Nigeria, Boko Haram torna a colpire Rapiti in 90 tra ragazze e bambini

Nigeria, Boko Haram torna a colpire Rapiti in 90 tra ragazze e bambini

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Non solo studentesse: questa volta hanno portato via famiglie intere, le madri con le figlie e i ragazzini dai 3 ai 15 anni, bruciando prima le loro case, razziando il loro cibo. «Hanno lasciato solo i vecchi e i malati», ha detto un abitante di Kummabza alla radio della Bbc in hausa, la più diffusa tra le decine di lingue locali. Così la gente di Kummabza e di altri tre piccoli villaggi vicini nel distretto di Damboa è diventata facile preda dei terroristi di Boko Haram. Come Chibok due mesi e mezzo fa, soltanto su scala minore, se si potesse definire minore il rapimento di 91 persone, 60 tra donne e ragazze.
Kummabza, puntino invisibile su Google Maps e sulle mappe della geopolitica, al crocevia di due strade che portano l’una (dopo oltre 100 chilometri) a Maiduguri, il capoluogo dello stato del Borno, l’altra al limitare della foresta di Sambisa, la boscaglia-prigione dove i terroristi tengono i loro ostaggi. Devono averne di spazio, nelle radure tra quelle piante spinose dove neanche gli elefanti (Sambisa nacque e fu preservata come riserva di caccia al tempo del colonialismo britannico) riuscivano a passare. Spazio per tutti: alle 219 studentesse rapite il 14 aprile la notte prima degli esami si aggiungono ora i 91 sequestrati nel corso della settimana scorsa in diversi raid. Senza contare i sequestri «minimi» di poche persone. E’ la doppia strategia di Boko Haram, che persegue la creazione di un rigido Stato islamico nel nord della Nigeria dove pure vige la sharia: bombe nelle città (contro scuole, caserme, locali dove si guarda il calcio in tv), rapimenti di massa (e terra bruciata) nei villaggi.
Anche i ragazzi maschi hanno preso questa volta: perché Boko Haram ricorre agli arruolamenti forzati come faceva Joseph Kony in Uganda. E questo, secondo il governo nigeriano, sarebbe un segno della debolezza del gruppo guidato da Abubakar Shekau, il leader che si è presentato al mondo con un irridente cappelluccio di lana, nel video che confermava il rapimento delle studentesse di Chibok che Shelau minacciava di vendere al mercato 10 euro cadauna. Eppure questa debolezza non sembra emergere dal ruolino di marcia e di morte che Boko Haram ha tenuto negli ultimi mesi e settimane. «Chibok sarà la loro fine», aveva pronosticato il presidente Goodluck Jonathan dopo il maxi-sequestro del 14 aprile.
Buona fortuna, Nigeria: da Chibok a Kummabza, passando per decine di altri luoghi di piccoli e grandi attentati, i miliziani che predicano «vietata l’educazione occidentale» vanno avanti per la loro strada bruciata. Nella capitale Abuja il governo di Goodluck ieri sera non era ancora in grado di confermare gli ultimi rapimenti. E questo mentre per tutta la giornata testimoni nei villaggi colpiti e funzionari pubblici di Damboa sotto anonimato aggiungevano dettagli alle cifre parlando con i corrispondenti delle agenzie di stampa: i sopravvissuti alle razzie hanno camminato per 25 chilometri fino alla salvezza in un villaggio «sicuro» (fino al prossimo attacco). Aji Khalil, membro di un gruppo di autodifesa di Kummabza, ha raccontato alla Ap che il grosso dei sequestri è avvenuto sabato. E quattro giorni dopo il governo di Buonafortuna Jonathan non è in grado di confermarlo? Il clima pre-elettorale (nel 2015 ci sono le presidenziali) e il fatto che gli Stati del Nord-Est siano guidati da partiti di opposizione all’attuale leadership bastano per nascondere come «disfattiste» e «politicamente motivate» le notizie che arrivano da lassù?
Anche per le oltre 200 studentesse di Chibok nelle mani di Boko Haram il governo centrale si è dimostrato inaffidabile, nelle parole e non solo nei fatti: dopo due giorni annunciò la loro liberazione, così come ora non conferma i 91 ostaggi «freschi». La strategia di Boko Haram è chiara. La proposta di scambio, più o meno inaccettabile, pure: liberate i nostri uomini con le loro famiglie e noi liberiamo gli ostaggi. Una trattativa, esclusa a livello ufficiale ma ventilata anonimamente da fonti del governo, vista dal puntino invisibile di Kummabza non sembra dare frutti. Le autorità smentiscono la detenzione senza motivo di centinaia di familiari (tra cui donne e bambini) di miliziani di Boko Haram, detenzione denunciata in un’intervista con il Corriere della Sera da Shehu Sani, presidente del Congresso Nigeriano per i Diritti Civili a Kaduna. Se la Nigeria vuole liberarsi dall’incubo di Boko Haram e riportare a casa le ragazze di Chibok come le madri e i ragazzi di Kummabza, cominci a riportare a casa i figli innocenti di Boko Haram, se sono prigionieri.
Michele Farina



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