Un terzo del territorio è verde Le foreste conquistano l’Italia

by redazione | 13 Maggio 2014 9:34

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Sempre più verde. Tanto che, fatte le proporzioni, più di un terzo di Paese sarà coperto dai boschi. Con alcune aree, soprattutto del Sud, dove la crescita è prevista a doppia cifra. Se poi si fa un salto indietro, al secondo Dopoguerra, il dato è più che raddoppiato. Insomma, il Paese «respira» meglio.
Secondo i calcoli del terzo Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (Infc) tra pochi mesi l’Italia si avvicinerà alla quota record di undici milioni di ettari di superficie forestale. Per la precisione: 10.982.013. Rispetto al 2005 — anno dell’ultimo rilevamento ufficiale — vuol dire un aumento di oltre seicentomila ettari. A livello regionale è boom, in dieci anni, in alcune aree del Mezzogiorno: al primo posto c’è il Molise, con un incremento di quasi il 17 per cento. Seguono Sicilia (+16,2), Basilicata (+11,1), Lazio (+10,5) e Calabria (+9,9). La Sardegna si conferma leader nella superficie totale con più di 1,2 milioni di ettari. Supera — anche se di poco — la Toscana, che si ferma a quota 1,19 milioni.
I dati, a sentire il Corpo forestale dello Stato, sono positivi anche sotto il profilo economico. «Secondo le ultime stime, tutti questi alberi in più evitano all’Italia multe internazionali pari a circa due miliardi di euro» spiega Enrico Pompei, responsabile dell’Inventario nazionale. Il perché è presto spiegato: «Le foreste assorbono l’anidride carbonica e “immobilizzano” grandi quantità di carbonio — dice Pompei —: questo meccanismo permette al Paese di avvicinarsi il più possibile agli obiettivi previsti dalle politiche climatiche internazionali».
Ma come mai i boschi aumentano? Il merito è soprattutto delle persone. Anche se in modo del tutto involontario. «Gli italiani negli anni hanno abbandonato l’agricoltura di collina e montagna — continua l’esperto —: gli alberi si sono così insinuati nelle aree che non vengono più coltivate».
Lo spiega anche il divario che esiste tra Nord e Sud. Se al Settentrione il tasso di crescita della superficie forestale è relativamente modesto, lo stesso discorso non vale per il Meridione. «Le persone residenti al Sud hanno smesso di coltivare nelle aree collinari e montuose perché non è più conveniente». Mentre più su, «come in Trentino e nell’Alto Adige il tasso di abbandono umano delle aree di montagna è basso grazie a politiche che prevedono incentivi per chi resta».
Più alberi significa più spazio per muoversi in cattività e quindi più animali. Anche specie selvatiche. È il caso della lince a Tarvisio e in Piemonte. Dell’orso in Abruzzo e in Trentino. E del lupo che popola molte aree dal Nord-Ovest alla Calabria.
Il Corpo forestale dello Stato calcola che dai boschi nazionali si potrebbe ottenere energia fino all’equivalente di 3,24 milioni di tonnellate di gasolio l’anno — pari all’1,6 per cento dei consumi energetici nazionali — «senza ferire gli equilibri» e «la biodiversità». Anche perché ad oggi circa 10 milioni di impianti domestici sono alimentati a legna.
«La combustione si otterrebbe così da un prodotto naturale — continua Pompei — che si brucia sì, ma di nuovo disponibile in 20-25 anni». Il tutto con un’avvertenza: gli impianti a biomassa, per esempio, vanno sì bene, «ma la loro produzione deve tenere conto di quanto può offrire il bosco circostante».
Ora il vero tema è la gestione di questo patrimonio naturale. «Incendi e diffusione delle malattie rappresentano i pericoli principali per la superficie forestale italiana» ragionano dal Corpo forestale dello Stato. «I nuovi boschi sono quelli più a rischio — dice Pompei — perché gli alberi sono più vicini alle aree dove si muovono gli esseri umani». L’altro problema è rappresentato dai cambiamenti climatici e dalla globalizzazione: negli ultimi anni in Italia «sono arrivati insetti e parassiti mai visti prima e che mettono in pericolo i nostri alberi. Se non monitoriamo la situazione rischiamo di perderne migliaia, come sta succedendo in Portogallo».
Leonard Berberi

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