«Sì alla flessibilità, ma rispettando i patti»

«Sì alla flessibilità, ma rispettando i patti»

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BRUXELLES — Nella seconda giornata del Consiglio dei capi di governo dell’Ue è passata la candidatura dell’ex premier lussemburghese Jean-Claude Juncker come prossimo presidente della Commissione europea. I 28 leader, a Bruxelles, hanno anche concluso un compromesso sui principi di flessibilità nei vincoli di bilancio — limitatamente a quanto è già previsto nel patto di Stabilità e di crescita — per consentire di attuare riforme orientate a favorire sviluppo e occupazione.
Il via libera a Juncker, nonostante l’appoggio della cancelliera tedesca Angela Merkel, non è arrivato con il solito consenso all’unanimità. Il premier britannico David Cameron ha mantenuto la sua dura opposizione e ha preteso di votare. Il Regno Unito ha perso 26 a 2. Anche il premier ungherese Viktor Orbán ha votato «no».
Juncker si è detto «orgoglioso» di essere stato scelto per guidare la Commissione di Bruxelles. Cameron ha continuato a definirlo «il candidato sbagliato» e ha parlato di «brutta giornata per l’Europa». Il premier Matteo Renzi, da tempo sostenitore della necessità di rinnovare l’Ue, ha preso le distanze dal profilo individuale del lussemburghese, che è un simbolo della vecchia Europa (avendo frequentato le istituzioni Ue per circa 25 anni come ministro delle Finanze e premier). Renzi ha spiegato di aver detto «sì» al piano affidato a Juncker per il prossimo quinquennio e perché i principali eurogruppi politici avevano concordato di far nominare il capolista del partito vincente nelle elezioni europee del maggio scorso (il Ppe del lussemburghese ha ottenuto la maggioranza relativa). Il premier ha chiarito che non avrebbe votato l’unico candidato «in assenza di un documento e di un accordo politico tra le forze della coalizione».
Ora Juncker deve sottoporsi alla verifica dell’Europarlamento, che dovrà votarlo a Strasburgo il 16 luglio prossimo. Le altre euronomine slittano — come voleva Merkel — alla sera dello stesso giorno in un summit straordinario a Bruxelles. Renzi ha smentito in modo netto le voci su una candidatura dell’ex premier Enrico Letta alla guida del Consiglio Ue, ricordando che Mario Draghi alla Bce esclude un italiano dagli altri «top jobs» comunitari. La responsabile della Farnesina Federica Mogherini resta in corsa come ministro degli Esteri Ue. «Se ci chiedono un nome siamo pronti», ha detto Renzi, rinviando al Consiglio dei ministri di lunedì la sostituzione del commissario uscente Antonio Tajani, eletto eurodeputato di Forza Italia dall’1 luglio. Potrebbe anche subentrare un tecnico solo per i circa tre mesi residui (l’ex ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, ben visto nel Pd, o l’ex ministro Enzo Moavero, stimato dal presidente Giorgio Napolitano).
Renzi si è mostrato soddisfatto delle concessioni di Merkel sulla flessibilità di bilancio, che aveva sollecitato con il presidente francese François Hollande. Rimarcando che il Patto Ue è «di stabilità e di crescita», ha affermato che «chi parla solo di stabilità viola lo spirito del trattato». La cancelliera ha condiviso che il Patto va «applicato pienamente» anche «nelle flessibilità» orientate alla crescita. Ha però precisato che il «principio di flessibilità non è verificato dai singoli Stati, ma è la Commissione europea che decide». Non a caso la Germania appoggia la conferma dell’ex premier finlandese Jyrki Katainen, un «falco» filo Merkel, che da lunedì si insedia temporaneamente come commissario Ue per gli Affari economici e controllore dei bilanci nazionali.
Ivo Caizzi



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