Serve più spazio per le nuove città così la Cina abbatte 700 colline
PECHINO . La Cina scopre di avere 700 montagne di troppo. Danno fastidio ai piani di urbanizzazione del governo e Pechino ha stabilito che «rovinano il paesaggio». I funzionari di alcune regioni, obbligati a non rallentare i livelli di crescita economica, sostengono che «colline troppo alte tolgono sole alle campagne e rubano spazio alle città». L’ultimo documento del partito sullo «sviluppo delle province centro-occidentali», chiede di «spianare i rilievi che ostacolano l’ampliamento delle aree edificabili». Un gruppo di scienziati dell’Università di Chang’An, citati dalla rivista Nature , ha avvertito che «spianare 700 montagne significa condannare la Cina a una catastrofe». Pechino, da sempre, è convinta che ciò che esiste, nella storia come nella natura, vada periodicamente azzerato.
Ogni impero distruggeva le tracce del precedente, il comunismo ha più volte divorato anche se stesso. Mao Zedong ha fatto invertire il corso dei fiumi, facendoli scorrere verso Nord e suoi successori hanno eretto dighe vertiginose per alimentare «l’industria del mondo».
Nulla rispetto a quanto deciso ora. Per rinviare un atterraggio duro dell’economia, Pechino ha bisogno di sviluppare le regioni dell’interno. Serve una classe media di consumatori più ampia, capace di riempire il vuoto lasciato dalla crisi occidentale. Il problema è che, ai piedi dell’altopiano himalayano, le aree prescelte sono montagnose. Le autorità locali hanno fatto presente che per «costruire il futuro » occorrono terra e spazio. Il governo ha fornito subito la soluzione: demolire appunto 700 montagne e creare 250 chilometri quadrati di terreno pianeggiante. Nella mitica Yan’an, culla della rivoluzione nello Shaanxi, l’obbiettivo è «raddoppiare la superficie produttiva recuperando 78,5 chilometri occupati dai rilievi». A Shiyan, nello Hebei, il livellamento è già cominciato: la conseguenza sono frane, allagamenti e fiumi sconvolti, con migliaia di contadini sfollati. A Langzhou, nel Gansu, lo spianamento è stato temporaneamente sospeso. La demolizione delle montagne sollevava impenetrabili nuvole di polvere, le sostanze usate per gli scavi hanno intossicato l’aria ed è finita l’acqua per bagnare la terra e impedirle di volare via.
I tre scienziati di Chang’an, Li Peiyue, Qian Hui e Wu Jianhua, denunciano che «non è stato approfondito il rapporto tra costi e benefici», che «l’inesperienza dei tecnici si rivela devastante» e che «l’impatto ambientale del piano è stato sottovalutato». Per i funzionari, tagliare i massicci fuori posto frutta invece miliardi di yuan: vendono i nuovi terreni a industrie e imprese di costruzione, centrano gli obiettivi e scalano le gerarchie
del partito. L’intera Cina somiglia così all’antico villaggio di Liuliqu, impegnato nella lotta per non farsi salvaguardare dallo Stato. Tra i pochi tesori storici sopravvissuti a ogni rovescio, sostiene che «la tutela impedisce agli abitanti di diventare ricchi » e che ha il diritto ad «autodemolirsi ». Farà la fine delle 700 montagne: nessuno spiega come vivranno i cinesi senza identità e senza ambiente.
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Sono molto preoccupata. Le colline cinesi appartengono alla Terra e quindi anche a me!e alle generazioni future!
Cosa posso fare? Da sola niente,FORSE CON LEGAMBIENTE SI’ : il mondo non puo’ stare a guardare!
Cristina