Spread in caduta libera rendimenti mai così bassi continua l’effetto Draghi

Spread in caduta libera rendimenti mai così bassi continua l’effetto Draghi

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Discesa vertiginosa per lo spread, sceso sotto quota 133, nuovo minimo dall’aprile 2011. Favorito ancora dall’”effetto Bce”, il differenziale tra Btp a 10 e Bund tedeschi a inizio settimana è arrivato in chiusura a 132,40 punti, mentre il rendimento del titolo ha toccato il 2,69 per cento. Se dovesse continuare così, calcola Unimpresa, la riduzione dei tassi d’interesse per l’Italia si tradurrebbe in 10 miliardi di euro risparmiati sui tassi dei titoli del debito pubblico in tre anni. Lunedì giornata trionfante anche
per i Bonos spagnoli: il rendimento dei titoli decennali è infatti sceso al 2,57 per cento, mentre lo spread tra Bonos e Bund cala a 119 punti. L’edizione on line del País sottolinea come il rendimento dei Bonos abbia raggiunto il livello minimo «nella storia dell’euro», mentre il differenziale è il più basso dal 2010. Inoltre i Bonos vengono evidentemente percepiti dagli investitori come meno rischiosi dei titoli equivalenti statunitensi, al 2,6 per cento, il che significa che adesso il Tesoro iberico può prendere in prestito capitali ad un tasso più conveniente rispetto al governo degli Stati Uniti. Mentre i Btp italiani vanno in pareggio con i Bond britannici, al 2,70 per cento. Il calo dello spread entusiasma Piazza Affari, con il Ftse Mib in rialzo dello 0,81 per cento, ai massimi da aprile 2011, mentre l’All Share guadagna lo 0,57 per cento. Positivi anche tutti gli altri indici europei: il migliore è l’Ibex di Madrid, in rialzo dello 0,90 per cento.
I vantaggi del calo dello spread emergeranno già dalle prossime aste, domani e giovedì. Il ministero dell’Economia ha reso noto che mercoledì verranno offerti 6,5 miliardi di euro di Bot a 12 mesi, mentre giovedì sarà la volta dei Btp a 3 anni, terza tranche con scadenza 15 maggio 2017, Btp a 7 anni e Btp a 30 anni. Se il calo dei tassi d’interesse dovesse confermarsi e lo spread si stabilizzasse intorno ai 130 punti, calcolano gli analisti di Unimpresa, i conti pubblici si avvantaggerebbero di un “tesoretto” di quasi 10 miliardi in tre anni. Si partirebbe con la cifra più bassa quest’anno, 1,8 miliardi, anche perché la spesa per gli interessi sul debito usufruirebbe degli ampi cali di questi giorni solo per i prossimi sette mesi. Nel secondo anno si arriverebbe al doppio, 3,6 miliardi, e nel 2015 a 4,5 miliardi. Le valutazioni di Unimpresa si basano sulle stime della Banca d’Italia, secondo le quali 100 punti base di spread valgono circa 0,2 punti percentuali di Pil nel primo anno, 0,4 nel secondo e 0,5 nel terzo anno, mentre nell’ultimo Documento di economia e finanza il Pil è stimato a circa 1500 miliardi. E potrebbe andare ancora meglio, ipotizza Unimpresa, se lo spread proseguisse il calo, arrivando fino a
quota 90 punti: in questo caso il risparmio sui tassi d’interesse sul debito pubblico per le finanze statali potrebbe arrivare fino a 19,5 miliardi. A quel punto, una riduzione del peso del fisco su cittadini e imprese è d’obbligo, osserva Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa: «Se la Banca centrale europea ha fatto la sua parte con misure importanti sul versante del credito bancario alle imprese, ora spetta al governo di Matteo Renzi agire sul terreno di sua competenza, quello fiscale, intervenendo con tagli decisi al peso dei tributi».


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