sinistra europea. Chiunque come me abbia fatto sindacato, sa che un governo che per prima cosa ha messo 80 euro netti in più al mese nelle buste paga di 10 milioni di dipendenti rappresenta una svolta storica. E sa anche che 80 euro al mese sono una cifra importante. In questo senso non mi convince che la Cgil dica ora che si tratta di una misura insufficiente dopo che una cosa del genere il sindacato l’ha chiesta per anni a tutti i governi».
Fedeli, non è che Renzi, dopo aver rottamato il Pd, ora voglia fare la stessa cosa con la Cgil?
«L’avvento di Renzi sta cambiando l’Italia e su questo siamo d’accordo. Ma attenzione a far saltare il dialogo con le rappresentanze sociali. Che non significa concertare le decisioni né accettare veti, ma riconoscere il contributo che il sindacato può dare. Bisogna ascoltarsi e, se possibile, convergere sugli obiettivi. Oggi non solo la Cgil, ma tutto il sindacato, è compatto sul rimettere al centro il lavoro e sull’innovazione contrattuale».
Ma quando Camusso accusa Renzi di «torsione democratica» fa politica.
«Si riferisce all’ipotesi di fare a meno del dialogo. Nella relazione Camusso c’è un’analisi di merito della situazione condivisibile. E c’è anche un atteggiamento propositivo. Quando per esempio dice che il governo sta sbagliando sui contratti a termine perché rischia di aumentare la precarietà ma allo stesso tempo rilancia sul contratto unico a tutele progressive. No, non c’è una Cgil che faccia da sponda a Grillo o che auspichi un governo di centrodestra contro il quale fare opposizione. Non si arriverà mai a questo», sorride Fedeli.
Enrico Marro
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