Ucraina e gas: oggi Naftogaz deve saldare 2 miliardi di dollari a Gazprom

by redazione | 28 Maggio 2014 11:12

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Gli scon­tri armati nell’est. La pro­pa­ganda ali­men­tata da tutti, senza sosta. La sen­si­bi­lità sto­rica, con i suoi tic non facil­mente con­trol­la­bili. La bat­ta­glia russo-ucraina corre lungo tanti fronti. C’è anche, ovvia­mente, quello del gas. Con una dead­line immi­nente e sensibilissima.

Entro domani a mez­za­notte Naf­to­gaz, l’azienda di stato ucraina che gesti­sce il com­parto, è tenuta a sal­dare una parte del debito che ha accu­mu­lato tra novem­bre e marzo nei con­fronti della con­tro­parte russa, Gaz­prom. La cifra ammonta a due miliardi di dol­lari, su un totale di tre e mezzo. Un altro asse­gno, da 500 milioni, va stac­cato entro il 7 giu­gno. È per le for­ni­ture di mag­gio. Così s’è deciso lunedì a Ber­lino, quando ucraini e russi si sono acco­mo­dati a un tavolo con­vo­cato dal com­mis­sa­rio euro­peo per l’energia, il tede­sco Guen­ther Oet­tin­ger. Venerdì, se Naf­to­gaz pagherà Gaz­prom, si tor­nerà a discu­tere. Sem­pre a Ber­lino e sem­pre con la regia di Oettinger.

Sta­volta l’oggetto saranno i prezzi, con Kiev chiede a Mosca di abbas­sarli. In caso con­tra­rio i russi potreb­bero chiu­dere i rubi­netti. Con con­se­guenze impor­tanti a livello indu­striale, tanto per l’Ucraina quanto per l’Europa, che dalla Rus­sia importa tanto gas, e lo fa attra­verso i tubi dell’ex repub­blica sovie­tica. Si capi­sce, così, l’interesse di Oet­tin­ger a pren­dere il pal­lino in mano.

La strada per l’accordo è meno lineare di quel che sem­bra. Ieri Kiev ha calato una carta a sor­presa, spie­gando che il Crem­lino, annet­tendo la Cri­mea, s’è preso anche due miliardi e più di metri cubi di gas stoc­cato, per un valore di un miliardo di dol­lari. Il primo mini­stro in carica dopo Mai­dan, Arse­niy Yatse­niuk, ha espli­ci­ta­mente chie­sto che Mosca pompi verso l’Ucraina quanto sac­cheg­giato. La Rus­sia, dal canto suo, fa sapere che non ha sot­tratto alcun­ché. Due sono le pos­si­bili ragioni a monte della riven­di­ca­zione di Yatseniuk.

Da un lato, si ipo­tizza, si cerca di spun­tare qual­cosa in extre­mis su quando dovuto. Le casse dello stato sono allo stremo, e l’idea di bru­ciare i primi soldi pre­stati dal Fondo mone­ta­rio per met­tersi in regola con i paga­menti non è certo esal­tante. Dall’altro lato si può cre­dere che il governo ucraino voglia legare que­sta fac­cenda ai com­bat­ti­menti in corso nell’est del paese, che nelle scorse ore, a Done­tsk, sono stati par­ti­co­lar­mente duri. Sconto sul debito e sulle future for­ni­ture in cam­bio dell’allentamento della pres­sione mili­tare sui ribelli filo­russi, se non della loro smo­bi­li­ta­zione: potrebbe essere que­sta la richie­sta Kiev.

Anche Mosca, comun­que, dà l’impressione di tenere i due il piano del gas e quello dell’est ucraino appa­iati, per indurre Kiev a far tacere i can­noni e pro­muo­vere una riforma fede­rale. Ci sono tante leve da azio­nare, insomma. Ma lo spa­zio di mano­vra è angusto.

Nel frat­tempo Yatse­niuk ha anti­ci­pato l’ipotesi dell’arbitrato inter­na­zio­nale, se entro mer­co­ledì non si tro­vasse l’accordo sul gas. Se invece arri­vasse, il pros­simo pas­sag­gio sarà trat­tare sul prezzo. Kiev paga una tariffa più alta di quelle appli­cate da Gaz­prom ai clienti comu­ni­tari. È di 485 dol­lari per mille metri cubi e si rifà agli accordi del 2009 tra Vla­di­mir Putin e Yulia Tymo­shenko, quando quest’ultima era primo mini­stro. L’intesa pose fine al blocco delle for­ni­ture all’epoca deciso dalla Rus­sia, ma aprì anche la strada al pro­cesso e alla suc­ces­siva con­danna com­mi­nata durante la pre­si­denza Yanu­ko­vich all’ex pasio­na­ria di Kiev, accu­sata di aver fir­mato accordi così svan­tag­giosi da spin­gere il paese sul lastrico. Ma que­sta è una sto­ria vecchia.

Adesso Kiev chiede a Mosca di pagare 268,5 dol­lari per mille metri cubi, cioè la tariffa con­cor­data a dicem­bre da Putin e Yanu­ko­vich. Fu annul­lata, ripor­tando in vigore quella del 2009, dopo che lo stesso Yanu­ko­vich fuggì dal palazzo. E il para­dosso, uno dei tanti di que­sta crisi ucraina, è che quando fu siglata il movi­mento della Mai­dan gridò al patto con il diavolo.

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