Pensionati: “Caro Renzi, non stiamo sereni”

by redazione | 29 Giugno 2014 18:31

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Toc toc. Caro Renzi, c’è posta per te. Ma chissà se il pre­mier aprirà al postino, visto che la valanga di let­tere in arrivo non è per nulla sem­plice da affron­tare. A scri­vere a Palazzo Chigi sono i pensionati, spesso unica o tra le poche risorse delle fami­glie ita­liane, che tra tasse e man­cata riva­lu­ta­zione dei loro asse­gni dav­vero non reg­gono più. Richie­sta prin­cipe: «Vogliamo anche noi gli 80 euro». Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp – gui­dati dallo slo­gan #Non­stia­mo­se­reni – pun­tano a reca­pi­tare ben 1 milione di mis­sive, e un primo sag­gio è arri­vato qual­che giorno fa dalla Camera del Lavoro di Bolo­gna: da tutta l’Emilia Roma­gna ha rivol­tato sul tavolo del Pd ben 50 mila car­to­line. Ma è solo un assaggio.

Il pres­sing, già attivo da qual­che mese – da quando cioè è stato deciso che il bonus Irpef sarebbe andato solo ai lavo­ra­tori dipen­denti – ieri è stato ali­men­tato dai dati usciti dalla Con­fe­ser­centi, che hanno messo in evi­denza un peso fiscale sulle pen­sioni, e una per­dita del potere di acqui­sto causa crisi, che non ha eguali in Europa.

«Nel 2014 – spiega Marco Ven­turi, pre­si­dente dell’associazione di com­mer­cianti – un pen­sio­nato “medio” per­derà 1.419 euro di potere d’acquisto rispetto al 2008. Sono oltre 118 euro in meno al mese, sot­tratti ai con­sumi e ai bilanci delle fami­glie, che sem­pre più spesso sono soste­nuti pro­prio dai pensionati, diven­tati durante la crisi pila­stri del wel­fare familiare».

Il pro­blema, ovvia­mente, sta nella man­cata riva­lu­ta­zione delle pen­sioni: da anni i pensionati chie­dono ai vari governi che si suc­ce­dono, un mec­ca­ni­smo che tuteli il loro potere d’acquisto. Il più solerte fu Romano Prodi, che aprì un tavolo per stu­diare un sistema equo di aumento perio­dico: ma con la fine del suo governo, è caduta ogni spe­ranza. Tutti gli altri pre­mier hanno sem­pre rispo­sto pic­che, e anche a Renzi è stata avan­zata la richie­sta di un incon­tro e di un tavolo, ma per ora il “gio­vane” pre­mier si è mostrato più che disat­tento rispetto agli anziani: nes­suna rispo­sta. Una vera e pro­pria ingra­ti­tu­dine gene­ra­zio­nale, se pen­siamo che i qua­ran­tenni di oggi devono tan­tis­simo ai sessanta-settantenni.

Ma non basta, per­ché a pesare sulle pen­sioni non è sol­tanto la man­cata riva­lu­ta­zione, ma anche l’aggravio delle tasse: una con­di­zione, quella degli anziani, che dovrebbe essere tute­lata di più dal nostro sistema fiscale, men­tre su di loro (e sui dipen­denti) si sca­rica al con­tra­rio tutto il peso dello Stato.

E più tar­tas­sata, per para­dosso, è la fascia medio-bassa: «Su una pen­sione cor­ri­spon­dente a 1,5 volte il trat­ta­mento minimo Inps, un ita­liano paga in tasse il 9,17% dell’assegno pre­vi­den­ziale, men­tre i suoi col­le­ghi di Ger­ma­nia, Fran­cia e Spa­gna e Regno Unito nulla», spie­gano alla Confesercenti.

L’associazione mette in evi­denza il risul­tato che emerge nel caso di un trat­ta­mento pen­sio­ni­stico pari a 3 volte il minimo: «Il pen­sio­nato ita­liano è sog­getto a un pre­lievo dop­pio rispetto a quello spa­gnolo, tri­plo rispetto a quello inglese, qua­dru­plo rispetto a quello fran­cese e, infine, incom­men­su­ra­bil­mente supe­riore a quello tede­sco: si va dagli oltre 4 mila euro sop­por­tati dal pen­sio­nato ita­liano ai 39 a carico del pen­sio­nato tedesco!».

«È ora di dare una svolta defi­ni­tiva a que­sta ingiu­sti­zia, ripen­sando il sistema fiscale – con­clude Ven­turi di Con­fe­ser­centi – Soprat­tutto si deve tener conto dell’erosione del potere d’acquisto dei pen­sio­nati, esten­dendo anche a loro, come primo passo, il bonus fiscale, in modo tale da ridurre almeno la per­dita su base mensile».

Richie­sta con­di­visa anche da Carla Can­tone, segre­ta­ria dei pensionati Spi Cgil: «I pensionati sono il pila­stro della nostra società – dice Can­tone – Pagano le tasse. Tutte, fino all’ultimo cen­te­simo. Aiu­tano sem­pre le pro­prie fami­glie e in par­ti­co­lare figli e nipoti senza lavoro. E sono sem­pre loro che si fanno carico del lavoro di cura in favore di bam­bini e non auto­suf­fi­cienti». «È per que­sto – con­clude – che il governo deve con­fer­mare l’intenzione più volte annun­ciata di dare anche a loro il bonus fiscale di 80 euro e tute­lare nel tempo il loro potere d’acquisto. Per rilan­ciare i con­sumi ma soprat­tutto per una que­stione di giu­sti­zia sociale».

E sì, anche per­ché secondo un’inchiesta svolta dalla Repub­blica, in catene come Coop ed Esse­lunga, che rap­pre­sen­tano un terzo della grande distri­bu­zione ita­liana, in giu­gno gli incassi non si sono incre­men­tati: sicu­ra­mente è pre­sto per misu­rare l’effetto degli 80 euro (era il mese di debutto), ma per il momento è certo che gli ita­liani hanno pre­fe­rito con­ser­vare, o pagare qual­che bol­letta, o tassa (c’erano le sca­denze di Iva e Tasi).

Pare però – è que­sto il punto che ci inte­ressa – che secondo le ana­lisi della Coop, si sia con­fer­mato in giu­gno un trend: ovvero che le fami­glie di età medio-alta incre­men­tano i con­sumi, men­tre le cop­pie gio­vani li con­trag­gono. Molti gio­vani – magari pre­cari, e per­ciò esclusi dagli 80 euro – vanno a man­giare dai geni­tori, spesso pensionati. Quindi è dav­vero il caso di aiu­tare que­sti ultimi, per aiu­tare tutti. Insomma Renzi, apri al postino.

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