Per sette italiani su dieci «la corruzione coinvolge tutto il sistema politico»

Per sette italiani su dieci «la corruzione coinvolge tutto il sistema politico»

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Gli scandali delle tangenti dell’Expo di Milano e del Mose di Venezia rappresentano un banco di prova molto importante per Matteo Renzi, non tanto per le responsabilità riguardo ai fatti di cui si parla, che non vengono certamente imputate a lui o al suo governo, quanto piuttosto perché la domanda di palingenesi morale è largamente diffusa nell’opinione pubblica e la corruzione rappresenta simbolicamente la massima espressione della distanza tra cittadini e politica. Le inchieste in corso riportano l’Italia indietro nel tempo e tutto ciò potrebbe vanificare quanto sta cercando di fare il governo per modernizzare e trasformare il Paese, facendo prevalere la disillusione e la rassegnazione. L’onestà della politica, tanto reclamata dai cittadini, è una sorta di precondizione all’altrettanto reclamato cambiamento del Paese.
L’opinione pubblica sta reagendo alle vicende in questione con molta severità e cupo pessimismo: il 70% ritiene che si tratti di fatti che riguardano indistintamente tutto il sistema politico, mentre solo il 26% pensa che le responsabilità siano individuali e non sia coinvolta tutta la politica. È un’opinione che prevale nettamente tra tutti gli elettori, anche se tra quelli del Pd la quota di coloro che circoscrivono le responsabilità a casi singoli sale al 44%. E la prospettiva non appare rosea: solo un terzo degli italiani (35%) pensa che in futuro ci saranno meno scandali grazie al ricambio generazionale e all’impegno dei politici più giovani; al contrario, la maggioranza assoluta (61%) ritiene che la piaga della corruzione non potrà essere debellata e i giovani politici in futuro si faranno corrompere. A questo riguardo i più ottimisti risultano gli elettori del Pd (il 56% risulta fiducioso e il 41% è rassegnato), mentre stupisce che quelli del M5s siano i più scettici (76% di pessimisti), tenuto conto della straordinaria presenza di giovani politici nelle file del movimento e soprattutto della battaglia per la trasparenza e l’onestà portata avanti con convinzione e intransigenza. In generale gli atteggiamenti più negativi sono maggiormente diffusi tra gli uomini, nelle classi centrali d’età (tra 30 e 60 anni), tra le persone più istruite e tra gli imprenditori, i dirigenti e i lavoratori autonomi (artigiani e commercianti) che risultano più direttamente a conoscenza delle vicende delle imprese e delle gare pubbliche. A più di vent’anni da Tangentopoli la storia si ripete o, forse, non è mai cambiata e la corruzione suscita indignazione e livore, a maggior ragione in un periodo come quello attuale, nel quale le risorse sono scarse, i cittadini sono chiamati a fare grandi sacrifici, la pressione fiscale rimane elevata, si tagliano le spese e i servizi ma i costi di importanti opere pubbliche lievitano, senza che alcuno ne risponda. La corruzione contribuisce a minare il concetto stesso di contratto sociale e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, soprattutto quando sono coinvolti non solo politici e imprenditori ma anche magistrati e esponenti della Guardia di finanza. In queste circostanze la tendenza alla generalizzazione è largamente diffusa e non tutti hanno le cognizioni per distinguere le responsabilità, districarsi tra le argomentazioni o attribuire le cause all’inefficacia delle norme, dei controlli o delle sanzioni. Che il denaro destinato al sindaco Orsoni sia stato utilizzato dal diretto interessato per fini personali o dal partito che ne ha sostenuto la candidatura, al comune cittadino poco importa. Come poco importa all’opinione pubblica discernere tra il politico che chiede denaro ad un imprenditore a fin di bene (per risanare un’azienda e salvare posti di lavoro, per esempio) o per arricchirsi. Qualunque sia il fine, l’imprenditore prima o poi ti presenterà il conto e chiederà qualcosa in cambio. Di fronte alla riprovazione sociale e all’esasperazione dei cittadini non è facile fare dei distinguo. Oggi appare più premiante, in termini di consenso, essere giustizialisti anziché garantisti.
La decisione di nominare il magistrato Raffaele Cantone a Commissario straordinario dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, conferendogli poteri speciali, tra cui il commissariamento ad hoc di appalti sospetti, indica la volontà del governo di reagire all’ennesimo scandalo delle tangenti, per porre un argine al fenomeno ma anche per non deludere l’aspettativa del cambiamento suscitata dal nuovo esecutivo, non dissipare il credito di cui gode e non sprecare la lieve ripresa di fiducia degli ultimi mesi. Ma tutto ciò non basta, dato che Renzi oltre ad essere premier è anche neosegretario del Pd, nelle cui file vi sono esponenti coinvolti nei fatti in questione e la distinzione tra vecchio e nuovo partito, per quanto utile nell’immediato per mettere in chiaro le responsabilità, alla lunga potrebbe perdere di efficacia. Pertanto non può permettersi di abbassare la guardia, perché bonificare la politica ha una rilevanza decisamente superiore a quella attribuita alle riforme, che pure sono molto importanti per l’opinione pubblica.


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