Tasi, niente sanzioni per chi paga in ritardo

Tasi, niente sanzioni per chi paga in ritardo

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ROMA — È in arrivo il perdono per i ritardatari della Tasi. Ieri, negli oltre 2 mila Comuni che avevano deciso per tempo aliquote e detrazioni, è scaduto il termine per il pagamento della prima rata della nuova tassa sulla casa. Ma il debutto dell’imposta è stato accompagnato da una grande confusione, con il balletto sul rinvio della scadenza andato avanti per settimane e chiuso con lo slittamento al 16 ottobre nei 6 mila Comuni che non avevano adottato le relative delibere. Per questo il governo sta per imboccare la strada della clemenza. Il ministero dell’Economia ha allo studio una circolare che chiarisce come, almeno per una prima fase, i ritardatari non dovranno pagare le sanzioni aggiuntive.
Lo sconto non è da poco perché la «multa» vale lo 0,2% della somma dovuta per ogni giorno di sforamento nelle prime due settimane, per poi salire progressivamente. Non è ancora deciso se il ministero indicherà una nuova scadenza valida su tutto il territorio nazionale, che potrebbe essere il 30 giugno o il 31 luglio, oppure se si limiterà a stabilire il principio lasciando poi ai sindaci la scelta della data precisa. L’orientamento era stato anticipato nei giorni scorsi dal sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti (Scelta civica), che aveva considerato applicabile l’articolo 10 dello Statuto del contribuente, quello che tutela il cittadino in caso di «condizioni di obbiettiva incertezza circa il campo di applicazione di una norma».
In ogni caso il perdono riguarderà solo la Tasi e non l’Imu sulle seconde case, che sempre ieri ha visto scadere il termine per il pagamento della prima rata ma che non ha vissuto le stesse incertezze. Alcuni Comuni, in realtà, si sono portati avanti, annunciando che non applicheranno le sanzioni ai ritardatari: Vicenza, Savona e Brescia fino al 12 luglio, Torino fino al 30 giugno, come Genova che precisa di essere in attesa di «un’indicazione esplicita da parte del governo». Altri ancora hanno scelto di rinviare direttamente la scadenza, come Bergamo e Piacenza, trovando l’applauso di Confedilizia che invita tutti i sindaci italiani a seguire la stessa strada. Insomma, un’indicazione generale del governo potrebbe evitare un nuovo caos sulle scadenze.
Come previsto, ieri alla Camera il governo ha posto la questione di fiducia sul decreto legge che contiene il bonus da 80 euro per i lavoratori dipendenti. Nessuna modifica, quindi, né si potrebbe visto che il provvedimento scade tra pochi giorni: il 23 giugno. Dovrebbero essere pubblicati tra oggi e domani in Gazzetta ufficiale i decreti legge sulla Pubblica amministrazione, gli incentivi alle imprese, l’ambiente e l’agricoltura approvati dal Consiglio dei ministri di venerdì scorso. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dice che l’Italia ha un problema di «tassazione eccessiva» e «in parte di mercato del lavoro» ma i veri problemi sono «soprattutto la trasparenza della Pubblica amministrazione, la giustizia civile che costa una marea di soldi, un sistema di certezza del diritto che non viene rispettata». Anche se con dati non proprio aggiornatissimi, relativi al 2012, proprio ieri Eurostat ci ha ricordato che l’Italia è il secondo Paese europeo in cui la pressione fiscale è salita di più: nell’anno dell’Imu introdotta dal governo Monti era arrivata al 44% del Prodotto interno lordo, contro il 42,4% dell’anno precedente. Peggio di noi, sempre nel 2012, ha fatto solo l’Ungheria mentre la media europea resta parecchi punti più in basso, al 39,4%.
Intanto, forse per effetto delle nuove possibilità aperte dalla mediazione, scende il numero dei ricorsi presentati da cittadini e imprese alle commissioni tributarie. In tutto il 2013 sono stati 256.814, il 3% rispetto all’anno precedente. Ma le tasse sulla casa continuano ad avere un certo peso nelle statistiche delle irregolarità accertate dalla Guardia di Finanza: tra Imu, Tares e altre imposte dello stesso gruppo, nel biennio 2012-2013 gli evasori denunciati sono stati sono stati 3.607 per un totale di somme non versate al Fisco pari a 21 milioni di euro.
Lorenzo Salvia


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