L’Iran onora i patti, ma le sanzioni “nucleari” restano. E allora asse con Mosca
Riprenderanno il 16 giugno i colloqui tra i cinque paesi del Consiglio di Sicurezza Onu, insieme alla Germania, e le autorità iraniane. Con l’aggravarsi della crisi in Ucraina, il quinto round negoziale di Vienna si era chiuso, lo scorso maggio, senza un accordo in vista della scadenza per l’intesa definitiva, fissata per il prossimo 20 luglio. Per la lentezza con cui le misure internazionali contro l’economia iraniana vengono riviste da banche europee e statunitensi, il presidente moderato Hassan Rohani ha insistito sulla necessità di concludere un contratto nel settore energetico con la Russia dal valore di 10 miliardi di dollari.
Nell’incontro con il presidente russo Putin, a margine della quarta Conferenza sull’interazione e le misure di rafforzamento dei rapporti economici in Asia (Cica), Rohani ha ribadito l’importanza dell’asse con Mosca. In quell’occasione il presidente cinese Xi Jinping ha sottolineato la necessità della formazione di una nuova infrastruttura regionale in materia di sicurezza a cui Tehran sarà chiamata a prendere parte.
Non solo, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), l’Iran sta rispettando i termini dell’accordo di Ginevra del 24 novembre scorso, avendo neutralizzato l’80% delle sue riserve di uranio arricchito al 20%. L’accordo sul nucleare prevede un alleggerimento delle sanzioni internazionali contro Tehran in caso di rispetto dei patti.
Sembrano anche giunte a una svolta, come ai tempi della presidenza di Khatami, le tese relazioni con Ryad. Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif visiterà presto la capitale saudita.
Eppure Rohani ha ammesso che il governo iraniano non ha ancora ridimensionato le interferenze delle autorità nella «vita privata dei cittadini». In una conferenza su Salute e diritti sociali a Tehran, Rohani ha incoraggiato i dirigenti iraniani a tollerare un nuovo corso. Nonostante le promesse, la stampa riformista è però di nuovo nell’occhio del ciclone. Dopo chiusure e immediate riaperture di quotidiani vicini all’ex presidente Khatami, tre giornalisti sono stati arrestati in poche ore. Saba Azarpeik è stata prelevata senza un’accusa precisa dal suo ufficio di Tehran. La reporter aveva lavorato per il quotidiano critico verso il regime Etemad ed era già stata arrestata nel 2013. Qualche giorno prima anche il giornalista Seraj Miramandi è stato arrestato senza accuse apparenti. E il giornalista Saeed Bourazizi è stato condotto in prigione con le accuse di propaganda anti-governativa.
Nonostante le promesse di rilassare i controlli su Facebook, otto giovani iraniani sono stati arrestati dalla guardia rivoluzionaria e condannati per insulti ad alti ufficiali, alla guida suprema e diffusione di propaganda anti-governativa. Intanto l’attivista per i diritti delle donne lavoratrici, Halah Safar Zadeh, ha denunciato le condizioni discriminatorie a cui sono sottoposte le donne iraniane in varie aziende, per salari bassi e assenza di diritti.
Infine, le famiglie di quattro prigionieri politici hanno denunciato la sparizione dei loro parenti. Tra gli scomparsi Parvin Mohammadi, attivista per i diritti dei lavoratori. A trattamenti disumani sarebbe stato sottoposto invece, secondo l’Organizzazione per i diritti umani del Kurdistan, l’attivista Mohammed Sadiq Kaboudvand.
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