Omicidio Ferulli, chieste condanne pesanti per gli agenti di polizia

Omicidio Ferulli, chieste condanne pesanti per gli agenti di polizia

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Tre anni fa, il 30 giu­gno 2011, a Milano, in via Var­sa­via, quat­tro poli­ziotti hanno ammaz­zato un uomo di 51 anni. Si chia­mava Michele Ferulli, è morto per arre­sto car­diaco, lo hanno col­pito più volte dopo averlo immo­bi­liz­zato in mezzo a una strada. Gli agenti sono Fran­ce­sco Ercoli, Michele Luc­chetti, Roberto Piva e Seba­stiano Canizza. La solu­zione di que­sto omi­ci­dio, con­tra­ria­mente alle vicende pro­ces­suali rela­tive ad altri omi­cidi com­messi da uomini in divisa, non è stata com­pli­cata: oltre a diverse testi­mo­nianze di per­sone che hanno sen­tito Ferulli men­tre urlava per le botte, ci sono le imma­gini di una tele­ca­mera che ha ripreso i momenti più dram­ma­tici. Ieri il pm del tri­bu­nale di Milano, Gae­tano Ruta, ha chie­sto sette anni di car­cere per i quat­tro accu­sati di omi­ci­dio pre­te­rin­ten­zio­nale e falso in atto pubblico.

La figlia, Dome­nica Ferulli, che si è bat­tuta fin dal primo giorno per impe-dire che la morte di suo padre venisse archi­viata come un sem­plice inci-dente capi­tato durante un fermo più movi­men­tato del solito, ha espresso fidu­cia nella giu­sti­zia: “Non ci sen­tiamo più soli, ora sap­piamo che lo stato è dalla nostra parte. E’ un pro­cesso dif­fi­cile e dolo­roso, la nostra spe­ranza è che gli agenti ven­gano con­dan­nati e non indos­sino più la divisa per rispetto di mio padre e anche di chi la indossa one­sta­mente”. Una richie­sta di buon senso che non tra­di­sce volontà di ven­detta e che non dovrebbe sca­te­nare le pro­te­ste di alcun sin­da­cato di polizia.

Le pene per chi è accu­sato di omi­ci­dio pre­te­rin­ten­zio­nale vanno da un mi-nimo di 10 anni a un mas­simo di 18, ma il pm Gae­tano Ruta ha voluto con­ce­dere agli impu­tanti alcune atte­nuanti gene­ri­che. “Ritengo — ha spie­gato durante la requi­si­to­ria — di dover par­tire dal minimo della pena: il fatto in sé è sicu­ra­mente grave, ma si ascrive in un’attività di ser­vi­zio vis­suta malis­simo dagli impu­tati che però sono per­sone che non hanno mai dato pro­blemi, non hanno mai dato motivo di cri­tica e anche dal punto di vista pro­ces­suale hanno avuto un com­por­ta­mento composto”.

Però il pm si sente di esclu­dere, “asso­lu­ta­mente”, che i quat­tro poli­ziotti si siano com­por­tati in maniera legit­tima durante il fermo di Michele Ferulli. “Fac­cio molta fatica a col­lo­care un’operazione di que­sto tipo in eccesso col­poso nella causa di giu­sti­fi­ca­zione, per­ché fac­cio fatica a rico­no­scere il peri­colo. Erano quat­tro con­tro uno, erano quat­tro per­sone gio­vani con­tro una per­sona anziana, erano in piedi con­tro una per­sona a terra immobiliz-zata, pen­siamo dav­vero che abbia una giu­sti­fi­ca­zione col­pire una per­sona con il brac­cio sini­stro bloc­cato?”. Col­pirlo più volte, in quella con­di­zione, è una “vio­lenza gra­tuita non con­sen­tita a nes­sun cit­ta­dino e nep­pure alle forze di poli­zia”. E non ci voleva un pri­ma­rio di medi­cina, con­clude il pm, per capire che biso­gnava smet­tere di col­pire per non rischiare il peg­gio. Lo aveva capito anche una testi­mone che durante il fermo si pre­ci­pitò a chia­mare la moglie di Michele Ferulli, “lo stanno ammazzando”.



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