La guerra del fracking

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«Il kirch­ne­ri­smo sta con­su­mando la sua para­bola. Una nuova forza come la nostra può dire molto sui temi prin­ci­pali che inte­res­sano il paese». Così dice al mani­fe­sto il cinea­sta e sena­tore argen­tino Pino Sola­nas. Sola­nas è venuto in Ita­lia per pre­sen­tare al tea­tro Valle di Roma il suo ultimo docu­men­ta­rio «La guerra del fracking », invi­tato dall’associazione A Sud, una delle realtà che pro­muo­vono la cam­pa­gna no frac­king. Oggi sarà a Taranto nell’ambito del think Green festi­val, il festi­val del gior­na­li­smo ambien­tale e della sostenibilità.

«La guerra del fracking » rac­co­glie le testi­mo­nianze degli abi­tanti della zona del Neu­quen, dove si trova il ser­ba­toio di Vaca Muerta. Voci che spie­gano gli effetti inqui­nanti della tec­nica non con­ven­zio­nale di estra­zione del gas. Un metodo per fran­tu­mare la roc­cia usando fluidi pre­gni di sostanze chi­mi­che che ven­gono iniet­tati nel sot­to­suolo con forte pressione.

Sola­nas ha con sé il numero di giugno-luglio della rivi­sta Causa Sur, «pen­sar nue­stra Ame­rica». In coper­tina, lo si vede ritratto con papa Ber­go­glio, che regge una maglietta con su scritto «No al fracking ». E ai danni ambien­tali pro­dotti dall’«hydraulic frac­tu­ring» (let­te­ral­mente frat­tu­ra­zione idrau­lica) è dedi­cata una lunga ana­lisi dell’avvocato Felix Her­rero, inti­to­lata «Frac­tu­ras y fracasos».

Causa sur è l’organo della vostra for­ma­zione poli­tica, Pro­getto Sur?

Non è una rivi­sta di par­tito, ma vi par­te­ci­pano i prin­ci­pali com­pa­gni di Pro­getto sur. Una forza poli­tica di cen­tro­si­ni­stra che è arri­vata a costi­tuire un fronte di otto par­titi poli­tici nella città di Bue­nos Aires per par­te­ci­pare alle legi­sla­tive dell’anno scorso. Per la prima volta abbiamo messo in fun­zione le pri­ma­rie simul­ta­nee aperte, una legge che esi­steva ma non veniva uti­liz­zata. Abbiamo costi­tuito un fronte con otto par­titi poli­tici dicendo: siamo l’unità nella diversità.

Un punto d’approdo otte­nuto dopo aver lavo­rato insieme su tanti pro­getti nell’ambito del Con­gresso e nella vita sociale e poli­tica del paese. Non abbiamo avuto la pre­tesa di essere d’accordo su tutto ma sui punti fon­da­men­tali e sul dibat­tito interno. Così abbiamo otte­nuto un grande suc­cesso, per­ché abbiamo vinto le pri­ma­rie e dopo due mesi alle legi­sla­tive siamo arri­vati secondi, a tre punti dal vin­ci­tore, anche se le nostre finanze costi­tui­vano il 10% di quelle del par­tito uffi­ciale che governa Bue­nos Aires, di cen­tro­de­stra, e del governo nazio­nale. Io sono stato eletto sena­tore per la città di Bue­nos Aires e pre­si­dente della Com­mis­sione difesa dell’ambiente.

L’Argentina vive un momento dif­fi­cile. Qual è la sua opinione?

Si sta con­su­mando la para­bola del kirch­ne­ri­smo. Il governo è vit­tima dei grandi pro­blemi strut­tu­rali che non ha saputo affron­tare, due punti su tutti: il pro­blema ener­ge­tico e la rico­stru­zione indu­striale, delle fer­ro­vie, dei tra­sporti ecce­tera, e il debito estero.

E’ un governo che ha ali­men­tano una monu­men­tale cor­ru­zione. Un sistema orga­niz­zato per favo­rire società ami­che che hanno spe­cu­lato sulle grandi opere pub­bli­che. Un sistema che si regge su una grande men­zo­gna, diven­tata pra­tica di governo: si sono fal­si­fi­cate le sta­ti­sti­che. Un’inflazione del 25–30% è diven­tata in par­la­mento del 9–10%.

Que­sta poli­tica di fal­si­fi­ca­zione ha fatto sì che il cit­ta­dino per­desse fidu­cia nella moneta.

Molte orga­niz­za­zioni di sini­stra vi cri­ti­cano, però, per essere alleati con for­ma­zioni di destra

Sì, dicono che siamo mode­ra­ta­mente di centro-sinistra. Noi siamo un par­tito di idee, che riu­ni­sce figure di ambito poli­tico e cul­tu­rale, intel­let­tuali. Non siamo un par­tito di massa. Ci bat­tiamo per il con­trollo delle risorse natu­rali, a par­tire dall’acqua, siamo a fianco del 40% dei lavo­ra­tori che non ha coper­tura sociale, degli oltre 5 milioni di pen­sio­nati che per­ce­pi­scono circa 180 euro al mese.

Pro­getto sur difende l’idea di sovra­nità nazio­nale e gli inte­ressi dei paesi con­tro i grandi tri­bu­nali come il Ciadi, difende la que­stione sociale, la demo­cra­zia par­te­ci­pa­tiva, l’ambiente e un nuovo modello di svi­luppo, un pro­fondo lavoro in campo cul­tu­rale. Senza una vera riforma in campo edu­ca­tivo non si va da nes­suna parte.

Il suo giu­di­zio sulla gestione Kirch­ner è dun­que total­mente negativo?

Come dicevo, non si sono affron­tati i pro­blemi strut­tu­rali, anche se ci sono state cose posi­tive in ter­mini di diritti civili, rispetto al pro­blema della memo­ria, ad alcune misure sociali. E cer­ta­mente, a par­tire da Nestor Kirch­ner si è cer­cata l’alleanza con quelle parti dell’America latina con­tra­rie al pro­getto neo­li­be­ri­sta dell’Alca e del Nafta. Oggi quei pro­getti sono andati avanti rin­sal­dando nuove alleanze regio­nali come Una­sur, Mercosur.

I fondi avvol­toi rischiano di stroz­zare nuo­va­mente l’Argentina? C’è di nuovo un rischio default?

Il debito dell’Argentina è il risul­tato del più grande atto di cor­ru­zione, del patto di com­pli­cità fra i due prin­ci­pali par­titi, nasce e si svi­luppa durante la dit­ta­tura. Un debito ille­git­timo pat­tuito e gestito dalla giu­ri­spru­denza Usa. Eppure gli stessi Stati uniti secondo quella giu­ri­spru­denza non hanno accet­tato di pagare il debito all’Iraq per­ché il debito con i governi dit­ta­to­riali non sono con­si­de­rati debiti.

Non si è fatto abba­stanza per non pagare il debito. E in fondo non siamo mai usciti dav­vero dal default. L’eccedenza di ric­chezza non è andato per le pen­sioni o la cre­scita indu­striale, ma per le ban­che, gli affari e gli interessi.

I paesi dell’America latina che si richia­mano al socia­li­smo del XXI secolo hanno scelto la strada della sovra­nità. Qual è il modello che più le piace?

Ho avuto buone rela­zioni con Cha­vez e stimo molto il regi­sta Roman Chal­baud, ma il modello che pre­fe­ri­sco è l’Uruguay.



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