La parata sul carro del vincitore
Dal 2 Giugno 2012, causa Austerity che andava di moda più delle sigarette elettroniche, Napolitano aveva imposto al governo una «Parata sobria», che non costasse più di tre milioni di euro. L’immane sforzo organizzativo (come si fa una parata militare sobria? Si sventola il tricolore bianco rosso e verde loden? Si cambia nome a via dei Fori in via dei Buchi del bilancio? Si comanda ai bersaglieri di rinunciare alla fanfara e di sfilare fischiettando, con le mani in tasca, fingendo di passare per caso? E ai granatieri di marciare con le pattine? Si chiede alla Banda del Quirinale di suonare Il Silenzio di John Cage?), aveva partorito la rinuncia alla costosa esibizione delle frecce tricolore. Quest’anno l’Austerity è acqua passata e le Frecce sono tornate ad aprire la parata colorando il cielo di Roma. Uno spettacolo commovente, in effetti: vedere tre piloti italiani che non hanno perso il lavoro! L’esercito ha sfilato dietro ai carri armati (anche se quello che faceva più impressione era il carro del vincitore) tra le sparute proteste dei pacifisti e di Beppe Grillo: «A Che servono tutti quei carri armati?!» (Farage deve avergli spiegato che per sparare agli scafisti bastano le mitragliatrici). Mancava solo l’F-35: funziona così male che lo hanno sostituito con una Multipla a metano con gli sportelli aperti.
Sarebbe bello che nell’anno 2014 si discutesse in Parlamento dell’opportunità di celebrare con una parata militare, come nei regimi, la festa della Repubblica (Una e In Divisa), ma per quello servirebbe una sinistra unita e in forze. Nel frattempo, si potrebbe almeno tornare a discutere della cancellazione dello sciagurato programma di acquisto degli F-35, che ci costeranno oltre 14 miliardi per i cacciabombardieri e oltre 52 per la gestione totale del programma, dal quale si sono già sfilati paesi come il Canada. Non ci sono davvero più alibi, ora che il voto ha rafforzato il Pd travolgendo le destre (Berlusconi, dicono le analisi del voto, va forte solo in alcune province dell’estremo sud. A Beirut) e fiaccato il delirio di autosufficienza di Grillo, ancora stordito dalla batosta: «Abbiamo perso per colpa degli anziani che non vogliono cambiare le cose» (finalmente un po’ di autocritica).
Related Articles
« Contratti statali, un costo di 35 miliardi»
L’allarme nella memoria alla Consulta per l’udienza sulla legittimità del blocco delle retribuzioni L’onere per il periodo 2010-15, poi un effetto «strutturale» di circa 13 miliardi annui dal 2016
L’eresia del rifiuto della guerra che non piace all’establishment
Testo tratto da una video-intervista realizzata dalla Tavola della Pace, presentata in anteprima ieri nelle iniziative di preparazione della Marcia Perugia-Assisi.
Il pacifismo italiano non nasce nel 1961, anche se la prima marcia Perugia-Assisi rimarrà un momento fondamentale e di svolta: il movimento pacifista di massa, vedrà il suo esordio 20 anni dopo. In Italia la parola «pacifista» era un derogativo, si pensava che «pacifismo» fosse quasi un modo per dire «neutralità », ma negli anni ’80 si è riscoperta la valenza non neutralista e si è abbattuto il binomio che legava il pacifismo al disimpegno, il rifiuto della guerra è riuscito a diventare un vero e proprio strumento di politica e di attivismo sociale. (…)
Bio e sociale, l’agricoltura 3.0
Reportage. Viaggio nella tenuta del Casale di Martignano, dove lavorano profughi africani e ragazzi a rischio drop out. Una pratica di buona economia e nuovo sviluppo, con cui curare e riabilitare persone con disabilità