No Tav, la Cassazione smentisce la Procura

No Tav, la Cassazione smentisce la Procura

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La Cas­sa­zione si è, dun­que, pro­nun­ciata sulla misura cau­te­lare emessa il 5 dicem­bre 2013 nei con­fronti di quat­tro atti­vi­sti No Tav per i delitti di «atten­tato per fina­lità di ter­ro­ri­smo» e «atti di ter­ro­ri­smo» ai sensi degli arti­coli 280 e 280 bis codice penale. E ha annul­lato l’ordinanza, smen­tendo in modo uni­voco l’impostazione della pro­cura della Repub­blica di Torino e dei giu­dici della cautela.

Per una valu­ta­zione più com­piuta è neces­sa­rio atten­dere il depo­sito della moti­va­zione, che dovrà inter­ve­nire entro trenta giorni. Ma una cosa è chiara da subito. Secondo la Cas­sa­zione la strut­tura e/o la moti­va­zione della misura cau­te­lare erano ina­de­guate, cioè tec­ni­ca­mente “ingiu­ste”. C’è, nelle prime dichia­ra­zioni degli ambienti giu­di­ziari e nei com­menti dei media main­stream (da sem­pre uffici stampa degli inqui­renti), il ten­ta­tivo di mini­miz­zare, adom­brando che l’annullamento sia con­se­guenza di sem­plici errori for­mali. Non è così. La natura del prov­ve­di­mento impu­gnato e i motivi del ricorso non lasciano dubbi sulle ragioni dell’annullamento.

Due su tutte, con­cor­renti o sin­go­lar­mente con­si­de­rate: «l’inosservanza o l’erronea appli­ca­zione della legge penale» e/o «la man­canza, la con­trad­dit­to­rietà o la mani­fe­sta illo­gi­cità della moti­va­zione», per usare i ter­mini dell’articolo 606 del codice di pro­ce­dura penale. In altri ter­mini: o le norme che pre­ve­dono l’attentato per fina­lità di ter­ro­ri­smo e gli atti di ter­ro­ri­smo sono state erro­nea­mente inter­pre­tate e mal appli­cate o i pub­blici mini­steri e i giu­dici hanno moti­vato in modo con­trad­dit­to­rio e/o illo­gico la ricon­du­ci­bi­lità a tali norme delle con­dotte degli impu­tati. Non ingan­nino la man­cata scar­ce­ra­zione degli impu­tati e il rin­vio degli atti al Tri­bu­nale del Rie­same per un nuovo esame, trat­tan­dosi di con­se­guenza obbli­gata in pre­senza – tra l’altro – di ulte­riori con­te­sta­zioni (deten­zione e porto di bot­ti­glie molo­tov e bombe carta e vio­lenza a pub­blico ufficiale).

Dun­que, l’evocazione del ter­ro­ri­smo e la sua con­fi­gu­ra­bi­lità con rife­ri­mento all’assalto al can­tiere della Mad­da­lena del 14 mag­gio 2013 (ad opera di una ven­tina di per­sone, con incen­dio di un com­pres­sore e lan­cio di sassi e di «arti­fici esplo­sivi e incen­diari», senza danni a ope­rai e agenti di poli­zia) escono pro­fon­da­mente intac­cate dal vaglio della Cassazione.

È un buon via­tico per­ché il pro­cesso che si aprirà davanti alla Corte di assise di Torino il pros­simo 22 mag­gio sia un giu­di­zio sereno e rispet­toso delle garan­zie di tutti e non uno scon­tro di tipo mili­tare tra i “pala­dini della demo­cra­zia” e i suoi “nemici”, come si è ten­tato di accre­di­tare in que­sti mesi. A ciò potrà con­cor­rere un’attenzione cri­tica dell’opinione pub­blica e dei giu­ri­sti che pure, in que­sti mesi, hanno bril­lato, salvo pochis­sime ecce­zioni, per un fra­go­roso silen­zio. Nella spe­ranza che la deci­sione della Cas­sa­zione con­tri­bui­sca a risve­gliare in loro la con­sa­pe­vo­lezza del pro­prio ruolo, se non anche una qual­che pas­sione civile.

Per una sin­go­lare coin­ci­denza, nello stesso giorno della deci­sione della Cas­sa­zione, è emerso un altro fatto che ha a che vedere con il movi­mento No Tav e la sua impro­pria “cri­mi­na­liz­za­zione”. È su tutti i gior­nali – sep­pur tra le righe delle pagine interne – la noti­zia che la pro­cura della Repub­blica di Torino ha aperto un pro­ce­di­mento per simu­la­zione di reato nei con­fronti dell’autista di uno dei pub­blici mini­steri anti Tav, che l’11 aprile scorso aveva denun­ciato di aver subìto una aggres­sione da parte di per­sone tra­vi­sate che lo ave­vano apo­stro­fato con l’espressione «servo dei servi, pre­sto farete tutti la stessa fine». Allora poli­tici, gior­na­li­sti e magi­strati ave­vano imme­dia­ta­mente attri­buito la respon­sa­bi­lità dell’aggressione al movi­mento No Tav e c’era stato chi, per segna­larne il salto di qua­lità, si era spinto a dire che «c’è sem­pre un’ora zero, un momento in cui accade qual­cosa di diverso che cam­bia il corso della storia».

Oggi, invece, è una corsa a cer­care giu­sti­fi­ca­zioni per la falsa denun­cia, attri­buita dai più all’immancabile stress. Nes­sun cenno, natu­ral­mente, a una rifles­sione su quanto suc­cesso in que­sti anni e mesi in Val Susa e din­torni. Pro­viamo allora a ricor­dare una rifles­sione svolta pro­prio su que­ste pagine nel set­tem­bre scorso: a futura memo­ria, sapendo che resterà senza esito. «In forza di quali ele­menti gli atten­tati ven­gono attri­buiti, con gra­ni­tica cer­tezza, ai No Tav? I prin­ci­pali siti del Movi­mento (i quali pure hanno sem­pre riven­di­cato le azioni dimo­stra­tive al can­tiere e gli scon­tri che le hanno accom­pa­gnate) hanno respinto con fer­mezza tale attri­bu­zione. Le pre­senze e gli avver­ti­menti mafiosi sono in valle – soprat­tutto nell’edilizia – una realtà risa­lente e con­cla­mata. […]La sto­ria del Paese ci ha abi­tuati a una mol­ti­tu­dine di atten­tati simu­lati o far­loc­chi (ricor­date gli spari al diret­tore di Libero Bel­pie­tro?) […]. Non sarebbe, dun­que, pru­dente e razio­nale denun­ciare la gra­vità dei fatti ma sospen­dere il giu­di­zio sulla pater­nità degli stessi in attesa (quan­to­meno) dei primi accertamenti?».


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