La trincea del sindacato

La trincea del sindacato

Loading

Il governo Renzi-Alfano torna a chie­dere, que­sta volta in senato, il voto di fidu­cia sul decreto del mini­stro Poletti, peg­gio­rato dalle modi­fi­che, riven­di­cate e incas­sate, del cen­tro­de­stra. Ma pure chiuso così ogni varco al dis­senso nella sua stessa mag­gio­ranza (nel suo stesso par­tito) su un decreto che dà mano libera alle imprese e mette sotto scacco i lavo­ra­tori pre­cari, Renzi deve cor­rere da Ber­lu­sconi per chie­der­gli i voti nella com­mis­sione di palazzo Madama per evi­tare che tap­pata una falla se ne apra subito un’altra sul pastic­cio della riforma del senato.

Confer­mando che a tenere insieme il governo del cam­bia­mento è di nuovo e sem­pre il “grande sta­ti­sta” di Arcore.
Gli affanni di governo non hanno impe­dito al pre­si­dente del con­si­glio di spa­rare in que­sti giorni con­tro il quar­tier gene­rale della Cgil riu­nito a con­gresso. Certo di poterne rica­vare van­tag­gio, poli­ti­ca­mente e elet­to­ral­mente, così come è avve­nuto nella cor­riva pole­mica con­tro i pro­fes­so­roni che osa­vano cri­ti­care la sua demo­li­zione del dise­gno costi­tu­zio­nale. L’attacco gril­lino che Renzi ha sfer­rato al sin­da­cato (salvo attac­care Grillo per aver par­lato la sua stessa lin­gua sulla piazza di Piom­bino) è cul­mi­nato nell’assenza, per la prima volta, di un segre­ta­rio del Pd dalle assise di Rimini.

Tut­ta­via la demo­li­zione della cre­di­bi­lità delle orga­niz­za­zioni sin­da­cali non è solo il frutto dell’arroganza di un per­so­nag­gio che spinge l’acceleratore sulla rab­bia anti-casta, non è solo il ricco coni­glio dal cap­pello di un pre­si­dente del con­si­glio che può pren­dere dieci miliardi e spen­derli in un’operazione politico-mediatica in grande stile (quella degli 80 euro messi diret­ta­mente nelle buste paga di una parte di lavo­ra­tori, scelti con fur­bi­zia elet­to­rale) per tap­pare la bocca al sin­da­cato. Una scelta di fronte alla quale, come ha detto dal palco di Rimini Gior­gio Cre­ma­schi, la Cgil si è fatta inti­mi­dire. Ma è altret­tanto evi­dente, que­sta volta è stato Mau­ri­zio Lan­dini a sot­to­li­nearlo nel suo j’accuse alla lea­der­ship, che per aprire una ver­tenza con­tro un governo all’apice della popo­la­rità, per esem­pio sulle pen­sioni come pro­pone Susanna Camusso, il con­senso per­duto il sin­da­cato lo deve rico­struire, altri­menti anche alla Cgil toc­cherà la fine che hanno fatto i partiti.

Sicu­ra­mente i nodi di una con­cer­ta­zione supina alle ragioni della gover­na­bi­lità, dell’austerità, delle com­pa­ti­bi­lità ha pro­gres­si­va­mente logo­rato cre­di­bi­lità e potere di inter­vento della Cgil. Ma quella del sindacato, senza più sponde poli­ti­che, è anche una sco­moda trin­cea, facil­mente tra­volta dalla vio­lenza di una crisi che gli mette davanti il più grande eser­cito di disoc­cu­pati della sto­ria del dopo­guerra. Ha ancora forti radici sto­ri­che ma è sca­val­cato e spinto nell’angolo dalla finan­zia­riz­za­zione dell’economia, come dimo­stra il fatto che anche l’uscita da que­sta crisi avverrà con la “cre­scita” del Pil ma non dell’occupazione.

Di fronte a que­sto cam­bio di para­digma eco­no­mico glo­bale, chiuso per­di­più nei con­fini nazio­nali, il sin­da­cato da un lato è stato schiac­ciato nella gestione di ammor­tiz­za­tori sociali nove­cen­te­schi, dall’altro ha pro­gres­si­va­mente perso rap­pre­sen­tanza, inca­pace di vedere e rea­gire per tempo all’epocale cam­bia­mento dei rap­porti di forza. Se la cas­siera di un super­mer­cato non rie­sce a fare una ver­tenza in comune con un metal­mec­ca­nico, se l’individualismo, la soli­tu­dine, la con­trat­ta­zione azien­dale pre­val­gono fini­sce l’idea stessa della Con­fe­de­ra­zione e il mondo del lavoro si ritrova senza mondo. E, in ogni caso, se è giu­sto chie­dere alla Cgil di met­tere in campo la riforma di se stessa, altret­tanto lo è porsi il pro­blema di costruire una nuova rap­pre­sen­tanza poli­tica e di governo.



Related Articles

Il Jobs Act funziona: in otto mesi sono aumentati i licenziati

Loading

Riforma del lavoro. Dati Inps, i risultati della cancellazione dell’articolo 18 da gennaio ad agosto 2016: +28 % licenziamenti «disciplinari» (per giusta causa e giustificato motivo). Prosegue il calo assunzioni stabili: -33 %. Boom dei voucher: +36%

Letta prende tempo Ma fra Pd e Pdl è scambio di accuse sull’aumento Iva

Loading

ROMA — «Se ci saranno le risorse, sarà  auspicabile evitare l’aumento dell’Iva stabilito dal governo precedente. Dobbiamo discutere dei fondi che saremo in grado di reperire tagliando la spesa». Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, non nasconde i problemi.

LA LUNGA SUPPLENZA

Loading

IL GOVERNO di Mario Monti nasce dall’emergenza. Dalla debolezza della maggioranza che sosteneva il precedente esecutivo, dall’asfissia del sistema politico complessivo e soprattutto dal drammatico acuirsi della crisi economica.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment